Uno per tutti, tutti per uno. Siamo passati all'applicare questo motto dei moschettieri di Dumas alle regole di funzionamento delle camere parlamentari in Italia.
La nuova logica parlamentare, che va a cambiare ancora una volta i più basilari concetti della democrazia e del potere popolare, è stata proposta dal nuovo D'Artagnan in salsa italica, Silvio Berlusconi.
E' stato grazie alla Rivoluzione Francese se è nato e si è diffuso come un'onda inarrestabile per tutto il globo il principio "una testa un voto". Sembrava un concetto assodato. Ma con il nostro Sire mai dare nulla per scontato.
Oggi discutiamo della scellerata, inquietante e ridicola (sarebbe soltanto ridicola se a proporla non fosse il ducetto soft) di delegare il voto di tutti i deputati ai soli capigruppo di Camera e Senato, domani potremmo stare qui a discutere sulla proposta di "semplificare" la divisione dei 3 poteri, sulla forma repubblicana del nostro paese, sul nuovo titolo di imperatore e chissà cos'altro.
Questa proposta dimostra con chiarezza e profondità il concetto di rappresentanza popolare che alberga nella mente turbata di questo individuo. Non era sufficiente togliere al popolo la possibilità fondamentale di scegliere i propri rappresentanti politici (prima violazione dell'ordinamento costituzionale ancora non riparata). Si decide ora che tali parlamentari scelti dai vari capibanda in Camera e Senato non debbano più nemmeno esercitare il diritto/dovere per cui sono concepiti: il voto. Devono limitarsi a guardare il loro capogruppo che parla per loro e vota per loro, così potranno dedicarsi con più serenità a perdere tempo su facebook durante i dibattiti, telefonare a mogli o amichette e ingurgitare tramezzini sottocosto alla buvette.
E tutto questo proprio mentre si spendono milioni di euro per vietare ai signori deputati e senatori della Repubblica di votare per colleghi assenti col nuovo sistema (ancora facoltativo, aggiungiamo al danno la beffa) di riconoscimento individuale tramite impronte digitali (che sarà comodo tenere in archivio per qualche magistrato diligente).
La motivazione con cui ha spiegato la necessità imprescindibile di questa modifica è tristemente ridicola quanto se non più della proposta stessa.
"Capisco che dopo 70-80 votazioni, una persona che non e' tuttologa possa anche deprimersi. Ecco perché io propongo uno snellimento e cioè che molti voti si facciano nelle commissioni, mentre il voto finale in aula, e con questo sistema ovviamente non ci sono sorprese".
Pensavate, maligni bolscevichi, che fosse una dimostrazione di disprezzo verso i più elementari principi democratici del paese, mentre invece si tratta solo di una preoccupazione per la salute mentale dei suoi sottoposti, pardon colleghi di partito.
Oltre che per evitare spiacevoli "sorprese"!
E questa proposta, che in un paese normale verrebbe concepita come il delirio di un potenziale squilibrato, qui viene accettata come un qualcosa su cui abbia un minimo senso discutere. Come il quotidiano La Stampa che oggi pubblica un sondaggio al riguardo sull'opportunità o meno di introdurre una tale modifica. Come se fosse una domanda normale da fare...
Occorrerebbe spiegare al Sire d'Italia e ai giornalisti de La Stampa che, per attuare questa contro-riforma, bisognerebbe cambiare la Costituzione, dal momento che l'articolo 67 stabilisce con chiarezza che ogni parlamentare è libero di esercitare le proprie funzioni "senza vincolo di mandato".
Ma per farlo bisognerà aspettare il giorno che il Presidente del Consiglio deciderà di leggerla questa benedetta Carta Costituzionale. E c'è il rischio che per fare ciò dovremo aspettare la caduta del governo di Pier Pier Pier Silvio Berlusconi.
La nuova logica parlamentare, che va a cambiare ancora una volta i più basilari concetti della democrazia e del potere popolare, è stata proposta dal nuovo D'Artagnan in salsa italica, Silvio Berlusconi.
E' stato grazie alla Rivoluzione Francese se è nato e si è diffuso come un'onda inarrestabile per tutto il globo il principio "una testa un voto". Sembrava un concetto assodato. Ma con il nostro Sire mai dare nulla per scontato.
Oggi discutiamo della scellerata, inquietante e ridicola (sarebbe soltanto ridicola se a proporla non fosse il ducetto soft) di delegare il voto di tutti i deputati ai soli capigruppo di Camera e Senato, domani potremmo stare qui a discutere sulla proposta di "semplificare" la divisione dei 3 poteri, sulla forma repubblicana del nostro paese, sul nuovo titolo di imperatore e chissà cos'altro.
Questa proposta dimostra con chiarezza e profondità il concetto di rappresentanza popolare che alberga nella mente turbata di questo individuo. Non era sufficiente togliere al popolo la possibilità fondamentale di scegliere i propri rappresentanti politici (prima violazione dell'ordinamento costituzionale ancora non riparata). Si decide ora che tali parlamentari scelti dai vari capibanda in Camera e Senato non debbano più nemmeno esercitare il diritto/dovere per cui sono concepiti: il voto. Devono limitarsi a guardare il loro capogruppo che parla per loro e vota per loro, così potranno dedicarsi con più serenità a perdere tempo su facebook durante i dibattiti, telefonare a mogli o amichette e ingurgitare tramezzini sottocosto alla buvette.
E tutto questo proprio mentre si spendono milioni di euro per vietare ai signori deputati e senatori della Repubblica di votare per colleghi assenti col nuovo sistema (ancora facoltativo, aggiungiamo al danno la beffa) di riconoscimento individuale tramite impronte digitali (che sarà comodo tenere in archivio per qualche magistrato diligente).
La motivazione con cui ha spiegato la necessità imprescindibile di questa modifica è tristemente ridicola quanto se non più della proposta stessa.
"Capisco che dopo 70-80 votazioni, una persona che non e' tuttologa possa anche deprimersi. Ecco perché io propongo uno snellimento e cioè che molti voti si facciano nelle commissioni, mentre il voto finale in aula, e con questo sistema ovviamente non ci sono sorprese".
Pensavate, maligni bolscevichi, che fosse una dimostrazione di disprezzo verso i più elementari principi democratici del paese, mentre invece si tratta solo di una preoccupazione per la salute mentale dei suoi sottoposti, pardon colleghi di partito.
Oltre che per evitare spiacevoli "sorprese"!
E questa proposta, che in un paese normale verrebbe concepita come il delirio di un potenziale squilibrato, qui viene accettata come un qualcosa su cui abbia un minimo senso discutere. Come il quotidiano La Stampa che oggi pubblica un sondaggio al riguardo sull'opportunità o meno di introdurre una tale modifica. Come se fosse una domanda normale da fare...
Occorrerebbe spiegare al Sire d'Italia e ai giornalisti de La Stampa che, per attuare questa contro-riforma, bisognerebbe cambiare la Costituzione, dal momento che l'articolo 67 stabilisce con chiarezza che ogni parlamentare è libero di esercitare le proprie funzioni "senza vincolo di mandato".
Ma per farlo bisognerà aspettare il giorno che il Presidente del Consiglio deciderà di leggerla questa benedetta Carta Costituzionale. E c'è il rischio che per fare ciò dovremo aspettare la caduta del governo di Pier Pier Pier Silvio Berlusconi.
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