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“Secondo le normative statunitensi non esisterebbe un metro quadro del territorio italiano su cui si possa costruire una centrale nucleare per problemi di sismicita’ e densita’ abitativa. Basterebbe questo per dire che non si puo’ fare”. Parole dell’ex ministro Paolo Ferrero che fanno riflettere, soprattutto se confrontate con quelle entusiastiche dell’attuale AD di Enel, Fulvio Conti, che in Italia di centrali ne costruirebbe cinque. “Poi si dovrà passare alla costruzione del consenso“, dichiara Conti in un’intervista a Repubblica.
Il Nobel Carlo Rubbia, pur impegnato nella ricerca sul nucleare, afferma di non vedere molta differenza tra le centrali di seconda generazione e quelle che si potrebbero costruire oggi. “Non solo la sicurezza. I punti critici riguardano le scorie, l’approvvigionamento dell’uranio, l’efficienza delle macchine, la proliferazione nucleare. Con la terza generazione tutti questi fattori restano in campo. Bisogna avere il coraggio di scommettere sulla ricerca, bisogna puntare sulla quarta generazione”.
Come ben sa il professor Rubbia, sulla ricerca siamo soliti tagliare più che investire. Ed è lecito domandarci quali investimenti riguarderanno l’informazione dei cittadini, la prevenzione, l’adeguamento delle strutture ospedaliere e l’individuazione dei siti di smaltimento delle scorie radioattive.
In attesa di sentire i pareri del governo, lunedì 9 giugno ho intervistato Roberto Giurastante, responsabile dell’associazione triestina Greenaction Transnational. Partendo dall’allarme dei giorni scorsi alla centrale slovena di Krško (130 km da Trieste), ne è nata qualche riflessione sul futuro del nucleare italiano. Tra i vari argomenti, Giurastante riferisce l’assenza di un piano di emergenza per i cittadini del Nord Est. Assenza giustificata dalle autorità italiane col fatto che la centrale slovena è appunto in Slovenia, e non in territorio italiano. La procura di Trieste si affretta ad archiviare tutto, ma l’Europa sembra non essere d’accordo.
Vent’anni fa l’Italia bocciò il nucleare con un referendum. Mi domando se la volontà popolare sia soggetta a prescrizione. Secondo il ministro Scajola, che con qualche battuta ha archiviato la questione, pare proprio di sì. “Si va avanti!”
Per fortuna c’è chi si preoccuperà di formare il nostro consenso, regalandoci sonni tranquilli.
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