03/09/08

L’inchiesta sui voti pilotati a Dell’Utri


Aggiornamento su una delle inchieste che riguardano il politico in carica Marcello Dell’Utri.
Aldo Micicché, consigliere provinciale democristiano a Roma negli anni ‘80, condannato a 25 anni di galera per truffa e bancarotta, vive in Venezuela. E’ ricercato poiché è considerato il ponte fra la ‘ndragheta calabrese e i partiti. Amico sia di Clemente Mastella, che di Marcello Dell’Utri, Micicché tentava di far revocare o attenuare il 41 bis del cosiddetto carcere duro, cui è sottoposto Pino Piromalli, il capo della famiglia più potente della piana di Gioia Tauro, tentativo fallito per la caduta anzitempo del governo Prodi.
Per contattare l’ex guardasigilli ceppalonico (terrorizzato dalle intercettazioni) Micicché, da Caracas, ci arrivava per vie traverse, tramite l’appoggio di un telefono interno alla regione Campania usato da Sandra Lonardo, moglie dell’ex ministro, di cui agli atti c’è un colloquio diretto proprio con Micicché.
Per raggiungere l’ex presidente del Senato Franco Marini, Micicché si avvaleva di un collaboratore in Abruzzo. Per interloquire con Mario Tassone, ex vicepresidente della commissione antimafia dell’Udc, Micicché poteva contare sull’appoggio del sindaco di Gioia Tauro, mentre i rapporti col “compare” senatore a vita Emilio Colombo erano diretti. Questo quanto emerge dalle intercettazioni dai magistrati.
Sono le 22 del 2 dicembre del 2007 quando Marcello Dell’Utri chiama Aldo Micicché, il quale spiega al senatore berlusconiano che, sia in Calabria che a Milano e Varese, è in grado di controllare pacchetti di voti.
I 2 parlano di affari di petrolio che riguardano lo stesso Micicché, un avvocato di Genova e Totò Piromalli, che con Gioacchino Arcidiaco e altre 20 persone sono rinchiusi in carcere dal 23 luglio scorso e anche di azioni da intestare al figlio di Dell’Utri, Marco, intento ad organizzarsi per trascorrere le vacanze natalizie proprio a Caracas.
Per le elezioni Dell’Utri viene invitato da Micicché a chiamare l’avvocato eurodeputato Armando Veneto, che nel 1979 tenne l’orazione funebre sulla salma di Mommo Piromalli, suo cliente capostipite del clan. In caso di candidatura sarebbe in grado di garantirgli 40 mila voti nella sola provincia di Reggio Calabria. Dell’Utri risponde “questo è importante”.
La mattina di quello stesso 2 dicembre, Dell’Utri, su presentazione di Micicché, aveva ricevuto a Milano 2 elementi della ‘ndragheta interessati a far ottenere a Totò Piromalli un passaporto da console onorario per garantirgli “immunità”. Sarà lo stesso Micicché a ricordarglielo per telefono: “Quelli che gli possono dare la copertura completa, le nostre cose sono segrete ricordatelo, sono persone che tu hai ricevuto, mi hai capito o no?”.
Il 3 dicembre Dell’Utri chiama Gioachino Arcidiaco, già nel mirino dei pm per traffico di droga, per affidargli il compito di aprire alcuni circoli di buon governo a Gioia Tauro e altri posti.
Nel marzo 2008 Micicché rivela ai complici di avere un certo potere sui voti all’estero, e di consegnare il curriculum della fidanzata di Arcidiaco all’inconsapevole Barbara Contini, candidata Pdl in Campania in visita a Caracas. Il curriculum di Arcidiaco, che nel frattempo ha ottenuto una casa dal comune di Milano pur essendo senza lavoro, viene inviato a Marcello Dell’Utri “la carta grossa” così definito da Micicché a Lorenzo Arcidiaco.
In quello stesso periodo Totò Piromalli parla con un sindacalista lombardo che controlla 10 mila voti. Il progetto è di farli confluire nel Pdl.
A 10 giorni dalle elezioni, Dell’Utri dice ad Arcidiaco “se volete ci vediamo a Roma”. Quest’ultimo rivela a Micicché “Immaginavo, io comunque gli ho chiesto in maniera ufficiale di dirottarmi un pochino di situazioni (voti) E il ragionamento lo sto facendo pure in Calabria”.
La ‘ndragheta si è assicurata un po’ di amici in Parlamento, intanto Dell’Utri giura di non sapere nulla del peso criminale di Micicché. L’inchiesta sui Piromalli è in corso.
La vicenda riassunta così è stata tratta da un articolo di Peter Gomez pubblicato su L’Espresso.

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