Il Cavaliere è il solo leader europeo a non avere letto le conclusioni del rapporto Stern, redatto non da fanatici ambientalisti bensì da economisti, che hanno messo in luce la necessità di produrre grandi sforzi economici nell’immediato per ridurre gli effetti dei mutamenti climatici, dal momento che quegli stessi mutamenti, se non contrastati, determineranno costi economici enormemente più alti di quelli che sarebbero necessari per limitarne la portata. E’ rimasto il solo leader europeo ad investire svariati miliardi di euro per la costruzione di forni inceneritori, mentre gli altri Paesi li stanno smantellando. E’ rimasto il solo leader europeo a caldeggiare la costruzione di nuove centrali nucleari, mentre la maggioranza degli altri grandi Paesi in Europa (tranne la Francia che non potrebbe farlo) sono pronti a smantellare le proprie centrali nucleari nei prossimi anni. E’ rimasto il solo leader europeo a non avere capito che quello ambientale è un problema serissimo, forse perché nella sua testa continua ad albergare il pensiero che difendere l’integrità dell’ambiente sia un esercizio riprovevole appannaggio di fissati perditempo magari pure un po’ comunisti.
Proprio per queste ragioni non stupisce più di tanto il fatto che Silvio Berlusconi, ponendosi in netto contrasto con il Presidente francese Sarkozy, abbia deciso di mettere il veto al pacchetto UE sul clima concernente la riduzione dei gas serra entro il 2020 che chiede all’Italia di tagliare le emissioni di Co2 nei settori non inclusi nel sistema di scambio di emissioni (rifiuti, trasporti, edilizia) del 13% rispetto ai livelli del 2005. Veto che secondo il Cavaliere sarebbe indispensabile dal momento che le misure da adottare risulterebbero troppo onerose per l’economia italiana, in particolare per il settore automobilistico e per le piccole e medie imprese, soprattutto alla luce della recente crisi finanziaria.
Confindustria, anch’essa evidentemente all’oscuro dell’esistenza del rapporto Stern, si è affrettata a dare manforte al Premier producendo uno studio che quantifica in 180 miliardi di euro fino al 2020 il costo che peserebbe sulle imprese italiane a causa delle nuove misure, a fronte di benefici per l’ambiente che l’associazione degli industriali (notoriamente esperta in questioni ambientali) si sente in diritto di definire “infinitesimali”.
Comunque niente paura, anche se alla fine Berlusconi non riuscisse a spuntarla, in Italia non cambierà comunque nulla e per la gioia di Confindustria si continuerà ad inquinare come e più di prima. Basti che nel nostro Paese anche quando non esisteva lo spauracchio della crisi finanziaria non è mai stato fatto alcuno sforzo per diminuire le emissioni di CO2 e nonostante L’Italia si fosse impegnata nell’ambito del protocollo di Kyoto a ridurre le proprie emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2012 abbiamo continuato a marciare in direzione diametralmente opposta a quanto convenuto e le emissioni di Co2 sono aumentate del 13% nel periodo 1990/2005, senza che nulla abbia mai lasciato presagire la possibilità di un’inversione di tendenza.
Marco Cedolin
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