03/04/09

Bene o male purché non se ne parli


Il teatrino informativo italiano è instancabile.
Assistiamo alla celebrazione del "nuovo" PDL, il partito unitario che guiderà il paese per i prossimi 20, forse 30, anni, ci godiamo gli pseudo-battibecchi a distanza tra il despota carismatico Silvio Berlusconi e il "nuovo compagno" gregario Gianfranco Fini, impegnato nel suo nuovo ruolo di coscienza positiva della maggioranza, assistiamo alla fine del tormentone "criminalità rumena" (psicosi informativa caduta miseramente di fronte ai fatti reali) e alla rinascita di quello sugli inspiegabili diritti efferati (Garlasco, Perugia & company), veniamo coinvolti in liberi ragionamenti e scontri popolari da barricate giusto per discutere dell'ennesima gaffe istituzionale del premier, ci sconvolgiamo per il quattromillesimo allarme attentati di Al Qaeda in Italia e ci appassioniamo alle vicende dei protagonisti di reality televisivi.

A Londra avviene la riunione dei "grandi" venti del mondo e TV e quotidiani fanno a gara per chi pubblica per primo la foto di Silvio con Barack, l'urlo del premier bacchettato dalla regina o il look a confronto tra Michelle Obama e Carla Bruni (collocato in prima posizione nel sito internet di Repubblica).
Tutto ha un suo senso, purché non si parli di cose che dovrebbero interessarci realmente.

Tutto pur di evitare che qualcuno possa guardare ciò che accade ad un metro dai suoi occhi o che possa porsi la domanda "Merito una vita, un'esistenza migliore?". O ancora peggio "Se la merito, perché non riesco ad averla. Di chi è la colpa?".
Domande di questo tipo possono aprire ad un sussulto di coscienza e ad una rabbia protestataria incontrollabile. Non possiamo permetterlo.

Quelle poche volte che se ne parla, si parla della "crisi economica che viene dall'America". Si parla dello sfacelo economico occidentale come se la responsabilità fosse tutta di quei 2, 3, 10 o 90 banchieri sprovveduti, incompetenti o inaffidabili, colpevoli di aver generato uno dei più feroci massacri economici internazionali che l'umanità ricordi.

Non è così, e lo sappiamo bene. Sappiamo bene che lorsignori banchieri non hanno fatto altro che operare nei modi in cui gli stati, i governi mondiali, decidevano che era logico o persino opportuno operare. Abbiamo deciso di basare il sistema economico sulla finanza, lasciando che i popoli del mondo (o di una parte di esso) credessero che spostare azioni e capitali da un'azienda finanziaria all'altra producesse ricchezza e benessere per la collettività.

Ci troviamo di fronte ad una crisi economica terribile che non nasce dalla crisi finanziaria dei mutui e delle società di prestiti. E' questa crisi finanziaria che nasce da quella economica. E che lascia che su di essa ricadano le conseguenze.
Le aziende falliscono perché non riescono più a vendere i propri prodotti. Ma hanno smesso di venderli da oltre 7/8 anni, non negli ultimi 2 mesi. Perché è dal 2001 al 2008 che in paesi retrogradi e socialmente medievali come l'Italia i cittadini vedono perdere di fronte ai propri occhi oltre il 35% del proprio potere d'acquisto.
Perché mentre si riportano le cifre ISTAT che parlano di aumento dei prezzi del 2,7% all'anno, si dimentica di dire che gli stessi rapporti parlano di un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari di base del 23% all'anno!

E soprattutto, oltre che evitare di spiegare nella realtà dei fatti cosa è e cosa rappresenta questa crisi, si evita ancora di più di mostrare quanto gli amministratori dello Stato se ne freghino delle emergenze. Si evita di dire che la priorità per il Sire e la sua corte è di tutelare il sistema bancario, di creare folli "pacchetti sicurezza" e di impedire alla giustizia (sociale e non) di fare il suo corso.
Si evita di confrontare il divieto di morire secondo la propria volontà che lo stato vuole imporre ai suoi cittadini con il dovere inevitabile di morire di fame quando invece si vorrebbe vivere, e anche dignitosamente.
Si evita di dire che l'Italia da sempre ha una spesa sociale tra le più basse in Europa (il 26% del PIL contro la media UE pari al 31,5%), così come si evita di dire che le politiche sociali a sostegno della disoccupazione in Spagna costituiscono quasi il 13% del PIL, mentre in Italia ci accontentiamo di meno del 2%. Finiremmo per confrontare anche la spesa per il sostegno all'abitazione (che ricordo sarebbe uno dei bisogni primari dell'essere umano) che nel Regno Unito costituisce il 5,5% e da noi appena lo 0,06%.
Finiremmo per conoscere che mentre i salari in Italia crescevano del 2% all'anno (al netto del costo della vita), in altri paesi come Grecia e Portogallo essi avevano un tasso di crescita del 26% annuo.

In un contesto come questo chiederemmo politiche a sostegno dei lavoratori senza casa di proprietà come avviene in Spagna o nel Regno Unito, chiederemmo una Cassa Integrazione estesa a tutte le realtà lavorative, troveremmo i colpevoli del disastro tra coloro che associavano i concetti di "opportunità" e "sviluppo" a realtà come il precariato diffuso, la finanza speculativa internazionale, il liberismo economico senza regole, la difesa dei colossi bancari.
Chiederemmo ai tanti responsabili di pagare il conto. E lo chiederemmo prima con le buone e poi, nel caso peggiore, con le cattive.
No. Non possiamo permettercelo. Meglio credere che tutto ciò sia una sorta di punizione divina. E che di fronte a Dio, che sia anche il Dio Denaro, l'uomo è impotente.

Meglio restare con la bocca chiusa e lo sguardo volto altrove.

Ma per chi crede che possa esserci ancora un senso, una speranza per questo paese (e non solo) che non si riduca al semplice e stupido ottimismo passivo, che crede che una politica diversa possa cambiare le cose, allora provate a cogliere qualche opportunità di far sentire la vostra voce e non in solitudine.
Domani, nella capitale, si presenterà una di queste opportunità.

Fonte articolo

La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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