23/04/09

Cro Magnon, giardinieri e la risposta alle crisi

"Ehi, io sono il cacciatore, te dovevi essere una raccoglitrice"

"Si era piazzato sopra a quello che volevo raccogliere"

L'Homo Sapiens Sapiens è una specie meno recente di quanto comunemente si pensi.

Vi sono, anzi, specie e varietà di mammiferi assai più recenti della nostra ( non casualmente, ad esempio, tra i topi ed i ratti, per non parlare, ovviamente, dei cani).

La nostra specie si è sviluppata, cosi come la conosciamo, più di centomila anni fa ed ha convissuto, per la maggior parte della sua esistenza, con altre specie di ominidi tra cui la più famosa è quella dei cugini neanderthaliani.

Perchè questa pappardella?

Principalmente perchè, molto spesso, la ragione non spiega, se non parzialmente, il nostro modo di programmare ed agire.

Bisogna tornare, nonostante, tutto, alle nostre origini, per capire il motivo profondo di certe nostre croniche "incapacità prospettiche".

C'e' una intera categoria di fenomeni, ben conosciuta ai sociologi ed ancora di più agli analisti di borsa, che si spiega soltando ammettendo che la mente umana sia portata a "scontare" gli eventi futuri rispetto a quelli presenti oltre il limite del ragionevole.

Questo non si può comprendere se non accettando che la nostra capacità di ragionamento e di pianificazione è "tarata" sul breve-medio termine.

In fondo questo ha un senso logico, per una specie che si è sviluppata durante epoche durissime, dove la necessità di pianificazione poteva arrivare, a stento, all'accumulo di provviste per l'inverno.

Se questo avrebbe implicato l'estinzione di una grande specie di animali, fonte primaria di proteine nobili e di pelliccie, come in effetti è successo abbastanza spesso, (basterà ricordare l'estinzione causa caccia forsennata dei cavalli, originari delle americhe, dei rinnoceronti lanosi, degli Orsi delle caverne, dei Mammuth....) poco importava.

Erano così pochi, gli uomini e durava così poco la loro vita, che non si sentiva il bisogno di una pianificazione più a lungo termine. Non c'era, evidentemente, una sufficiente pressione selettiva verso comportamenti più "virtuosi" o "assennati" di un certo livello minimo.

Lo sviluppo delle civiltà agrarie ha pesantemente cambiato questa situazione, ma non abbastanza.

Il collasso per superamento dei limiti di "capacità portante" di decine di civiltà prima della nostra lo dimostrano.

La pianificazione veniva fatta, in effetti, ma la scala adottata per i processi decisionali più "strategici", qualche generazione, con grande fatica e solo grazie alla memoria di precedenti disastri, era ancora insufficiente. Anche qui citerò i Maya, i Sumeri, o gli stessi romani, che hanno comunque strutturato delle società consapevolmente vocate alla stabilità, durate poi in effetti almeno alcuni secoli.

Non credo ci sia bisogno di ripetere, ancora una volta, come siamo lontanissimi anche da questi modesti e parziali, sia pur convinti ed ostinati, tentativi di pianificazione a lungo termine.

Possiamo, tuttavia, trarre importanti lezioni dal loro evidente fallimento.

Quello che pare evidente, ogni volta che si studiano gli antichi disastri, è che, nei momenti critici, "sfugga" completamente l'andamento esponenziale delle rogne, con il risultato che quando ci si decide ad agire, è già troppo tardi.

Più di tante chiacchiere, serve ad illustrare il punto il cosidetto "indovinello del giardiniere", enunciato quasi trenta anni fa, in modo classico, da uno dei padri del movimento per una transizione "morbida", che il sottoscritto e Debora hanno avuto l'onore di conoscere, Lester Brown, fondatore del WorldWatch Institute .

Nel libro chiamato, appunto Il 29esimo giorno, edito nel 1980, Lester riportava l'indovinello , raccontato da Robert lattes a Donella Meadows (due grandi, tra parentesi) e da questa a lui.

La storia è questa; uno stagno viene improvvisamente colpito da una proliferazione incontrollata di ninfee, che entro trenta giorni l'avranno invaso completamente.

Ogni giorno, nel loro folle proliferare, le ninfee raddoppiano.

Il giardiniere, che se ne è accorto per tempo, quando il fenomeno è agli inizi, decide però di non intervenire subito, perchè ha altro e di meglio da fare, ci sono urgenze maggiori, il principale gli ha ingiunto di occuparsi primariamente delle siepi di bosso lungo il viale di accesso alla villa, delle rose della signora, dei fiori freschi nelle camere degli ospiti....per farla breve, è indaffaratissimo con il tran tran quotidiano.

Insomma: il giardiniere decide di occuparsene, di queste dannate ninfee, solo quando avranno coperto metà della superficie del laghetto.

Calcola che, a quel punto, in un paio di giorni di duro lavoro, riuscirà a liberare il laghetto dall'infestazione.

Domanda: in che giorno dal'inizio dell'infestazione il giardiniere comincerà a darsi da fare?

Domanda 2 ( implicita, in quasi tutte le citazioni dell'ormai noto indovinello, ma non meno importante, eppure mai fatta espressamente PRIMA): una volta che deciderà di darsi da fare, ce la farà il giardinere a debellare l'infestazione?

Le risposte, ovviamente, sono che il giardinere si darà da fare IL VENTINOVESIMO GIORNO ( da qui il titolo del libro di Lester Brown) e che, con le premesse che vi ho dato, NON CE LA FARA' a debellare l'infestazione, che a quel punto starà crescendo ad un ritmo doppio di quello con cui lui è in grado di rimuoverla.

Le ninfee il trentesimo giorno, copriranno il 50% del laghetto ma lui potrà rimuoverne, al massimo, solo il 25%.

Il trentunesimo giorno le ninfee ci metteranno solo un terzo del giorno, per coprire il 25% rimasto e il giardinere, per quanto lavori dall'alba al tramonto, non potrà fare altro che assistere alla copertura totale del laghetto, ed alla sua rapida morte per anossia.

Se solo si fosse mosso, non dico presto, ma entro il ventottesimo giorno, ce l'avrebbe fatta.

Purtropppo, il ventisettesimo giorno, le ninfee coprivano solo il 12.5% della superficie del laghetto e lui proprio non è riuscito a trovare il tempo necessario per occuparsene una mezza giornata.

Non credo ci sia bisogno di continuare.

Vedete bene quanto sia di micidiale ed invasiva attualità questo indovinello.

Siamo proprio strutturati così.

Non siamo, d'istinto, in grado di fare previsioni che non siano lineari.

Cosa c'entrano in sostanza i Cro-Magnon?

Quando la nostra specie è stata "cablata" doveva fare solo previsioni tra punti vicini tra loro nel tempo e nello spazio.

Come sapete la differenza tra una linea retta e una curva stramba a piacere, che passino tra due punti vicini è quasi insignificante.

Quasi.

Ai tempi delle caverne la differenza era trascurabile.

Ora, che siamo al ventisettesimo giorno, non più.

Abbiamo tempo per decidere ed intervenire?

Ancora un pochino, diciamo fino al tramonto.

Una scala temporale, fuori di metafora?

Breve, brevissima, purtroppo.

Parliamo di anni, non di decenni.

Pensateci, quando guardate Porta a Porta.

Non è più il momento, assolutamente, di pensare ai dehors delle stanze degli ospiti.

Qualcuno, l'ha capito.

Qualcuno, proprio no.

Fonte articolo

Stop al consumo di territorio
La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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