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I prossimi dieci anni non assomiglieranno agli ultimi dieci. Per molta gente saranno uno shock. Le ipotesi di un collasso petrolifero diventeranno note a tutti; Il mondo occidentale comincerà ad assomigliare al secondo e al terzo mondo.
I paesi industrializzati arretrano
Se volete avere un’idea di come sarà il prossimo decennio, guardate la Francia, l’Ucraina e l’Islanda di oggi. La settimana scorsa da uno a tre milioni di persone si sono riversate nelle strade della Francia per un secondo round di proteste contro il modo di gestire la crisi dell’economia del presidente Nikolas Sarkozy. Poi le proteste sono diventate violente quando i giovani si sono scontrati con le forze di polizia.
Proteste sono anche scoppiate in Ucraina. L’economia in Ucraina è sprofondata, il suo sistema bancario è paralizzato e milioni di persone negli ultimi mesi hanno perso il loro posto di lavoro, la produzione industriale è precipitata lo scorso anno del 26,6 per cento, la divisa nazionale, la Gryvna, ha perso il 50 per cento del suo valore dall’estate scorsa e l’Ucraina sta per raggiungere, e difficilmente potrà evitarlo, un debito con l’estero di circa 105 miliardi di dollari.
In un report di 24 pagine, trapelato alla fine del gennaio scorso ai media ucraini, il Ministro delle Finanze Viktor Pynzenyk avvisò che l’economia dell’Ucraina era sull’orlo del collasso. “Siamo entrati in una crisi profonda e molto preoccupante. La situazione economica dell’Ucraina è la peggiore del mondo”.
“E’ una guerra di tutti contro tutti” dice Dmytro Vydrin, deputato indipendente della Suprema Rada, il parlamento dell’Ucraina. “A questo punto la nostra migliore speranza è che il caos abbia la meglio sui malintenzionati perché peggio sarebbe se un gruppo prevalesse instaurando un monopolio del potere”.
Nell’Ottobre del 2008, le tre maggiori banche dell’Islanda sono fallite per l'impossibilità di pagare circa 61 miliardi di dollari di debiti, dodici volte l’entità dell’intera economia del paese. Il fallimento del sistema bancario islandese lo scorso anno ha decurtato di due terzi il valore della corona, portando l’inflazione al 20 per cento e la disoccupazione a un livello da record. L’indice dell’inflazione, in febbraio, è sceso al 17,6 per cento.
In tutto il mondo l’ondata di tumulti sociali e politici rischia di travolgere i Paesi più poveri se i leader dei G20 non interverranno in loro aiuto, ha ammonito la Banca Mondiale il 22 Marzo 2009. Il nuovo rapporto dell’Istituto mondiale per lo Sviluppo afferma che un collasso dell’economia globale costerebbe ai Paesi in via di sviluppo 50 miliardi di dollari in perdite di produzione, ridurrebbe in povertà altri milioni di persone, aumenterebbe di circa un miliardo il numero delle persone affamate e costerebbe 90 milioni di vite.
Se tutto quanto detto sopra si estendesse alla Cina e al Messico, sotto forma di una instabilità politica e di una interruzione della produzione, ci sarà un nutrito gruppo di persone della classe media completamente disorientato che si chiederà che cosa sia successo alle loro provviste infinite di prodotti di consumo a basso prezzo.
Gli Usa possono far fronte al fallimento
Vi risparmierò i dettagli sui “pacchetti di stimolo”, sui “Tarp”, e sul ribollire che ne deriva in merito ai piani di mercato delle banche tossiche, per mettere a fuoco solo un ampio panorama.
Di solito, la spesa ordinaria federale negli USA si aggira sul 20 per cento del prodotto interno lordo. Ma, in seguito alla recessione economica ed al rapido aumento della spesa, l’ammontare del debito pubblico, in percentuale sul prodotto interno lordo, è salito di circa un terzo giungendo al 26 per cento. Aggiungendo i costi dello Stato, delle contee e dei Comuni, presumo che la spesa globale del governo si attesti intorno al 36 per cento del Pil. Dei 3,6 trillioni di dollari del budget federale per il 2009, almeno il 40 per cento, cioè 1,38 trillioni di dollari, dovranno essere presi in prestito a causa delle minori entrate. Solo due anni con un deficit di questa portata eguaglierebbero il 93 per cento dell’intero budget federale per il 2008.
L’esaurirsi delle risorse naturali a buon mercato unite al collasso del debito, intralceranno la crescita futura necessaria per pagare gli interessi del debito federale, delle corporazioni e degli utenti. Stiamo assistendo ad un ultimo disperato sforzo per rivitalizzare la crescita mentre altre nazioni continueranno a prestare denaro agli Usa. Dopo di che i giochi sono finiti.
Il presidente Obama ha studiato ad Harvard, ma nella facoltà di legge non di Economia, ed anche se ha studiato economia deve essere stata quella sbagliata; le università hanno bisogno di nuove attrezzature e devono cominciare ad insegnare le economie ferme e con perdita di potere perché è questo è tutto ciò che ci resterà entro i prossimi dieci anni. Dovremo mettere in atto nuovi modelli di economia che non potranno riferirsi ad una crescita indefinita per pagare gli interessi dei nostri debiti.
Non fatevi ingannare dal balzo causato da Obama nel panorama del mercato mondiale. L’attuale spinta che viene da un piano anticrisi malato finirà presto perché non prende in considerazione il fatto che il governo ha la responsabilità di garantire la metà della portata del piano stesso. I sistemi malati non spariranno; verranno spostati solo da una tasca ad un’altra dei poveri contribuenti. E’ come avviare un mercato azionario sul Titanic. Non rientrate nel mercato. I giocatori della finanza stanno facendo correre al meglio il mercato al solo scopo di uscirne.
Un comitato americano raccomanderà ai G20 che stanno per riunirsi, che il mondo ritorni al dollaro e alle sue riserve monetarie, una posizione favorevole nel paniere delle varie monete, ha detto mercoledì scorso un esponente del comitato, aggiungendo di fare pressione sul dollaro. Il mondo sa che il dollaro perderà il suo valore nel corso dei prossimi anni. In questo mese il premier cinese Wen Jabao ha espresso preoccupazione circa le prospettive che si aprono per gli Usa e per la salvezza dei suoi buoni del tesoro. “Abbiamo prestato una grande quantità di denaro agli Usa, perciò adesso, logicamente, ci preoccupiamo della salvezza del nostro assetto economico. Parlando francamente, sono un po’ in ansia”
Una nuova riserva di valuta sarà un soffio fatale per il dollaro e può rendere più difficile, se non impossibile per gli Usa, coprire il nostro deficit emorragico. Al summit dei G20 quindi, attenzione alla Cina anche per la richiesta di una nuova valuta di riserva.
Ciò che vedremo da qui al 2019
Nel prossimo decennio probabilmente assisteremo: alla fine dell’industria aeronautica attuale che ora usiamo per andare dovunque ogni giorno; una riduzione dal 20 al 50 per cento degli autoarticolati per trasporti; alla “messa in naftalina” delle stazioni spaziali. La benzina salirà da 6 a 10 dollari il gallone e una delle principali fabbriche di automobili (o tutte e tre) chiuderà i battenti. Chiusura di numerose catene di negozi nazionali al dettaglio. Un indice DOW che si attesterà tra i 4000 e i 6000. Le pensioni saranno dimezzate. La Seconda grande depressione non avrà fine. La resurrezione del “Victory garden”: ora sarà chiamato “ I need to eat garden” [letteralmente “giardino per soddisfare il bisogno di cibo” n.d.r.]. Ripristino del servizio militare obbligatorio. Carenza di pezzi di ricambio. Rifornimenti a gas (per le macchine) e razionamenti. Idee come quella del collasso del commercio petrolifero e della stasi dell’economia avranno trasformato il globale stato d’allarme in una presa di coscienza. Con il declino della produzione mondiale di petrolio da 6 a 9.1 di percentuale annua, vedremo il Pil passare dai 14,58 trillioni di dollari del 2008 a un indice che si attesterà tra i 7 e i 9 trillioni nel 2019.
Raggiungere i limiti della crescita nei prossimi dieci anni
Il nostro sistema è la madre di tutti gli schemi Ponzi. Le tre chiavi essenziali che tengono insieme tutto quanto cominceranno a sfasciarsi nella prossima decade.
La prima: il castello di carte richiede molti “se” per rimanere in piedi.
Ad esempio, se il sistema può continuare ad espandersi, per pagare gli interessi del debito, se le minoranze posso continuare ad approfittare delle maggioranze, se possiamo continuare a trovare energie e risorse naturali a basso costo, se grandi nazioni possono sostenere l’onere di mantenere aperti i mercati globali, se possiamo continuare ad agire con un alto grado di inefficienza e di rifiuti, se possiamo mantenere il consenso e le motivazioni ecc. ecc.
La seconda: poiché abbiamo espresso i nostri problemi relativi all’economia, e alla riduzione delle energie e delle tecnologie a basso costo, ora diventa maggiormente possibile approfondire nello stesso tempo parecchi dei nostri problemi. Il nostro sistema non si esaurisce nei terreni o nel cibo o nelle risorse o nella capacità di smaltimento dell’inquinamento. Ciò che si esaurisce è la capacità di affrontare queste cose. Oggi stiamo assistendo alla Amministrazione di Obama che cerca di mantenere il consenso e si spende a tutti i più alti livelli per risolvere i nostri problemi. Quando i problemi sorgono insieme e in modo esponenziale, le cose che in teoria si potrebbero gestire una per una, possono sopraffare la capacità di far loro fronte.
La terza: dato che la nostra popolazione continua a crescere, il suo peso comincia a diventare pericoloso per il castello di carte. Occorrono più energia a basso costo, più cibo, più campi, più acqua potabile, più trasporti ecc. ecc. Quello che prima era un problema gestibile per una popolazione di 1 miliardo di persone, comincia a diventare una catastrofe con 7 miliardi. A un certo punto si raggiungono i limiti di crescita.
Il futuro è inevitabile
Con una popolazione più numerosa potremo reggere al massimo per un’altra generazione con le nostre infrastrutture extraurbane “autodipendenti” e con il nostro modello di crescita senza fine, poi siamo pronti per il fallimento. Ogni passo in quella stessa direzione serve soltanto ad allargare un più profondo buco: più debiti, maggior decadimento delle infrastrutture, impieghi non realmente validi, poco controllo sulla popolazione, capacità e formazione inadeguate e senza sbocchi.
Abbiamo bisogno di una sterzata nel nostro modo di pensare che ora è “il mondo appartiene all’uomo”, ma deve diventare “ l’umanità appartiene alla terra”. Una maggiore presa di coscienza non ci ha fatto ancora riconoscere né apprezzare la grande biodiversità del nostro pianeta che sta morendo – milioni di specie estinte proprio quando abbiamo bisogno della massima possibilità di recupero della terra. La nostra cultura ci insegna a comportarci da sconsiderati e a pensare solo al “numero uno”. Quando usiamo o lavoriamo un campo, non “vediamo” la vitalità che stiamo prendendo o l’habitat che va perduto. Non vediamo ciò che il campo era prima o avrebbe potuto essere se fosse stato possibile proseguire verso nuovi progressi.
L’unica soluzione che alla fine potrà funzionare: famiglie con un solo bambino nella nuova cultura
Se vorremo che le prossime generazioni abbiano un impatto più dolce con la realtà dobbiamo darci da fare per: una economia stabile, una ricollocazione e un ampliamento del sistema no profit, istituire comunità locali, dare rispetto ai nostri anziani, far scomparire lo Stato-Nazione, media indipendenti, passare dall'agricoltura all’orticoltura e creare una formazione comune che in sostanza sia una nuova cultura. Riassumendo e standardizzando, il concetto “nessun bambino deve essere lasciato indietro” dovrebbe essere sostituito da “ogni bambino può piantare una foresta e nutrire la sua famiglia”. Ma non fatevi problemi in proposito, è una causa persa se non si riduce la popolazione. Creare una piantagione per il cibo e mettere al mondo quattro figli significa fare quattro passi avanti e altri quattro indietro.
Ridurre la popolazione, riportandola ai valori del 1900 porterà ad un più luminoso futuro per i nostri figli e per le nostre specie amiche dalle quali abbiamo preso così tanto. Un bambino per famiglia può ridurre la popolazione mondiale un po’ per ogni generazione portando gli attuali 6,7 miliardi di esseri umani ai 3,4 miliardi e poi a 1,7 miliardi per scendere a 838 milioni e così via nell’arco di un secolo. Tutti saranno ancora in grado di nutrire la propria amata famiglia.
Il cambiamento deve cominciare da basso
Il cambiamento non comincerà dall’alto, dai governi centrali. Le nazioni proteggono il benessere, “inclinano la tavola” per concentrare la ricchezza e non promuovono cambiamenti locali. Dobbiamo lasciar perdere le Nazioni e ridistribuire meglio di adesso la nostra produzione di cibo. Ciò significherà meno scatoloni di provviste e meno regalini, ma anche un futuro migliore.
La mia stessa famiglia sta cercando di iniziare il cambiamento ora passando da consumatori a coltivatori food-forest ed educatori. E’ duro perchè la nostra società non offre alternative.
“Terra gratis, dimenticatelo”. “Qui, alla luce di questo box devi stare cinque ore al giorno e la zona da sorvegliare intorno è di 21 mila mq commerciali per anno”. “Siediti, stai zitto e non fare domande a scuola!” “Non conservare le tue sementi, compra queste, nuove e sperimentate da noi”.
Ripristina il modello culturale ed economico originale
Le brevi “soluzioni” che seguono sono riprese dai miei precedenti tentativi. Comunque, almeno metà dei miei lettori sono nuovi ai terremoti culturali. Perciò proseguite la lettura se siete nuovi.
Andare verso un’economia stabile è un primo e importante passo, ma è solo l’inizio. E’ il momento giusto per un salto culturale nell’agricoltura che rivoluzioni il modello economico delle terre privatizzate per guardare al cibo inducendo la gente a fare un lavoro e a portarlo avanti per il sistema, solo per vivere e nutrirsi. L’Antropocentrismo e il dominio dell’umanità ci hanno portati al punto in cui siamo ora: con caldo crescente, con poca acqua e con troppa gente.
Si usa dire che “se si da si riceve”; ora la cosa sta così: “si fanno cose per avere delle cose”. La nuova rivoluzione agricolturale, o modello “Taker” ci lascia incompleti e distrugge le biodiversità del nostro pianeta. Il sistema originale ha funzionato per tremila anni sino alla rivoluzione agricola. Piccole popolazioni tribali istituirono servizi e sicurezza dalla culla alla tomba per ciascuno. Non c’era bisogno di nessuna carta di credito. Il bello è che migliaia di culture diverse hanno usato questo stesso modello per milioni di anni e ha funzionato nella media delle persone. Non occorre che siate dei Budda ambulanti la cui seconda venuta sarà piena di gioia e attesa dalla comunità.
E allora cosa dobbiamo fare adesso?
Muovetevi come gente che ragiona e iniziate il viaggio multi-generazionale per trovare più modi con i quali sostenervi l’un l’altro. Uscite da Matrix; emergete dalle vostre televisioni e dai debiti delle vostre proprietà e dei commerci. Create delle comunità e dei gruppi di territori. Costruite delle cose mentre procedete. Rispolverate le vostre migliori abilità per sostenere le vostre comunità. Piantate delle foreste utili al cibo anzichè dei giardini con piante annuali; puntate sulle piantagioni perenni. Lavorate con un senso di gioia.
La maggior parte delle persone non è pronta per emergere dal sistema sino a quando non vede in concreto l’esempio di un migliore modo di vivere – di nuove culture. Hanno bisogno di camminare verso qualche cosa di migliore, non di allontanarsi da qualche cosa di cattivo. Non stiamo soltanto per diventare il cambiamento che vogliamo vedere realizzato, ma saremo di stimolo per molti a seguirci. Per coloro che stanno già iniziando il cambiamento che desideriamo vedere, saremo gli ispiratori per quanti ci seguiranno.
Andate sul sito culturequake.org per saperne di più sul libro “Culturequake” e sul blog.
Titolo originale: "The Next Ten Years: What They Will Look Like"
di CHUCK BURR
I paesi industrializzati arretrano
Se volete avere un’idea di come sarà il prossimo decennio, guardate la Francia, l’Ucraina e l’Islanda di oggi. La settimana scorsa da uno a tre milioni di persone si sono riversate nelle strade della Francia per un secondo round di proteste contro il modo di gestire la crisi dell’economia del presidente Nikolas Sarkozy. Poi le proteste sono diventate violente quando i giovani si sono scontrati con le forze di polizia.
Proteste sono anche scoppiate in Ucraina. L’economia in Ucraina è sprofondata, il suo sistema bancario è paralizzato e milioni di persone negli ultimi mesi hanno perso il loro posto di lavoro, la produzione industriale è precipitata lo scorso anno del 26,6 per cento, la divisa nazionale, la Gryvna, ha perso il 50 per cento del suo valore dall’estate scorsa e l’Ucraina sta per raggiungere, e difficilmente potrà evitarlo, un debito con l’estero di circa 105 miliardi di dollari.
In un report di 24 pagine, trapelato alla fine del gennaio scorso ai media ucraini, il Ministro delle Finanze Viktor Pynzenyk avvisò che l’economia dell’Ucraina era sull’orlo del collasso. “Siamo entrati in una crisi profonda e molto preoccupante. La situazione economica dell’Ucraina è la peggiore del mondo”.
“E’ una guerra di tutti contro tutti” dice Dmytro Vydrin, deputato indipendente della Suprema Rada, il parlamento dell’Ucraina. “A questo punto la nostra migliore speranza è che il caos abbia la meglio sui malintenzionati perché peggio sarebbe se un gruppo prevalesse instaurando un monopolio del potere”.
Nell’Ottobre del 2008, le tre maggiori banche dell’Islanda sono fallite per l'impossibilità di pagare circa 61 miliardi di dollari di debiti, dodici volte l’entità dell’intera economia del paese. Il fallimento del sistema bancario islandese lo scorso anno ha decurtato di due terzi il valore della corona, portando l’inflazione al 20 per cento e la disoccupazione a un livello da record. L’indice dell’inflazione, in febbraio, è sceso al 17,6 per cento.
In tutto il mondo l’ondata di tumulti sociali e politici rischia di travolgere i Paesi più poveri se i leader dei G20 non interverranno in loro aiuto, ha ammonito la Banca Mondiale il 22 Marzo 2009. Il nuovo rapporto dell’Istituto mondiale per lo Sviluppo afferma che un collasso dell’economia globale costerebbe ai Paesi in via di sviluppo 50 miliardi di dollari in perdite di produzione, ridurrebbe in povertà altri milioni di persone, aumenterebbe di circa un miliardo il numero delle persone affamate e costerebbe 90 milioni di vite.
Se tutto quanto detto sopra si estendesse alla Cina e al Messico, sotto forma di una instabilità politica e di una interruzione della produzione, ci sarà un nutrito gruppo di persone della classe media completamente disorientato che si chiederà che cosa sia successo alle loro provviste infinite di prodotti di consumo a basso prezzo.
Gli Usa possono far fronte al fallimento
Vi risparmierò i dettagli sui “pacchetti di stimolo”, sui “Tarp”, e sul ribollire che ne deriva in merito ai piani di mercato delle banche tossiche, per mettere a fuoco solo un ampio panorama.
Di solito, la spesa ordinaria federale negli USA si aggira sul 20 per cento del prodotto interno lordo. Ma, in seguito alla recessione economica ed al rapido aumento della spesa, l’ammontare del debito pubblico, in percentuale sul prodotto interno lordo, è salito di circa un terzo giungendo al 26 per cento. Aggiungendo i costi dello Stato, delle contee e dei Comuni, presumo che la spesa globale del governo si attesti intorno al 36 per cento del Pil. Dei 3,6 trillioni di dollari del budget federale per il 2009, almeno il 40 per cento, cioè 1,38 trillioni di dollari, dovranno essere presi in prestito a causa delle minori entrate. Solo due anni con un deficit di questa portata eguaglierebbero il 93 per cento dell’intero budget federale per il 2008.
L’esaurirsi delle risorse naturali a buon mercato unite al collasso del debito, intralceranno la crescita futura necessaria per pagare gli interessi del debito federale, delle corporazioni e degli utenti. Stiamo assistendo ad un ultimo disperato sforzo per rivitalizzare la crescita mentre altre nazioni continueranno a prestare denaro agli Usa. Dopo di che i giochi sono finiti.
Il presidente Obama ha studiato ad Harvard, ma nella facoltà di legge non di Economia, ed anche se ha studiato economia deve essere stata quella sbagliata; le università hanno bisogno di nuove attrezzature e devono cominciare ad insegnare le economie ferme e con perdita di potere perché è questo è tutto ciò che ci resterà entro i prossimi dieci anni. Dovremo mettere in atto nuovi modelli di economia che non potranno riferirsi ad una crescita indefinita per pagare gli interessi dei nostri debiti.
Non fatevi ingannare dal balzo causato da Obama nel panorama del mercato mondiale. L’attuale spinta che viene da un piano anticrisi malato finirà presto perché non prende in considerazione il fatto che il governo ha la responsabilità di garantire la metà della portata del piano stesso. I sistemi malati non spariranno; verranno spostati solo da una tasca ad un’altra dei poveri contribuenti. E’ come avviare un mercato azionario sul Titanic. Non rientrate nel mercato. I giocatori della finanza stanno facendo correre al meglio il mercato al solo scopo di uscirne.
Un comitato americano raccomanderà ai G20 che stanno per riunirsi, che il mondo ritorni al dollaro e alle sue riserve monetarie, una posizione favorevole nel paniere delle varie monete, ha detto mercoledì scorso un esponente del comitato, aggiungendo di fare pressione sul dollaro. Il mondo sa che il dollaro perderà il suo valore nel corso dei prossimi anni. In questo mese il premier cinese Wen Jabao ha espresso preoccupazione circa le prospettive che si aprono per gli Usa e per la salvezza dei suoi buoni del tesoro. “Abbiamo prestato una grande quantità di denaro agli Usa, perciò adesso, logicamente, ci preoccupiamo della salvezza del nostro assetto economico. Parlando francamente, sono un po’ in ansia”
Una nuova riserva di valuta sarà un soffio fatale per il dollaro e può rendere più difficile, se non impossibile per gli Usa, coprire il nostro deficit emorragico. Al summit dei G20 quindi, attenzione alla Cina anche per la richiesta di una nuova valuta di riserva.
Ciò che vedremo da qui al 2019
Nel prossimo decennio probabilmente assisteremo: alla fine dell’industria aeronautica attuale che ora usiamo per andare dovunque ogni giorno; una riduzione dal 20 al 50 per cento degli autoarticolati per trasporti; alla “messa in naftalina” delle stazioni spaziali. La benzina salirà da 6 a 10 dollari il gallone e una delle principali fabbriche di automobili (o tutte e tre) chiuderà i battenti. Chiusura di numerose catene di negozi nazionali al dettaglio. Un indice DOW che si attesterà tra i 4000 e i 6000. Le pensioni saranno dimezzate. La Seconda grande depressione non avrà fine. La resurrezione del “Victory garden”: ora sarà chiamato “ I need to eat garden” [letteralmente “giardino per soddisfare il bisogno di cibo” n.d.r.]. Ripristino del servizio militare obbligatorio. Carenza di pezzi di ricambio. Rifornimenti a gas (per le macchine) e razionamenti. Idee come quella del collasso del commercio petrolifero e della stasi dell’economia avranno trasformato il globale stato d’allarme in una presa di coscienza. Con il declino della produzione mondiale di petrolio da 6 a 9.1 di percentuale annua, vedremo il Pil passare dai 14,58 trillioni di dollari del 2008 a un indice che si attesterà tra i 7 e i 9 trillioni nel 2019.
Raggiungere i limiti della crescita nei prossimi dieci anni
Il nostro sistema è la madre di tutti gli schemi Ponzi. Le tre chiavi essenziali che tengono insieme tutto quanto cominceranno a sfasciarsi nella prossima decade.
La prima: il castello di carte richiede molti “se” per rimanere in piedi.
Ad esempio, se il sistema può continuare ad espandersi, per pagare gli interessi del debito, se le minoranze posso continuare ad approfittare delle maggioranze, se possiamo continuare a trovare energie e risorse naturali a basso costo, se grandi nazioni possono sostenere l’onere di mantenere aperti i mercati globali, se possiamo continuare ad agire con un alto grado di inefficienza e di rifiuti, se possiamo mantenere il consenso e le motivazioni ecc. ecc.
La seconda: poiché abbiamo espresso i nostri problemi relativi all’economia, e alla riduzione delle energie e delle tecnologie a basso costo, ora diventa maggiormente possibile approfondire nello stesso tempo parecchi dei nostri problemi. Il nostro sistema non si esaurisce nei terreni o nel cibo o nelle risorse o nella capacità di smaltimento dell’inquinamento. Ciò che si esaurisce è la capacità di affrontare queste cose. Oggi stiamo assistendo alla Amministrazione di Obama che cerca di mantenere il consenso e si spende a tutti i più alti livelli per risolvere i nostri problemi. Quando i problemi sorgono insieme e in modo esponenziale, le cose che in teoria si potrebbero gestire una per una, possono sopraffare la capacità di far loro fronte.
La terza: dato che la nostra popolazione continua a crescere, il suo peso comincia a diventare pericoloso per il castello di carte. Occorrono più energia a basso costo, più cibo, più campi, più acqua potabile, più trasporti ecc. ecc. Quello che prima era un problema gestibile per una popolazione di 1 miliardo di persone, comincia a diventare una catastrofe con 7 miliardi. A un certo punto si raggiungono i limiti di crescita.
Il futuro è inevitabile
Con una popolazione più numerosa potremo reggere al massimo per un’altra generazione con le nostre infrastrutture extraurbane “autodipendenti” e con il nostro modello di crescita senza fine, poi siamo pronti per il fallimento. Ogni passo in quella stessa direzione serve soltanto ad allargare un più profondo buco: più debiti, maggior decadimento delle infrastrutture, impieghi non realmente validi, poco controllo sulla popolazione, capacità e formazione inadeguate e senza sbocchi.
Abbiamo bisogno di una sterzata nel nostro modo di pensare che ora è “il mondo appartiene all’uomo”, ma deve diventare “ l’umanità appartiene alla terra”. Una maggiore presa di coscienza non ci ha fatto ancora riconoscere né apprezzare la grande biodiversità del nostro pianeta che sta morendo – milioni di specie estinte proprio quando abbiamo bisogno della massima possibilità di recupero della terra. La nostra cultura ci insegna a comportarci da sconsiderati e a pensare solo al “numero uno”. Quando usiamo o lavoriamo un campo, non “vediamo” la vitalità che stiamo prendendo o l’habitat che va perduto. Non vediamo ciò che il campo era prima o avrebbe potuto essere se fosse stato possibile proseguire verso nuovi progressi.
L’unica soluzione che alla fine potrà funzionare: famiglie con un solo bambino nella nuova cultura
Se vorremo che le prossime generazioni abbiano un impatto più dolce con la realtà dobbiamo darci da fare per: una economia stabile, una ricollocazione e un ampliamento del sistema no profit, istituire comunità locali, dare rispetto ai nostri anziani, far scomparire lo Stato-Nazione, media indipendenti, passare dall'agricoltura all’orticoltura e creare una formazione comune che in sostanza sia una nuova cultura. Riassumendo e standardizzando, il concetto “nessun bambino deve essere lasciato indietro” dovrebbe essere sostituito da “ogni bambino può piantare una foresta e nutrire la sua famiglia”. Ma non fatevi problemi in proposito, è una causa persa se non si riduce la popolazione. Creare una piantagione per il cibo e mettere al mondo quattro figli significa fare quattro passi avanti e altri quattro indietro.
Ridurre la popolazione, riportandola ai valori del 1900 porterà ad un più luminoso futuro per i nostri figli e per le nostre specie amiche dalle quali abbiamo preso così tanto. Un bambino per famiglia può ridurre la popolazione mondiale un po’ per ogni generazione portando gli attuali 6,7 miliardi di esseri umani ai 3,4 miliardi e poi a 1,7 miliardi per scendere a 838 milioni e così via nell’arco di un secolo. Tutti saranno ancora in grado di nutrire la propria amata famiglia.
Il cambiamento deve cominciare da basso
Il cambiamento non comincerà dall’alto, dai governi centrali. Le nazioni proteggono il benessere, “inclinano la tavola” per concentrare la ricchezza e non promuovono cambiamenti locali. Dobbiamo lasciar perdere le Nazioni e ridistribuire meglio di adesso la nostra produzione di cibo. Ciò significherà meno scatoloni di provviste e meno regalini, ma anche un futuro migliore.
La mia stessa famiglia sta cercando di iniziare il cambiamento ora passando da consumatori a coltivatori food-forest ed educatori. E’ duro perchè la nostra società non offre alternative.
“Terra gratis, dimenticatelo”. “Qui, alla luce di questo box devi stare cinque ore al giorno e la zona da sorvegliare intorno è di 21 mila mq commerciali per anno”. “Siediti, stai zitto e non fare domande a scuola!” “Non conservare le tue sementi, compra queste, nuove e sperimentate da noi”.
Ripristina il modello culturale ed economico originale
Le brevi “soluzioni” che seguono sono riprese dai miei precedenti tentativi. Comunque, almeno metà dei miei lettori sono nuovi ai terremoti culturali. Perciò proseguite la lettura se siete nuovi.
Andare verso un’economia stabile è un primo e importante passo, ma è solo l’inizio. E’ il momento giusto per un salto culturale nell’agricoltura che rivoluzioni il modello economico delle terre privatizzate per guardare al cibo inducendo la gente a fare un lavoro e a portarlo avanti per il sistema, solo per vivere e nutrirsi. L’Antropocentrismo e il dominio dell’umanità ci hanno portati al punto in cui siamo ora: con caldo crescente, con poca acqua e con troppa gente.
Si usa dire che “se si da si riceve”; ora la cosa sta così: “si fanno cose per avere delle cose”. La nuova rivoluzione agricolturale, o modello “Taker” ci lascia incompleti e distrugge le biodiversità del nostro pianeta. Il sistema originale ha funzionato per tremila anni sino alla rivoluzione agricola. Piccole popolazioni tribali istituirono servizi e sicurezza dalla culla alla tomba per ciascuno. Non c’era bisogno di nessuna carta di credito. Il bello è che migliaia di culture diverse hanno usato questo stesso modello per milioni di anni e ha funzionato nella media delle persone. Non occorre che siate dei Budda ambulanti la cui seconda venuta sarà piena di gioia e attesa dalla comunità.
E allora cosa dobbiamo fare adesso?
Muovetevi come gente che ragiona e iniziate il viaggio multi-generazionale per trovare più modi con i quali sostenervi l’un l’altro. Uscite da Matrix; emergete dalle vostre televisioni e dai debiti delle vostre proprietà e dei commerci. Create delle comunità e dei gruppi di territori. Costruite delle cose mentre procedete. Rispolverate le vostre migliori abilità per sostenere le vostre comunità. Piantate delle foreste utili al cibo anzichè dei giardini con piante annuali; puntate sulle piantagioni perenni. Lavorate con un senso di gioia.
La maggior parte delle persone non è pronta per emergere dal sistema sino a quando non vede in concreto l’esempio di un migliore modo di vivere – di nuove culture. Hanno bisogno di camminare verso qualche cosa di migliore, non di allontanarsi da qualche cosa di cattivo. Non stiamo soltanto per diventare il cambiamento che vogliamo vedere realizzato, ma saremo di stimolo per molti a seguirci. Per coloro che stanno già iniziando il cambiamento che desideriamo vedere, saremo gli ispiratori per quanti ci seguiranno.
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Titolo originale: "The Next Ten Years: What They Will Look Like"
di CHUCK BURR
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