Visionario e pragmatico, il “maestro” ha trovato nel “fratello” 1816 della P2 il suo allievo prediletto, il suo continuatore. Padre, figlio e fratello: nel paradigma trinitario il “venerabile” ha incardinato e benedetto il suo rapporto con il “figlio prediletto”, “l’unico che può andare avanti”, dopo di lui, come ha precisato nell’ottobre del 2008.
Tutti gli obiettivi e i metodi del “Piano di rinascita democratica”, dal club bipartisan come forma dei partiti, ovvero “un rotary allargato”, alla “creazione dell’agenzia centralizzata” per il comando sui media, dalla separazione delle carriere in magistratura fra “requirente e giudicante”, alla rottura del fronte sindacale, usando pezzi della Cisl e tutta la Uil contro la CGIL, sono pienamente recepiti e in via di realizzazione nei vari governi Berlusconi, come drammaticamente ci fa vivere l’analisi dell’autrice.
Ma ancor di più la puntigliosa e pungente indagine da cronista dell’autrice racconta una mappa di uomini e di potere, assolutamente attiva e dispiegata sul territorio dagli anni ottanta ad oggi. Da Florio Fiorini a Tassan Din, da Publio Fiori a Gianni Letta, dall’ammiraglio Geraci a Giuseppe Santovito, da Federico D’Amato, consigliere di Cossiga, a Walter Pelosi, da Ferdinando Guccione a Fabrizio Cicchitto, si articola pienamente l’occupazione dell’Italia e l’instaurazione della “dittatura morbida” come nuova “Costituzione”, materialmente già realizzata, così che il ‘fratello’ 1816 ogni tanto vorrebbe anche adeguarla formalmente. Come dire un atto dovuto, visti i cambiamenti concreti già realizzati.
Come aveva profetizzato nel lontano 1967 Guy Debord, il capitalismo attuale si traduce “in una immensa accumulazione di spettacolo”, per cui il media stesso diventa la “politica”, il comando si addensa nella televisione che rappresenta fisicamente la “videocrazia”, la trasformazione cioè dei cittadini in “audience”. La separazione dell’audience dalle decisioni e la sua subalternità al consumo, anzi al desiderio del consumo, completano l’operazione di marketing politico, generando dunque una nuova forma di democrazia, la “videocrazia” appunto, forma evoluta di “dittatura”, che prevede appunto di “coordinare tutta la stampa provinciale e locale attraverso una agenzia centralizzata… e di dissolvere la Rai-tv in nome della libertà di antenna ex art.21 costituzione” (Piano di rinascita democratica, obiettivi, articolo 2, punto b).
Vince chi plasma lo share, chi traduce le forme arcaiche di “tifoseria” in audience politica, chi usa la “telecrazia”, in forma gramsciana, come “egemonia” sociale, passando dalle icone della “pubblicità” per il consumo a quelle della politica senza soluzione di continuità. Questa in sintesi l’innovazione del fratello 1816 che ha svolto bene il tema introdotto dal Piano di rinascita democratica. Uno spostamento d’asse che svuota le istituzioni della rappresentanza, o meglio le tiene in vita ma plasmate dall’audience invece che dal sistema politico-partitico.
Tutto ciò è in nuce presente in quel 30 dicembre 1980 quando avvenne la prima potente connessione fra tv, calcio e nuova forma del potere, nuova “costituzione materiale”. Come tutte le nuove “costituzioni” anche questa nacque da una forzatura legale che per forza di cose doveva rompere i vincoli precedenti ed imporre una nuova realtà e creare quindi una nuova legalità. Il “Mundialito” dal 30 dicembre al 10 gennaio pone le premesse per la nuova “agenzia”, infatti rompe con il monopolio Rai della diretta. Rete Italia comprando i diritti televisi da Angelo Vulgaris, disinvolto greco uruguaiano, ed usando il satellite Rai distribuirà in Italia l’evento calcistico, costituendo il primo atto del potere “telecratico” di Berlusconi.
Ma in quegli anni “eroici”, in quella fase di modello nascente la “videocrazia” per affermarsi contro le resistenze e i lacciuoli della magistratura e della “obsoleta” macchina parlamentare, a volte deve accelerare e scrollarsi via vincoli e legami. Nel fare questo slalom vi sono incidenti di percorso che richiedono soluzioni “chirurgiche” o meglio “suicidi” provvidenziali: da Luciano Rossi, tenente colonnello delle Fiamme Gialle che indagò su Licio Gelli e si suicidò nel 1981, al suo superiore Salvatore Florio, morto in uno strano incidente d’auto nel 1978, al troppo loquace Mino Pecorelli che rischiava di aprire falle impreviste nei rapporti fra “videocrazia nascente” e “obsolete associazioni”, ucciso il 20 marzo 1979.
Infatti non aveva previsto il buon Guy Debord il mix tra “videocrazia” e “obsolete associazioni”, soprattutto perché lui pensava ad evoluzioni del capitalismo a partire da quello più evoluto, del Nord Europa e protestante, mentre la storia machiavellicamente troverà il brodo di cultura del nuovo dispositivo politico, della “telecrazia”, incredibilmente nella connessione fra “imprenditori nordici” e “associazioni antropologicamente” sudiste. Forse pochi si ricordano delle società “Costa delle Ginestre”, “Vulcanizza” e “Mediterranea”, dove agivano Flavio Carboni, suo fratello Andrea e il prestanome berlusconiano Romano Comincioli e Domenico Balducci, associato alla cosca di Giuseppe Di Cristina, quelli della geopolitica “obsoleta” e non “digitale”.
Nelle società passarono centinaia di miliardi da riciclare che poi finivano alla Sofint con sede a Roma che era capogruppo di 140 società fantasma. Poco dopo la storia simpatica fu la diretta cessione della Sofint a Silvio Berlusconi, “il potente industriale di Canale 5″, come precisa con burocratico distacco un articolo de La Repubblica del 4 ottobre 1984. Questa fase iniziale, che potremmo definire di “accumulazione primitiva”, disturba un po’ lo schema nobile del “venerabile”, che prevede la “creazione di club”, d’impianto “rotariano”, “uno, sulla sinistra e l’altro sulla destra”, per simulare una specie di dialettica politica.
Impianto “rotariano”, in qualche modo “nobile ed alto”, si pensa a Letta, a Gustavo Selva, a Cicchitto appunto, a Gervaso, che mal si adatta con questa deriva iniziale un po’ troppo “movimentista”. Ma si sa: i processi “nascenti” a volte richiedono accelerazioni e “accumulazioni” più spicciative del previsto per cui il buon Romano Comincioli poi viene premiato, lo troviamo infatti coordinatore in Sardegna del partito-azienda, premiato per la fedeltà nei tempi eroici della fase nascente anche se la persecuzione della Magistratura lo colpirà nel 1995 con l’accusa di bancarotta fraudolenta.
Ma torniamo alla corrente centrale del Piano di rinascita democratica ed alla sua intuizione sulla necessità di un’agenzia “centralizzata” per il governo dei media per svuotare il parlamento e rendere la “videocrazia”, lo spazio che oscilla fra “Porta a Porta” e il “reality”, il vero spazio della politica, quello della finta dialettica fra due “club”, destra e sinistra, Milan od Inter, la Ventura o la Marcuzzi. Per questo il 30 dicembre con il Mundialito è nato un nuovo sistema “politico”, la “videocrazia” che rappresenta “il malvagio sogno della società moderna” di cui “lo spettacolo è il guardiano”, continuando con Guy Debord.
Ma, come ci ricorda Antonella Beccaria, proprio in quel 30 dicembre 41 calciatori italiani scrissero una lettera aperta contro il regime uruguaiano, con cui il buon Gelli aveva ottimi rapporti commerciali e culturali, lettera che venne ignorata dal Corriere della Sera, ma che noi vogliamo ricordare per ripartire da lì, da quell’inizio “geneticamente” televisivo ed illegale per continuare la Resistenza contro il regime e contro la “videocrazia”.
Spegniamo la tv, eliminiamo Porta a porta.
di Oscar Marchisio
Tutti gli obiettivi e i metodi del “Piano di rinascita democratica”, dal club bipartisan come forma dei partiti, ovvero “un rotary allargato”, alla “creazione dell’agenzia centralizzata” per il comando sui media, dalla separazione delle carriere in magistratura fra “requirente e giudicante”, alla rottura del fronte sindacale, usando pezzi della Cisl e tutta la Uil contro la CGIL, sono pienamente recepiti e in via di realizzazione nei vari governi Berlusconi, come drammaticamente ci fa vivere l’analisi dell’autrice.
Ma ancor di più la puntigliosa e pungente indagine da cronista dell’autrice racconta una mappa di uomini e di potere, assolutamente attiva e dispiegata sul territorio dagli anni ottanta ad oggi. Da Florio Fiorini a Tassan Din, da Publio Fiori a Gianni Letta, dall’ammiraglio Geraci a Giuseppe Santovito, da Federico D’Amato, consigliere di Cossiga, a Walter Pelosi, da Ferdinando Guccione a Fabrizio Cicchitto, si articola pienamente l’occupazione dell’Italia e l’instaurazione della “dittatura morbida” come nuova “Costituzione”, materialmente già realizzata, così che il ‘fratello’ 1816 ogni tanto vorrebbe anche adeguarla formalmente. Come dire un atto dovuto, visti i cambiamenti concreti già realizzati.
Come aveva profetizzato nel lontano 1967 Guy Debord, il capitalismo attuale si traduce “in una immensa accumulazione di spettacolo”, per cui il media stesso diventa la “politica”, il comando si addensa nella televisione che rappresenta fisicamente la “videocrazia”, la trasformazione cioè dei cittadini in “audience”. La separazione dell’audience dalle decisioni e la sua subalternità al consumo, anzi al desiderio del consumo, completano l’operazione di marketing politico, generando dunque una nuova forma di democrazia, la “videocrazia” appunto, forma evoluta di “dittatura”, che prevede appunto di “coordinare tutta la stampa provinciale e locale attraverso una agenzia centralizzata… e di dissolvere la Rai-tv in nome della libertà di antenna ex art.21 costituzione” (Piano di rinascita democratica, obiettivi, articolo 2, punto b).
Vince chi plasma lo share, chi traduce le forme arcaiche di “tifoseria” in audience politica, chi usa la “telecrazia”, in forma gramsciana, come “egemonia” sociale, passando dalle icone della “pubblicità” per il consumo a quelle della politica senza soluzione di continuità. Questa in sintesi l’innovazione del fratello 1816 che ha svolto bene il tema introdotto dal Piano di rinascita democratica. Uno spostamento d’asse che svuota le istituzioni della rappresentanza, o meglio le tiene in vita ma plasmate dall’audience invece che dal sistema politico-partitico.
Tutto ciò è in nuce presente in quel 30 dicembre 1980 quando avvenne la prima potente connessione fra tv, calcio e nuova forma del potere, nuova “costituzione materiale”. Come tutte le nuove “costituzioni” anche questa nacque da una forzatura legale che per forza di cose doveva rompere i vincoli precedenti ed imporre una nuova realtà e creare quindi una nuova legalità. Il “Mundialito” dal 30 dicembre al 10 gennaio pone le premesse per la nuova “agenzia”, infatti rompe con il monopolio Rai della diretta. Rete Italia comprando i diritti televisi da Angelo Vulgaris, disinvolto greco uruguaiano, ed usando il satellite Rai distribuirà in Italia l’evento calcistico, costituendo il primo atto del potere “telecratico” di Berlusconi.
Ma in quegli anni “eroici”, in quella fase di modello nascente la “videocrazia” per affermarsi contro le resistenze e i lacciuoli della magistratura e della “obsoleta” macchina parlamentare, a volte deve accelerare e scrollarsi via vincoli e legami. Nel fare questo slalom vi sono incidenti di percorso che richiedono soluzioni “chirurgiche” o meglio “suicidi” provvidenziali: da Luciano Rossi, tenente colonnello delle Fiamme Gialle che indagò su Licio Gelli e si suicidò nel 1981, al suo superiore Salvatore Florio, morto in uno strano incidente d’auto nel 1978, al troppo loquace Mino Pecorelli che rischiava di aprire falle impreviste nei rapporti fra “videocrazia nascente” e “obsolete associazioni”, ucciso il 20 marzo 1979.
Infatti non aveva previsto il buon Guy Debord il mix tra “videocrazia” e “obsolete associazioni”, soprattutto perché lui pensava ad evoluzioni del capitalismo a partire da quello più evoluto, del Nord Europa e protestante, mentre la storia machiavellicamente troverà il brodo di cultura del nuovo dispositivo politico, della “telecrazia”, incredibilmente nella connessione fra “imprenditori nordici” e “associazioni antropologicamente” sudiste. Forse pochi si ricordano delle società “Costa delle Ginestre”, “Vulcanizza” e “Mediterranea”, dove agivano Flavio Carboni, suo fratello Andrea e il prestanome berlusconiano Romano Comincioli e Domenico Balducci, associato alla cosca di Giuseppe Di Cristina, quelli della geopolitica “obsoleta” e non “digitale”.
Nelle società passarono centinaia di miliardi da riciclare che poi finivano alla Sofint con sede a Roma che era capogruppo di 140 società fantasma. Poco dopo la storia simpatica fu la diretta cessione della Sofint a Silvio Berlusconi, “il potente industriale di Canale 5″, come precisa con burocratico distacco un articolo de La Repubblica del 4 ottobre 1984. Questa fase iniziale, che potremmo definire di “accumulazione primitiva”, disturba un po’ lo schema nobile del “venerabile”, che prevede la “creazione di club”, d’impianto “rotariano”, “uno, sulla sinistra e l’altro sulla destra”, per simulare una specie di dialettica politica.
Impianto “rotariano”, in qualche modo “nobile ed alto”, si pensa a Letta, a Gustavo Selva, a Cicchitto appunto, a Gervaso, che mal si adatta con questa deriva iniziale un po’ troppo “movimentista”. Ma si sa: i processi “nascenti” a volte richiedono accelerazioni e “accumulazioni” più spicciative del previsto per cui il buon Romano Comincioli poi viene premiato, lo troviamo infatti coordinatore in Sardegna del partito-azienda, premiato per la fedeltà nei tempi eroici della fase nascente anche se la persecuzione della Magistratura lo colpirà nel 1995 con l’accusa di bancarotta fraudolenta.
Ma torniamo alla corrente centrale del Piano di rinascita democratica ed alla sua intuizione sulla necessità di un’agenzia “centralizzata” per il governo dei media per svuotare il parlamento e rendere la “videocrazia”, lo spazio che oscilla fra “Porta a Porta” e il “reality”, il vero spazio della politica, quello della finta dialettica fra due “club”, destra e sinistra, Milan od Inter, la Ventura o la Marcuzzi. Per questo il 30 dicembre con il Mundialito è nato un nuovo sistema “politico”, la “videocrazia” che rappresenta “il malvagio sogno della società moderna” di cui “lo spettacolo è il guardiano”, continuando con Guy Debord.
Ma, come ci ricorda Antonella Beccaria, proprio in quel 30 dicembre 41 calciatori italiani scrissero una lettera aperta contro il regime uruguaiano, con cui il buon Gelli aveva ottimi rapporti commerciali e culturali, lettera che venne ignorata dal Corriere della Sera, ma che noi vogliamo ricordare per ripartire da lì, da quell’inizio “geneticamente” televisivo ed illegale per continuare la Resistenza contro il regime e contro la “videocrazia”.
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