13/04/09

SCENARI FUTURI

… senza un comportamento radicale e un cambio di organizzazione che minacci le fondamenta della nostra economia di crescita, l’emissione di gas serra, così come altri fattori di impatto ambientale non diminuiranno. La recessione economica è il solo meccanismo che potrà far ridurre le emissioni di gas serra e potrebbe rivelarsi ora l’unica speranza di mantenere la terra in una condizione abitabile.

Prese assieme alle parole dello scienziato della NASA Jim Hansen, il quale afferma che “ un impatto severo dovuto ai cambiamenti climatici avrà inizio, perfino se ci fosse un enorme sforzo mondiale tendente alla mitigazione”, le parole di David Holmgren succitate mi inducono a fermarmi e ad avere paura dell’attuale crollo economico globale. Noto, innanzitutto, che il cambiamento climatico, probabilmente, gode ora di vita propria ed è sfuggito per sempre all’influenza dell’uomo. Osservo anche che il collasso economico si è mostrato rapidamente negli ultimi due anni, ma non lo ha fatto in uno scenario da paura e ciò potrebbe rallentare il collasso dell’ecosistema.

In ‘Scenari futuri’ (Chelsea Green, 2009) David Holmgren, l’autore di ‘Permacultura: principi e percorsi oltre la sostenibilità’ offre quattro possibili schemi di transizione da una civiltà industrializzata a un mondo post-petrolifero. Le caratteristiche e i probabili risultati ci costringono ad osservare tali schemi più da vicino.

Fisicamente, questo libro tascabile è abbastanza piacevole per il lettore, abbellito da illustrazioni colorate e bellissime foto e si tiene comodamente in tasca o in una borsetta, permettendone un comodo trasporto. Il primo scenario viene chiamato Brown Tech, schema definito ‘dall’alto al basso’, in cui la diminuzione dell’energia avviene lentamente e il cambiamento climatico è veloce. Il Brown Tech è essenzialmente il sistema industriale che ha dominato gli Stati Uniti negli ultimi sessant’anni, raggiungendo lo zenit durante l’amministrazione di George Bush. Esso è ‘dall’alto al basso’, nel senso che “il potere nazionale costringe a consumare e utilizza le risorse per mantenere lo stato-nazione alla faccia del deterioramento climatico e la riduzione di energia e disponibilità di cibo”. Il Brown Tech è caratterizzato da sistemi centralizzati, sistemi ad alta densità, banche nazionali e valute, una preferenza per il nazionalismo/fascismo, dominazione maschile e, culturalmente parlando, una dicotomia superrazionalista/fondamentalista.

Viceversa, lo scenario Green Tech è caratterizzato da tassi di declino energetico bassi e sintomi di cambiamento climatico più miti. Il senso di caos e crisi “ è più celato in assenza di un grande collasso o conflitto economico”. Tale scenario è abbracciato dai ben intenzionati progressisti che credono che abbiamo abbastanza tempo per una transizione strategica verso un mondo post-petrolifero. Il Green Tech prevede una buona conservazione dell’ambiente, un grande uso di energie rinnovabili, città piccole e compatte, valute regionali, lo status di genere è bilanciato e mescolato e l’orientamento filosofico è essenzialmente umanista ed eco-razionalista. Ciò che rende il Green Tech irrealistico e in qualche modo utopico, secondo la mia opinione, è la velocità con cui i cambiamenti climatici avvengono attualmente. Per implementare completamente il Green Tech, il cambiamento climatico deve essere lento. “Il clima relativamente benevolo permette una resurrezione di economie regionali e rurali, dove i prezzi sono sostenuti e crescenti per quanto riguarda tutte le comodità naturali, incluse scorte di cibo per produrre biocombustibili”. Il terzo scenario, quello preferito da Holmgren, è denominato Earth-Steward (Steward della Terra): Ricostruzione dal basso verso l’alto, rapida diminuzione dell’uso di energie, con cambiamenti climatici sempre miti. Gli shock per il sistema finanziario mondiale derivanti da tale scenario hanno come risultato severe depressioni e intense guerre per le risorse. Le reti elettroniche diventerebbero inutili, e la mobilitazione di masse di persone e beni verrebbe ridotta. Le città si svuoterebbero e i più grandi affari collasserebbero, e un largo numero di ex-cittadini formerebbe una nuova sottoclasse che fornirebbe manodopera in cambio di cibo e spazio abitabile.

La maggiore differenza, secondo Holmgren, tra il Brown-tech e il Green-tech sta nel fatto che “la ricostruzione e la stabilizzazione non è più basata su sogni di sostenibilità o di restaurazione del vecchio sistema. Invece, le persone accettano il fatto che ogni generazione dovrà affrontare sfide concernenti una ulteriore semplificazione e localizzazione della società man mano che le risorse di combustibili fossili si esauriscono. Tale semplificazione nel dominio materiale viene vista come un’opportunità per la crescita di un dominio spirituale”. In altre parole, “mentre gli impatti sulla popolazione e sugli ambienti locali… è severa, esiste anche una rivoluzione culturale e spirituale, nel senso che le persone non vivono più secondo comportamenti assuefatti”. Nel modello Earth-Steward, le valute locali e il baratto sono le principali forme di scambio, il dominio è femminile, e la spiritualità terrestre è la forza culturale e spirituale dominante.

L’ultimo scenario è il Lifeboat Civilization Triage (lifeboat significa scialuppa di salvataggio, triage si traduce con selezione, in pratica una sorta di guerra per la sopravvivenza) caratterizzato da un rapido esaurimento dell’energia e severi cambiamenti climatici - in altre parole, un disastro imminente. Le forme di organizzazione sociale ed economica collassano e guerre locali, che includono l’uso di armi nucleari, esasperano il collasso in determinate aree. Ondate di carestia e malattie decimano la capacità sociale ed economica “su scala maggiore di quanto non abbia fatto la Peste Nera in Europa, andando a dimezzare la popolazione globale in pochi decenni”.

Nella Civiltà della scialuppa, il collasso avviene così rapidamente che ben poco si può fare per pianificare una transizione più leggera, e la mentalità della sopravvivenza prevale. Inoltre, si formano paesini e comunità chiuse e il sistema è quasi feudale, principalmente patriarcale. L’orientamento culturale e spirituale è guerresco, in risposta al trauma di un collasso rapido, da ciò la parola ‘selezione’ per descrivere il modus operandi fondamentale. Ciò che Holmgren vuole che il lettore capisca, comunque, è il fatto che i quattro scenari non sono lineari; egli li immagina “intrecciati l’uno nell’altro”. Ciò suggerisce, afferma, “che i quattro livelli organizzativi rappresentati dagli scenari, dal livello casalingo a quello nazionale, verranno tutti trasformati man mano che i sistemi globali si indeboliscono e si contraggono, ma nessuno fallirà completamente”. Non diversamente dagli scenari di collasso a cui si riferiva Dimitri Orlov parlando dell’Unione Sovietica, lo schema di Holmgren suggerisce come, negli scenari Earth Steward e Lifeboat, ci possa essere ancora un governo che proclama leggi ma nessuno, fuori dalla capitale nazionale, ne terrà conto.

Una conclusione ineccepibile disegnata da ‘Scenari futuri’ consiste nel fatto che più lentamente si evolve il declino, maggiori opportunità si hanno per pianificare e mobilitare la morte; più rapidamente avvengono gli eventi, più sarà traumatica sarà la risoluzione dei problemi, a causa dell’incapacità di adottare nuovi sistemi che permettano una transazione più abbordabile.

Come notato sopra, il collasso economico sta impedendo la crescita dilagante e in tal senso, nonostante il dolore che esso sta creando per milioni di persone, permetterà alla comunità di respirare un po’ più facilmente e più a lungo. Oppure, come sostiene Holmgren, “gli economisti di destra potrebbero aver ragione: non c’è modo di fermare il treno del capitalismo industriale globale (tranne che con un incidente)”.

‘Scenari futuri’ offre sfide affascinanti e nuove per affrontare i cambiamenti climatici e al declino della produzione di petrolio, e confrontarci con la domanda che non morirà mai: il nostro viaggio verso un mondo post-petrolifero sarà una transizione o un trauma? Più tempo aspetteremo per fare scelte radicali, necessarie in questa congiuntura storica, maggiore sarà la certezza che le scelte che non preferiamo saranno fatte per noi.

di Carolyn Baker

Fonte articolo
La Casta dei giornali
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