01/04/09

Tante chiacchiere e Zero fatti

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Ezio “direttore de La Repubblica (delle banane)” Mauro

Abbasso i bonus (e pure gli stipendi milionari). Scrive - sabato scorso, sulla prima pagina di Repubblica - il sempre sorridente e brizzolatissimo economista, Tito Boeri: “L`indignazione popolare, prima ancora che le pressioni dei governi pesantemente intervenuti a sostegno delle banche, hanno spinto molti top manager (soprattutto americani, ndA) a rinunciare volontariamente ai compensi che, per contratto, erano loro destinati. Bene, perché erano uno schiaffo a chi ha perso il posto di lavoro a seguito della trasmissione all`economia reale della crisi finanziaria. C’è solo da augurarsi che anche in Italia si diffonda la prassi di annullare i bonus del top management nelle banche, seguendo l`esempio di Unicredit“. Argomenta - ieri, sempre su Repubblica; con fare filosofico (e pure un po’ opaco) - il telegiornalista Gad Lerner: “Sarebbe un peccato liquidare come invidia sociale o - come si dice ora - rabbia populista, una riflessione sulla forbice delle retribuzioni divaricata ormai fino al rischio di spezzarsi“.

E chi - tra comuni mortali e contribuenti poverazzi - potrebbe non essere d’accordo sui bonus dei banchieri da abbattere e i superstipendi da tagliare? Solo che c’è un “ma”. E pure qualcosa che manca.

Cominciamo con il “ma”. Benissimo ha fatto Repubblica a ospitare tanto prestigiose opinioni - si badi bene - in prima pagina e quindi in bell’evidenza. Ma, appunto: se negli Usa è esplosa “l’indignazione popolare” o “rabbia populista”, è perchè stampa - e internet e tivù - hanno dato un maxi spazio ai maxi aiuti per i magnati di Wall Strett. In Italia, no. Sempre a proposito di banche e superstipendi vari: dire che il quotidiano fondato dal sempreverde (nonostante gli 84 anni molto suonati) Eugenio Scalfari - come del resto i vari “Corriere”, “La Stampa” e “Sole 24 ore” - abbia un tantino trascurato la questione Tremonti bond, è dire poco.

I prestiti miliardari (in euro) ai banchieri nostrani- perchè questo sono i Bond dell’ex Robin Hood Tremonti - non sono stati trascurati. Sono stati - letteralmente - oscurati.

E a dirlo sono i numeri. Proprio su Repubblica, per esempio: i 4 miliardi di Tremonti bond “prenotati” da Banca Intesa - a differenza dei perchè e dei “distinguo” di Boeri&Lerner - sono affondati a pagina 24. Mentre gli altri 4 miliardi di aiuti di stato che vorrebbe Unicredit - 1 o 1,5 miliardi di Tremonti Bond e il resto a carico del governo e dei contribuenti austriaci - sono stati inguattati addirittura a pagina 31. E la stessa musica - stile “non diamo troppo nell’occhio” - è suonata per i Tremonti bond di Banco popolare (1,45 miliardi; rigorosamente a pagina 22); Banca popolare di Milano (0,5 miliardi, pagina 20); e da ultimo per Monte dei Paschi di Siena (1,9 miliardi sempre di euro, relegati pagina 26). Risultato: oltre 9 miliardi di euro - dei circa 12 miliardi messi a disposizione dal governo per i Tremonti Bond - sono già stati “prenotati”. E i lettori più distratti - la maggior parte, che legge solo prime pagine e titoloni - non se ne sono nemmeno accorti.

Non solo. Ma Repubblica - e i vari “Corriere”, “La Stampa” e “Sole 24 ore” - spesso e volentieri; e sempre per la gioia dei lettori - hanno mancato di fare e farsi alcune domande. Primo: ma perchè banche italiane blasonate - e che avevano goduto dei conti correnti tra i più cari d’Europa (cari, ovviamente, per i correntisti) - avevano avuto bisogno di un aiutino di stato? Secondo: quanto avevano guadagnato i loro manager? E terzo: ma i loro manager - dopo aver tanto guadagnato ed essersi presentati al governo con il piattino in mano - non sentivano nemmeno vaghissiamente il dovere di dimettersi?

Domande semplici, semplici. Con tanto di risposte bomba assicurate. Bastava, infatti, spulciare gli archivi dei giornali per scoprire che - chi più; chi meno - tutti avevano i loro scheletri nell’armadio. Che, per esempio, Unicredit aveva fatto investimenti nel momento sbagliato ad Est (Europa). Che il Banco popolare ha buttato e butterà valanghe di danari in quella fornace chiamata Italease. E che pure il Monte dei Paschi di Siena - nel suo piccolo - era riuscito a pagare moltissimo quello che invece valeva molto meno (banca Antonveneta). Così come: bastava leggere un libro come “La paga dei padroni” - scritto dai giornalisti Gianni Dragoni (”il Sole 24 ore”) e Giorgio Meletti (”La 7″) - per capire che nel Belpaese non si erano raggiunti - sul fronte superstipendi - gli eccessi a stelle e strisce. Ma che per certo non si era scherzato.

Come nel caso del banchiere Alessandro Profumo. Che in questi anni da numero uno di Unicredit - mentre milioni di suoi concittadini scivolavano vicino alla soglia di povertà - ha moltiplicato il suo stipendio già multimilionario. Passando da 1 milione e 700mila euro nel 2001; ai 9 milioni e 4 (sempre di euro) del 2007. Oppure il collega banchiere, Corrado Passera (boss di Banca Intesa). Che - solo dal 2003 al 2007 - ha portato a casa 15 milioni e 700mila euro di stipendio. Più, solo nel 2005, 10 milioni di euro di stock option (che sempre guadagni sono e per di più all’epoca tassati solo al 12,5%).

Al contrario: sapere in anticipo cosa avrebbero risposto a una domanda sulle loro dimissioni era impossibile. Ma vederli anche solo farfugliare una risposta, non sarebbe stato male. E invece? E invece: niente. Zero domande difficili. E zero dimissioni. Anche Giuseppe Mussari - numero uno di Monte dei Paschi di Siena, che passerà a breve attraverso le forche caudine del voto dell’assemblea degli azionisti - dovrebbe essere premiato. E confermato al suo posto. Con o senza maxi-stipendio, non si sa.

Risultato finale: tante chiacchiere (di opinionisti blasonati) in prima pagina. Ma poco spazio ai fatti (e ai relativi nomi e cognomi). Fatti che se raccontati - forse - avrebbero davvero scatenato quell’ “indignazione popolare” che invece manca sempre di più in questo (ex) Belpaese. Come manca una stampa obiettiva e forte con i poteri forti (banche comprese). Mentre questo (ex) Belpaese è sempre più rassegnato. E sempre più alla deriva.

P.S. Per la cronaca; per capirci e a proposito di conti correnti: gli autori de “La paga dei padroni” - Dragoni e Meletti - ad autunno 2008 scrivevano nel loro libro: “In Italia l’introito di una banca su ogni conto corrente è in media di 204 euro, contro 186 in Germania, 124 in Francia, 40 in Spagna. E contro una media europea di 133 euro. Solo in Lussemburgo le banche sono più care, 265 euro“.

Fonte articolo

La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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