Ezio “direttore de La Repubblica (delle banane)” Mauro
Abbasso i bonus (e pure gli stipendi milionari). Scrive - sabato scorso, sulla prima pagina di Repubblica - il sempre sorridente e brizzolatissimo economista, Tito Boeri: “L`indignazione popolare, prima ancora che le pressioni dei governi pesantemente intervenuti a sostegno delle banche, hanno spinto molti top manager (soprattutto americani, ndA) a rinunciare volontariamente ai compensi che, per contratto, erano loro destinati. Bene, perché erano uno schiaffo a chi ha perso il posto di lavoro a seguito della trasmissione all`economia reale della crisi finanziaria. C’è solo da augurarsi che anche in Italia si diffonda la prassi di annullare i bonus del top management nelle banche, seguendo l`esempio di Unicredit“. Argomenta - ieri, sempre su Repubblica; con fare filosofico (e pure un po’ opaco) - il telegiornalista Gad Lerner: “Sarebbe un peccato liquidare come invidia sociale o - come si dice ora - rabbia populista, una riflessione sulla forbice delle retribuzioni divaricata ormai fino al rischio di spezzarsi“.
E chi - tra comuni mortali e contribuenti poverazzi - potrebbe non essere d’accordo sui bonus dei banchieri da abbattere e i superstipendi da tagliare? Solo che c’è un “ma”. E pure qualcosa che manca.
Cominciamo con il “ma”. Benissimo ha fatto Repubblica a ospitare tanto prestigiose opinioni - si badi bene - in prima pagina e quindi in bell’evidenza. Ma, appunto: se negli Usa è esplosa “l’indignazione popolare” o “rabbia populista”, è perchè stampa - e internet e tivù - hanno dato un maxi spazio ai maxi aiuti per i magnati di Wall Strett. In Italia, no. Sempre a proposito di banche e superstipendi vari: dire che il quotidiano fondato dal sempreverde (nonostante gli 84 anni molto suonati) Eugenio Scalfari - come del resto i vari “Corriere”, “La Stampa” e “Sole 24 ore” - abbia un tantino trascurato la questione Tremonti bond, è dire poco.
I prestiti miliardari (in euro) ai banchieri nostrani- perchè questo sono i Bond dell’ex Robin Hood Tremonti - non sono stati trascurati. Sono stati - letteralmente - oscurati.
E a dirlo sono i numeri. Proprio su Repubblica, per esempio: i 4 miliardi di Tremonti bond “prenotati” da Banca Intesa - a differenza dei perchè e dei “distinguo” di Boeri&Lerner - sono affondati a pagina 24. Mentre gli altri 4 miliardi di aiuti di stato che vorrebbe Unicredit - 1 o 1,5 miliardi di Tremonti Bond e il resto a carico del governo e dei contribuenti austriaci - sono stati inguattati addirittura a pagina 31. E la stessa musica - stile “non diamo troppo nell’occhio” - è suonata per i Tremonti bond di Banco popolare (1,45 miliardi; rigorosamente a pagina 22); Banca popolare di Milano (0,5 miliardi, pagina 20); e da ultimo per Monte dei Paschi di Siena (1,9 miliardi sempre di euro, relegati pagina 26). Risultato: oltre 9 miliardi di euro - dei circa 12 miliardi messi a disposizione dal governo per i Tremonti Bond - sono già stati “prenotati”. E i lettori più distratti - la maggior parte, che legge solo prime pagine e titoloni - non se ne sono nemmeno accorti.
Non solo. Ma Repubblica - e i vari “Corriere”, “La Stampa” e “Sole 24 ore” - spesso e volentieri; e sempre per la gioia dei lettori - hanno mancato di fare e farsi alcune domande. Primo: ma perchè banche italiane blasonate - e che avevano goduto dei conti correnti tra i più cari d’Europa (cari, ovviamente, per i correntisti) - avevano avuto bisogno di un aiutino di stato? Secondo: quanto avevano guadagnato i loro manager? E terzo: ma i loro manager - dopo aver tanto guadagnato ed essersi presentati al governo con il piattino in mano - non sentivano nemmeno vaghissiamente il dovere di dimettersi?
Domande semplici, semplici. Con tanto di risposte bomba assicurate. Bastava, infatti, spulciare gli archivi dei giornali per scoprire che - chi più; chi meno - tutti avevano i loro scheletri nell’armadio. Che, per esempio, Unicredit aveva fatto investimenti nel momento sbagliato ad Est (Europa). Che il Banco popolare ha buttato e butterà valanghe di danari in quella fornace chiamata Italease. E che pure il Monte dei Paschi di Siena - nel suo piccolo - era riuscito a pagare moltissimo quello che invece valeva molto meno (banca Antonveneta). Così come: bastava leggere un libro come “La paga dei padroni” - scritto dai giornalisti Gianni Dragoni (”il Sole 24 ore”) e Giorgio Meletti (”La 7″) - per capire che nel Belpaese non si erano raggiunti - sul fronte superstipendi - gli eccessi a stelle e strisce. Ma che per certo non si era scherzato.
Come nel caso del banchiere Alessandro Profumo. Che in questi anni da numero uno di Unicredit - mentre milioni di suoi concittadini scivolavano vicino alla soglia di povertà - ha moltiplicato il suo stipendio già multimilionario. Passando da 1 milione e 700mila euro nel 2001; ai 9 milioni e 4 (sempre di euro) del 2007. Oppure il collega banchiere, Corrado Passera (boss di Banca Intesa). Che - solo dal 2003 al 2007 - ha portato a casa 15 milioni e 700mila euro di stipendio. Più, solo nel 2005, 10 milioni di euro di stock option (che sempre guadagni sono e per di più all’epoca tassati solo al 12,5%).
Al contrario: sapere in anticipo cosa avrebbero risposto a una domanda sulle loro dimissioni era impossibile. Ma vederli anche solo farfugliare una risposta, non sarebbe stato male. E invece? E invece: niente. Zero domande difficili. E zero dimissioni. Anche Giuseppe Mussari - numero uno di Monte dei Paschi di Siena, che passerà a breve attraverso le forche caudine del voto dell’assemblea degli azionisti - dovrebbe essere premiato. E confermato al suo posto. Con o senza maxi-stipendio, non si sa.
Risultato finale: tante chiacchiere (di opinionisti blasonati) in prima pagina. Ma poco spazio ai fatti (e ai relativi nomi e cognomi). Fatti che se raccontati - forse - avrebbero davvero scatenato quell’ “indignazione popolare” che invece manca sempre di più in questo (ex) Belpaese. Come manca una stampa obiettiva e forte con i poteri forti (banche comprese). Mentre questo (ex) Belpaese è sempre più rassegnato. E sempre più alla deriva.
P.S. Per la cronaca; per capirci e a proposito di conti correnti: gli autori de “La paga dei padroni” - Dragoni e Meletti - ad autunno 2008 scrivevano nel loro libro: “In Italia l’introito di una banca su ogni conto corrente è in media di 204 euro, contro 186 in Germania, 124 in Francia, 40 in Spagna. E contro una media europea di 133 euro. Solo in Lussemburgo le banche sono più care, 265 euro“.
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