In questa storica istantanea il Presidente della Repubblica Enrico De Nicola e quello della Camera Umberto Terracini firmano la Costituzione Italiana, straordinario documento che verrà buttato in un cassetto pochi anni dopo.
"Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato".
E' il terzo comma dell'articolo 33 della Costituzione della Repubblica Italiana, così come formulato dai padri costituenti nel 1948 e così come definito ancora oggi, senza alcuna modifica sopraggiunta.
Non è un mistero che la Costituzione Italiana risulti essere uno dei testi fondamentali più avanzati di tutto il mondo, malauguratamente troppo "moderno" per i tempi attuali, sebbene scritto e pubblicato oltre 60 anni fa.
Questa sua eccessiva modernità la riscontriamo giorno dopo giorno, dal momento che ogni legge approvata dal Parlamento (strettamente legata alla "conservazione" dei tempi attuali) va quasi sempre a confliggere con quanto scritto sulla Carta Costituzionale (strettamente legata ad un'idea di paese che ancora non siamo riusciti a diventare).
Ci siamo indignati spesso e volentieri contro l'approvazione di leggi come il Lodo Alfano che vanno a violare l'articolo 3 della Costituzione sull'uguaglianza dei cittadini, così come per le leggi sulla fecondazione assistita o sul testamento biologico che dimostrano l'annullamento del principio dell'articolo 7 su separazione tra Stato e Chiesa, la violazione del decimo (il diritto all'asilo) con gli ultimi provvedimenti in tema di immigrazione, dell'undicesimo (il ripudio della guerra) a causa dell'invio di truppe in Iraq o in Afghanistan, del ventesimo con l'abolizione ICI per edifici commerciali della Curia Vaticana, del ventunesimo con il celebre emendamento D'Alia e così via.
Ma gli stessi che si indignavano con noi e che hanno fatto della difesa di tali principi costituzionali il proprio cavallo di battaglia, che hanno spesso e volentieri parlato di "legalità" e "rispetto per le regole", almeno in un caso hanno dimostrato di non essere poi troppo dissimili dai violentatori abituali della Costituzione.
C'è un articolo la cui violazione sistematica vede tutti d'accordo (almeno in Parlamento). Ed è proprio l'articolo 33.
Il 6 agosto dello scorso anno, mentre il popolo italiano era impegnato tra abbronzatura in spiaggia e partite di beach-soccer a riva, il Parlamento approvava in via definitiva la legge 133 (il nocciolo della legge Finanziaria 2009) che tagliava ben 8 miliardi di euro dai fondi per l'istruzione pubblica.
8 miliardi in 3 anni. Un autentico colpo di grazia.
Era il 31 ottobre quando un milione di persone scesero in piazza per dire a gran voce NO al brutale attacco compiuto dal governo contro l'istruzione pubblica. In quelle piazze, tra partiti di sinistra e sindacati, c'erano anche i partiti dell'opposizione parlamentare: PD e Italia dei Valori.
Ma quello stesso giorno, nello stesso momento, la V commissione "Bilancio e Tesoro" era riunita per discutere del PDL C.1714, il documento di bilancio collegato alla legge 133 approvata in estate.
Per cosa erano impegnati i rappresentanti dell'opposizione in quegli istanti? Per chiedere il ripristino totale dei fondi sottratti alla scuola... privata!
Mentre scendevano in piazza protestando contro i tagli alla scuola pubblica, in Parlamento erano impegnati per chiedere il ripristino dei 133 milioni tolti agli istituti privati (di cui le scuole gestite dal Vaticano costituiscono quasi il 60%). E basta.
Evidenza vuole che si è ritenuto più utile aggiungere 133 milioni agli istituti scolastici privati che a quelli pubblici.
Basta leggere i verbali delle riunioni in Parlamento e nelle varie commissioni per vedere quanto fosse più motivata l'opposizione della maggioranza in questa vicenda (la surrealtà raggiunge sempre dei picchi inaspettati). I capifila di questa battaglia fatta fianco a fianco con le gerarchie cattoliche (ma non solo) sono svariati: si va da Simonetta Rubinato (PD) ad Antonio Borghesi (IDV), passando per Antonio Misiani (PD), Rosa De Pasquale (PD) e altri ancora.
Si arrivò anche a votare un emendamento congiunto PD-UDC sul ripristino dei 133 milioni, che vide l'opposizione (PD, IDV e UDC) schierata in massa per il SI e la maggioranza per il NO. Il rovesciamento della storia e della logica in un solo emendamento.
Curiosa in questo senso la posizione del dipietrista Cambursano che in Assemblea si lamentò dei tagli alla scuola pubblica e dei 150 milioni previsti contemporaneamente per la privata, salvo poi votare a favore dell'aumento dei fondi per le private. Un capolavoro!
Evidentemente non paghe di questa dimostrazione di doppiogiochismo ben riuscito, le opposizioni parlamentari sono tornate all'attacco. Risalgono al 6 maggio scorso i presentati in Parlamento (uno dell'UDC, uno del PDL, uno dell'IDV e uno del PD), tutti diversi nelle parole usate ma 4 Ordini del Giornoidentici nella sostanza: "il governo si impegni immediatamente a garantire più fondi possibili per le scuole private nella finanziaria 2010" è il concetto comune.
Unica eccezione un manipolo di "eversori" del PD: Maurizio Turco, Rita Bernardini, Marco Beltrandi, Patrizio Mecacci, Elisabetta Zamparutti (Radicali), Maria Antonietta Farina Coscioni (Radicali), Furio Colombo e Anna Paola Concia, accompagnati dai repubblicani ex-PDL Francesco Nucara e Ugo La Malfa, che chiedono, con un quinto OdG, di "escludere oneri per lo Stato nei confronti di enti e privati che istituiscano scuole ed istituti di educazione".
10 soli deputati in difesa della Costituzione. Contro il blocco dei 620 che premono per la sua violazione.
Le mozioni PDL, UDC e IDV sono state approvate a larghissima maggioranza. Bocciate invece quella del PD (che chiedeva il ripristino integrale dei fondi sia per le pubbliche che per le private) e, naturalmente, quella degli "eversori" che chiedevano per le private "niente oneri per lo Stato": 25 favorevoli (23 PD, Nucara e 1 PDL) su 331 presenti.
Quando si dice "lo spirito bipartisan"!
E' il terzo comma dell'articolo 33 della Costituzione della Repubblica Italiana, così come formulato dai padri costituenti nel 1948 e così come definito ancora oggi, senza alcuna modifica sopraggiunta.
Non è un mistero che la Costituzione Italiana risulti essere uno dei testi fondamentali più avanzati di tutto il mondo, malauguratamente troppo "moderno" per i tempi attuali, sebbene scritto e pubblicato oltre 60 anni fa.
Questa sua eccessiva modernità la riscontriamo giorno dopo giorno, dal momento che ogni legge approvata dal Parlamento (strettamente legata alla "conservazione" dei tempi attuali) va quasi sempre a confliggere con quanto scritto sulla Carta Costituzionale (strettamente legata ad un'idea di paese che ancora non siamo riusciti a diventare).
Ci siamo indignati spesso e volentieri contro l'approvazione di leggi come il Lodo Alfano che vanno a violare l'articolo 3 della Costituzione sull'uguaglianza dei cittadini, così come per le leggi sulla fecondazione assistita o sul testamento biologico che dimostrano l'annullamento del principio dell'articolo 7 su separazione tra Stato e Chiesa, la violazione del decimo (il diritto all'asilo) con gli ultimi provvedimenti in tema di immigrazione, dell'undicesimo (il ripudio della guerra) a causa dell'invio di truppe in Iraq o in Afghanistan, del ventesimo con l'abolizione ICI per edifici commerciali della Curia Vaticana, del ventunesimo con il celebre emendamento D'Alia e così via.
Ma gli stessi che si indignavano con noi e che hanno fatto della difesa di tali principi costituzionali il proprio cavallo di battaglia, che hanno spesso e volentieri parlato di "legalità" e "rispetto per le regole", almeno in un caso hanno dimostrato di non essere poi troppo dissimili dai violentatori abituali della Costituzione.
C'è un articolo la cui violazione sistematica vede tutti d'accordo (almeno in Parlamento). Ed è proprio l'articolo 33.
Il 6 agosto dello scorso anno, mentre il popolo italiano era impegnato tra abbronzatura in spiaggia e partite di beach-soccer a riva, il Parlamento approvava in via definitiva la legge 133 (il nocciolo della legge Finanziaria 2009) che tagliava ben 8 miliardi di euro dai fondi per l'istruzione pubblica.
8 miliardi in 3 anni. Un autentico colpo di grazia.
Era il 31 ottobre quando un milione di persone scesero in piazza per dire a gran voce NO al brutale attacco compiuto dal governo contro l'istruzione pubblica. In quelle piazze, tra partiti di sinistra e sindacati, c'erano anche i partiti dell'opposizione parlamentare: PD e Italia dei Valori.
Ma quello stesso giorno, nello stesso momento, la V commissione "Bilancio e Tesoro" era riunita per discutere del PDL C.1714, il documento di bilancio collegato alla legge 133 approvata in estate.
Per cosa erano impegnati i rappresentanti dell'opposizione in quegli istanti? Per chiedere il ripristino totale dei fondi sottratti alla scuola... privata!
Mentre scendevano in piazza protestando contro i tagli alla scuola pubblica, in Parlamento erano impegnati per chiedere il ripristino dei 133 milioni tolti agli istituti privati (di cui le scuole gestite dal Vaticano costituiscono quasi il 60%). E basta.
Evidenza vuole che si è ritenuto più utile aggiungere 133 milioni agli istituti scolastici privati che a quelli pubblici.
Basta leggere i verbali delle riunioni in Parlamento e nelle varie commissioni per vedere quanto fosse più motivata l'opposizione della maggioranza in questa vicenda (la surrealtà raggiunge sempre dei picchi inaspettati). I capifila di questa battaglia fatta fianco a fianco con le gerarchie cattoliche (ma non solo) sono svariati: si va da Simonetta Rubinato (PD) ad Antonio Borghesi (IDV), passando per Antonio Misiani (PD), Rosa De Pasquale (PD) e altri ancora.
Si arrivò anche a votare un emendamento congiunto PD-UDC sul ripristino dei 133 milioni, che vide l'opposizione (PD, IDV e UDC) schierata in massa per il SI e la maggioranza per il NO. Il rovesciamento della storia e della logica in un solo emendamento.
Curiosa in questo senso la posizione del dipietrista Cambursano che in Assemblea si lamentò dei tagli alla scuola pubblica e dei 150 milioni previsti contemporaneamente per la privata, salvo poi votare a favore dell'aumento dei fondi per le private. Un capolavoro!
Evidentemente non paghe di questa dimostrazione di doppiogiochismo ben riuscito, le opposizioni parlamentari sono tornate all'attacco. Risalgono al 6 maggio scorso i presentati in Parlamento (uno dell'UDC, uno del PDL, uno dell'IDV e uno del PD), tutti diversi nelle parole usate ma 4 Ordini del Giornoidentici nella sostanza: "il governo si impegni immediatamente a garantire più fondi possibili per le scuole private nella finanziaria 2010" è il concetto comune.
Unica eccezione un manipolo di "eversori" del PD: Maurizio Turco, Rita Bernardini, Marco Beltrandi, Patrizio Mecacci, Elisabetta Zamparutti (Radicali), Maria Antonietta Farina Coscioni (Radicali), Furio Colombo e Anna Paola Concia, accompagnati dai repubblicani ex-PDL Francesco Nucara e Ugo La Malfa, che chiedono, con un quinto OdG, di "escludere oneri per lo Stato nei confronti di enti e privati che istituiscano scuole ed istituti di educazione".
10 soli deputati in difesa della Costituzione. Contro il blocco dei 620 che premono per la sua violazione.
Le mozioni PDL, UDC e IDV sono state approvate a larghissima maggioranza. Bocciate invece quella del PD (che chiedeva il ripristino integrale dei fondi sia per le pubbliche che per le private) e, naturalmente, quella degli "eversori" che chiedevano per le private "niente oneri per lo Stato": 25 favorevoli (23 PD, Nucara e 1 PDL) su 331 presenti.
Quando si dice "lo spirito bipartisan"!
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