Il concetto di padre è una categoria che ha infinite corrispondenze nella vita reale. Esiste il padre biologico, il padre spirituale, il padrino di una cerimonia religiosa e quello di una comunità mafiosa. Esiste perfino il padre di un elemento radioattivo. Ci sono i padri della Chiesa, quelli della Costituzione, c'è il Santo Patrono, il Santo Padre,il Patriarca, il pater familias e il Padre Nostro - che però sta nei cieli.
In ogni caso, a qualsiasi tipo di paternità ci si riferisca, il comune denominatore è l’autorevolezza, la benevolenza, il senso di protezione e una qualità morale superiore. Il padre è la guida, è il modello cui si guarda, il traguardo da raggiungere e superare. E’ il contenitore che delimita e incanala le ambizioni, lo sguardo lungimirante che indica la direzione giusta. L’amministratore delegato è il padre di tutti i dipendenti di un’azienda. Il preside è il padre di alunni, insegnanti e collaboratori scolastici – i bidelli. L’arbitro è il padre di ventidue giocatori e il Presidente della Repubblica è il padre di tutti noi. Da loro ci aspettiamo il buon esempio, la saggezza. Da loro, noi che fummo fatti per viver come bruti, ci attendiamo virtute e conoscenza. Così, a guidare una società devono essere i migliori. Un ministro dell’istruzione pubblica è il Preside di tutti i presidi. Un ministro della giustizia è Giudice di tutti i giudici. La Gelmini, Alfano, La Russa sono come papi all’interno della loro chiesa ministeriale.
L’unico che ha portato rispetto al suo ruolo, bisogna ammetterlo, è stato Berlusconi, che infatti ci ha tenuto molto a farsi chiamare papi. Per il resto, entrare alla Camera o al Senato italiani è come andare al mercato del pesce fresco. Chi si sputa addosso, chi si tira dietro i libri del regolamento, chi lancia grida e insulti all’indirizzo delle persone anziane. I più rispettosi dormono e russano vistosamente quando gli altri parlano.
Se questa è la paternità che i nostri parlamentari sanno esercitare nei confronti dei cittadini italiani, non c’è altra strada che rivolgersi ai servizi sociali – l’Onu -per fargliela immediatamente revocare: dobbiamo immediatamente essere dichiarati popolo in adozione, causa manifesta indegnità paterna. Purtroppo, visto il livello di educazione e civiltà che ci contraddistingue, non sarà facile trovare uno stato ospitante all’interno della Comunità Europea, ma è meglio l'orfanotrofio che essere figli illegittimi dell’unione contro natura tra Ghedini e la nostra Costituzione.
Ecco la testimonianza di Furio Colombo, ex direttore de L’Unità, che mette a confronto due legislature vissute come membro del padre di tutte le istituzioni: il Senato della Repubblica.
FURIO COLOMBO
Roma, 8 luglio 2009 - Notte Bianca
Antonio Padellaro: «Furio Colombo è il grande giornalista che nel 2001 ha dato la possibilità a L’Unità di tornare in edicola!»
Furio Colombo: «Intanto spero che voi sappiate che non sono qui a rappresentare un partito. Sì, sono nel gruppo del Partito Democratico alla Camera, ma sono qui a parlare da me stesso, con voi e per voi. Non rappresento niente altro che ciò che dico, così come ho fatto quando dirigevo l’Unità e anche prima, in tutto il periodo in cui ho fatto il giornalista.
C’è una parola di Antonio che io correggerei quando lui ha lodato il mio equilibrio quando ero direttore de L’Unità. No: ero squilibrato, nel senso che tenevo il giornale fortemente, appassionatamente fuori equilibrio, contro il governo e contro il berlusconismo. Non mi sono mai posto il problema di essere equidistante. E’ una cosa che non concepisco nel giornalismo politico. Mi sono posto il problema di andare sui fatti, e lo abbiamo fatto insieme, di non perdonare nulla, di dire tutto, di interpretarli e di capirli insieme ai nostri lettori, persino quando erano sgradevoli per la sinistra, che avrebbe dovuto essere la sponda ideale del nostro giornale. Lo abbiamo fatto tante volte. Per esempio, una trovata che funzionava, e che spero che Il Fatto rifarà, era che noi, la mattina dopo, prendevamo un articolo, l’inizio di un pezzo di un articolo del Giornale, oppure di Libero - l’abbiamo fatto con tutti i più illustri giornali, compreso il Corriere della SeraCon il mare negli occhi e l’Italia nel cuore, Berlusconi sta iniziando le sue vacanze di lavoro.”. Voi capite la poveretta quando se l’è visto ristampare il giorno dopo? Lei aveva guadagnato un punto importantissimo per la sua carriera, nell’iniziare così un suo articolo, ma sperava con tutto il cuore che nessuno l’avesse visto, tranne l’interessato. L’interessato certamente l’aveva visto, Bonaiuti aveva provveduto a fare la riproduzione gigantografica e gliel’avevano messa davanti… Del resto non ripete lui sempre che la Tatcher gli ha detto “Leggi solo la stampa a te favorevole. Non leggere mai le critiche che altrimenti ti deprimi”? E’ una tipica sindrome da depressione: come dice giustamente Veronica Lario, si dice a qualcuno che non sta bene, di non leggere le cose cattive che lo riguardano. Qualcuno che sta bene, nel migliore dei casi dice “Oh Santo cielo! Mi hanno frainteso. Vediamo un po’ di spiegarmi meglio!”. Il caso che non succede mai, perché non succede né a destra né a sinistra, è quello di dire “Ah! Hanno detto questa cosa? Forse hanno ragione: è meglio che io ci ripensi, è meglio che io riveda quello che ho fatto”. No, con le notizie si arrabbiano tutti. Questo lo abbiamo imparato da allora. - e gli ristampavamo il pezzo. Si infuriavano a rileggersi il giorno dopo. Diventavano matti a vedere quello che avevano scritto, perché era finito il contesto dell’obbligo di scrivere quelle cose. Io mi ricordo ancora la prima vacanza di Berlusconi da premier nel 2001. Non dirò il nome della collega che scrisse quell’articolo, perché sarebbe di cattivo gusto, ma ricordo con esattezza come cominciava il suo articolo. Cominciava così: “
Quello che vi posso dire, e che credo ci debba interessare, è una differenza tra il Parlamento vissuto al tempo di Prodi e il Parlamento vissuto di nuovo adesso al tempo di Berlusconi, in questi due periodi che sono fianco a fianco. Io avevo definito il Senato dei tempi in cui cercavamo disperatamente di mantenere in piedi il Governo di Prodi come il locale peggio frequentato di Roma, perché avevamo una opposizione guidata da quel personaggio equanime ed equidistante che è adesso l’alta carica dello Stato e seconda carica della Repubblica, vicepresidente del Senato, che intonava, per tutti, gli insulti a Rita Levi Montalcini, quando Levi Montalcini votava per sostenere il Governo. Era una situazione in un certo senso affascinante, perché non si arriva a certi eccessi in teatro, di vedere un uomo come Schifani, seconda carica della Repubblica, Presidente del Senato, che guidava il coro di insulti contro il Premio Nobel Rita Levi Montalcini. Però devo dire che con il loro stile, che è veramente uno stile da gran signori – pensate a Gasparri, pensate a La Russa, pensate alla qualità straordinaria di Calderoli – cavolo se facevano opposizione! Non smettevano un istante! Non potevamo lavorare mai. Quelle poche buone idee che Prodi era riuscito a far arrivare fino al Senato si spezzavano sempre di fronte al fatto che loro impedivano che si potesse portare avanti il lavoro. Non si poteva lavorare. Non ho mai lavorato in due anni perché cominciavano a urlare alle nove del mattino, nel momento in cui Scalfari, Montalcini, Ciampi e tutti i Senatori a vita entravano in aula, sapendo che avrebbero votato dalle nove alle nove per il Governo, e finivano alle nove di sera, quando passavano i commessi a ritirare le cartacce perché gli orari prevedevano la chiusura del Senato. Era un Senato nel quale l’allora Presidente Marini ha evitato il librone del regolamento che gli è stato buttato dal Senatore Malan per uno scarto minimo, simile a quello di George Bush quando gli hanno tirato la scarpa. Questo accadeva: tiravano il volume angoloso, spigoloso e pesante del regolamento al Presidente di quella Camera, al Presidente del Senato!
Allora ecco tre fatti straordinari:
- Nessun illustre collega su nessun illustre giornale ha mai raccontato una giornata in Senato della Repubblica quando loro facevano opposizione. Di conseguenza non esiste memoria di come loro facevano opposizione.
- E’ vero che allora noi ci comportavamo con estrema accortezza, perché non dovevamo creare situazioni che potessero peggiorare la tremenda condizione, con un voto solo di maggioranza, con cui si trovava Prodi al Senato. E’ anche vero che ti consigliavano ogni volta di non intervenire neppure per far notare il linguaggio pazzesco che veniva utilizzato, soprattutto nei confronti delle persone più anziane. Io ricordo una sera indecorosa, saranno state le undici o mezzanotte, in cui non si poteva non votare perché altrimenti un Decreto sarebbe scaduto, in cui Rita Levi Montalcini si è alzata per andare in bagno, e ne è nato il commento dei Senatori della destra, molti dei quali sono adesso eminenti membri del Governo.
- Però la terza rivelazione è: se devi fare opposizione falla! Era volgare, perché sono volgari. Era orrenda, perché sono orrendi. Era indecente, perché sono indecenti. Era indecorosa e intollerante, perché sono indecorosi e intolleranti! Io adesso mi trovo in un Parlamento che sembra un chiostro. Tutti in silenzio… Ti alzi per parlare e shhhh, ti fanno cenno… “Giù! Giù! Giù… per carità! Se no fai il loro gioco!”. Fai il loro gioco… Loro, da quando sono stramaggioranza non parlano mai. Non intervengono mai, tranne la Lega, perché la Lega ha un carico di volgarità in più, e se non le scarica prima di sera stanno male…
Quando si è trattato di discutere delle Il chip RFID? Lo invocheremo a gran voce!, che è stato uno dei fatti più gravi della nostra Repubblica, in quell’occasione il Prefetto di Roma, Mosca – ricordiamocelo questo nome, perché ci sono anche i burocrati che vale la pena di ricordare, non soltanto quelli che si battono per la libertà nel giornalismo, nell’attività politica, nel volontariato. Ci sono anche i burocrati… – ha detto “No! Io le impronte digitali ai bambini rom non le prendo, non si fa!”. E ha detto anche le ragioni, che erano ovvie, elementari. Se non sei una carogna, le impronte digitali ai bambini non le prendi perché poi non li cerchi i bambini, non sono imputabili. Se non sono imputabili, tu aggravi la banca dati di dati che non ti serviranno mai, perché non ti metti a cercare un bambino di cinque anni, non ti metti a cercare un bambino di dodici anni. Fin dopo i quattordici anni non lo cerchi proprio, qualunque cosa sia accaduta, perché i bambini non sono imputabili. Bene, il Prefetto di Roma non si è dimesso. Il Prefetto di Roma è stato allontanato dal Ministro dell’Interno, Maroni. E’ il primo caso di Prefetto che ha perso il posto per ragioni politiche dopo il Fascismo. Non è stato raccontato!
E quando mi sono alzato alla Camera per dire che era la prima volta dopo il fascismo che un Prefetto perdeva il posto per ragioni politiche – perché non si è dimesso, è stato rimosso -, la risposta dell’avvocato Brigandì, avvocato in provincia di Bergamo, campione della Lega venuto da Messina – pensate che cosa non si fa per campare –, dopo il grande boato che hanno fatto, come fanno sempre, per iniziare il loro civile dibattito politico, è stata “faccia da culo”, e si è rimesso a sedere. Vi do un dato sull’intonazione politica e sul livello con il quale stiamo lavorando. Devo precisare che non presiedeva Fini, perché Fini non l’avrebbe lasciato passare, per dire le cose come sono. Gli altri quattro vice-presidenti invece lasciano passare di tutto pur di non fermare la loro gente, come dice il deputato Cota, capogruppo della Lega alla Camera. Dice: la nostra gente. Sì, ma se va bene per la nostra gente. Frase tipica che da inizio non alla xenofobia, ma al razzismo. La nostra gente vuol dire che c’è l’altra gente che non è la nostra gente. Frasi di questo genere vengono lasciate passare. In questo caso non c’è stato alcun intervento della Presidenza, che avrebbe dovuto censurare una frase non proprio parlamentare. Non ha importanza: la Lega si comporta sempre così, sapendo che può fare sempre così. §
Ma vi do una notizia, che anche questa i nostri colleghi della stampa non danno, e che troverete su Il Fatto. E’ perché gli altri a destra non parlano mai, non parlano più, non hanno niente da dire. Per questo vi posso dire: una caduta è cominciata!
Vorrei leggervi due paragrafi del New York Times dedicati al nostro uomo, cui si è accennato in un solo telegiornale, il TG3, e di cui nessuno ha approfondito i motivi delle critiche in essi contenuti, e che domani saranno già scomparsi. Sono due paragrafi di un editoriale piuttosto lungo, dedicato a Barack Obama. Il New York Times dice a Barack Obama "per favore prendi in mano il G8 perché altrimenti sarà un disastro”.
Ecco il primo: “L’inescusabile incapacità di pianificazione da parte dell’ospitante Governo italiano ha reso disorientati e deboli anche gli altri leader europei e mondiali che partecipano al G8. Per questa ragione la conferenza non ha alcuna speranza di successo, a meno che la leadership sia tolta all’Italia”. E per Italia si intende Berlusconi. Quindi non si sta parlando male del nostro paese, come si dice. Si sta dicendo al nostro paese: avete una bella disgrazia sulle spalle!
Secondo paragrafo: “La preparazione del G8 è stata assolutamente resa impossibile” – sentite come è bella questa espressione – “dalla puerile vecchiaia del Primo Ministro Berlusconi. Berlusconi ha usato la maggior parte delle sue energie politiche nel Lettera aperta a tutti gli imprenditori a quei giornali che hanno dato notizia delle donne che lui frequenta, e in particolare di quelle che hanno poca e pochi vestiti.”»
Antonio Padellaro: «E’ vero quello che ha detto prima Pancho Pardi. Adesso l’Italia è nelle nostre mani. E’ soltanto nelle nostre mani!»
Fonte articolo
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