25/07/09

No shopping life.

In vacanza si sta meno su Internet, e si leggono più giornali. Per questo sono incappata nell'articolo uscito su Repubblica un paio di giorni fa. Non parla di veline, ma di latte e formaggi. Malgrado l'agricoltura e l'alimentazione siano questioni che tratto spesso, questa mi mancava: pare che i tre quarti del latte UHT in vendita in Italia, e buona parte dei formaggi, siano di provenienza straniera. Ora: non che questo si configuri necessariamente come disgrazia. Anche gli altri Paesi europei hanno le loro belle leggi, ed è inoltre ormai assodato che "italiano" non significhi sempre "puro, onesto e genuino"... tutt'altro.

Ma apprendere che il latte che beviamo viene dalla Lituania, da dove è partito chissà quanto tempo fa, e che le mucche hanno magari mangiato chissà quali mangimi (uh, Chernobyl), e che è stato pastorizzato chissacome, un pochino inquieta. Inquieta ancora di più sapere che formaggi e mozzarelle sono fatti con polverine, caseine, proteine di ancor più ignota provenienza, e che la legge europea consente tutto ciò. Il formaggio si può infatti produrre con sottoprodotti lattieri, trasformati da latte, cagliate e persino (recita la legge) "quant'altro necessita". La Coldiretti lancia i soliti alti lai, fa il solito casino, e pare che qualcosa si muova finalmente. Il Parlamento (come è accaduto in Francia) costringerà ad un'etichettatura un pochino più chiara e potremo nuovamente decidere di mangiare formaggio fatto col latte invece che con la solita monnezza.

Ma attenzione: aspettate a gioire. Ci sono buone possibilità che la UE metta uno stop a tali esotiche pretese, in quanto i formaggi "di puro latte" farebbero concorrenza sleale a quei poveri Paesi che fanno formaggi con pura monnezza e no, questo non si fa, pare brutto, che liberismo è?

Per tornare a noi, la nostra spesa si erode sempre più. Non compriamo ormai più nulla di nulla che sia trasformato industrialmente: niente dolciumi, niente surgelati, niente scatolette, qui si fa tutto in casa (pane, burro, torte, fagioli sgranati, passata di pomodoro, ecc.). Ma il basic è basic, latte uova farina, mica possiamo andare a mietere il grano e a mungere le vacche partendo ogni giorno da Roma Termini o Milano Centrale. Abbiamo provato anche a fare il formaggio in casa, e con un discreto successo, ma buttar via quattro litri di latte Alta Qualità per tirar fuori una formaggetta da tre etti è uno spreco insopportabile.

Lo sappiamo che ci sono i distributori di latte (a ben 20 km da casa mia, ad esempio...), e che a fare il formaggio che ci vuole, e che basta andare dal contadino per avere la verdura, e dal macellaio in Maremma la carne è ok, ma diamine: neanche mia nonna al tempo di guerra impiegava 6 ore al giorno per mettere insieme la cena. La verità è che l'unica soluzione è una no shopping life: comprare poco o nulla, solo roba sicurissima, e cavarsela imparando a cucinarla in vari modi.

Chissà che anche chi ci propina tanta monnezza non si accorga che l'affare sfuma, e decida di sospendere le importazioni da Chernobyl.

Fonte articolo

Stop al consumo di territorio
La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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