06/07/09

Quasi Sgarbi 7

Capita che un assessore del comune di Milano venga allontanato dal suo incarico. Capita che a Salemi, un comune siciliano di undicimila abitanti, qualcuno abbia pensato a lui come futuro sindaco. Capita che questo qualcuno sia il titolare di un curriculum raccapricciante. Capita che il sindaco di Salemi sia oggi Vittorio Sgarbi.

La settimana scorsa, per la rassegna ‘la Milanesiana‘, la sala Buzzati del Corriere ospitava un incontro intitolato ‘I professionisti dell’antimafia’. A trattare il tema di fronte ad una platea di signore e signorine della Milano bene, tra gli altri, Vittorio Sgarbi, fratello della direttrice artistica dell’evento.
In questi anni abbiamo imparato molto sul personaggio. Basterebbe la lettera anonima, letta in televisione senza contraddittorio, che attribuiva a Don Pino Puglisi, vittima di mafia, frasi diffamatorie contro Gian Carlo Caselli. Basterebbero la condanna per diffamazione aggravata o quella per falso e truffa aggravata ai danni dello Stato. Basterebbe conoscerlo, uno così, per avere la decenza di non invitarlo a sproloquiare di antimafia. Purtroppo la sorella Elisabetta (con lui nella foto) deve pensarla diversamente.
Insieme ad Antonio ci sistemiamo in seconda fila. Le hostess distribuiscono notes per prendere appunti. Giovani donne sfogliano copie gratuite del Corriere come fosse la prima volta. La sala è piena, qualcuno rimane in piedi.
Decidiamo che avremmo aspettato il momento delle domande, quando Sgarbi viene avvertito della nostra presenza. Un suo collaboratore ci piantona. Gli amici della questura si dispongono tutti sul nostro lato della sala. Una hostess mi invita a spegnere la telecamera.
Il moderatore cede la parola a Sgarbi, che esordisce raccontando di essere perseguitato da alcuni “seguaci di Grillo o di Travaglio” che lo subissano di invettive non appena nomina Caselli, giustificando così la scelta di approcciare l’argomento da tutt’altra prospettiva.
Ma le bordate non tardano ad arrivare. Siamo testimoni di affermazioni come “io ho più paura dell’antimafia che della mafia”, “la mafia è ormai ridotta a bande disorganizzate”, “I mafiosi non ci sono più perché hanno paura delle intercettazioni”. Dev’essere per questo che vogliono ridimensionarle, le intercettazioni!
Tra balle e parolacce, l’incontro volge al termine. Nonostante le particolari attenzioni che il galoppino di Sgarbi mostra di volerci dedicare, preparo la telecamera e dico ad Antonio di tenersi pronto a filmare ogni cosa.
“Con che faccia parla di mafia avendo uno sponsor come Pino Giammarinaro?”, gli domando portandomi a bordo palco. Sgarbi cambia espressione: “Non è il mio sponsor!”

Prima di continuare, prendiamoci una pausa. Chi è Giuseppe Giammarinaro (foto) detto Pino? Si dice che a volere Sgarbi a Salemi sia stato lui. Si dice che a Salemi non si muova foglia che ‘Giammy’ non voglia. Si dicono molte cose, ma lasciamo perdere e vediamo invece quello che di quest’uomo si sa.
Nella Sicilia dei cugini Salvo, “uomini d’onore della famiglia di Salemi” (Tommaso Buscetta), Pino Giammarinaro è un esponente di spicco della DC andreottiana. Nel corso del processo ad Andreotti, i pm dimostreranno la vicinanza del senatore a vita con i Salvo anche attraverso i suoi rapporti con Giammarinaro.
La magistratura si interesserà a lui già nel 1981, ma i guai seri arrivano negli anni novanta. La Guardia di finanza attribuirà a Giammarinaro la gestione “illecita e personalistica” della Usl di Mazara del Vallo. Patteggerà un anno e dieci mesi per corruzione, concussione, associazione per delinquere e abuso d’ufficio, risarcendo 200 milioni di lire alla USL.
Alle accuse della Guardia di finanza si aggiungono le rivelazioni di numerosi collaboratori di giustizia. Deputato regionale per la DC, sarà accusato di associazione mafiosa dalla D.d.a.. Sceglie la latitanza in terra di Croazia. Verrà poi arrestato e processato, ma la riforma del cosiddetto ‘giusto processo’ lo favorirà clamorosamente. Due pentiti e un imputato non ripeteranno in aula quanto dichiarato durante la fase istruttoria, vanificando così l’impianto dell’accusa. Antonio Ingroia sarà costretto a chiedere l’assoluzione già in primo grado. “Questo processo rappresenta emblematicamente la distanza della verità processuale dalla realtà delle cose”, dirà Ingroia nella sua requisitoria. Ritenuto comunque soggetto pericoloso, il Tribunale di Trapani disporrà quattro anni di sorveglianza speciale e l’obbligo di dimora a Salemi (che tra l’altro non rispetterà).
Nonostante il regime di sorveglianza speciale, Giammarinaro non rinuncia ad una nuova candidatura alle regionali per il Biancofiore. Ma questa volta non ripeterà il successo del 1991.
In un rapporto della squadra Mobile di Trapani, che nel 2008 finisce agli atti della commissione nazionale antimafia sulla sanità trapanese, ritorna il nome dell’ex deputato regionale Giammarinaro, ancora una volta tra i possibili referenti politici del malaffare. Nella medesima relazione si fa il nome del super latitante Matteo Messina Denaro. Insomma, tanta bella gente!

Queste le cose che si sanno sul conto di Pino Giammarinaro. Sgarbi ne è a conoscenza? Ero lì per domandarglielo, nonostante avessi già letto alcune sue dichiarazioni: “I Salvo? Dimenticati. Giammarinaro? Un galantuomo accusato ingiustamente. La nostra presenza a Salemi è stata già più giovevole di vent’anni di antimafia”.
Ma Sgarbi non ha voglia di rispondere. Preferisce urlare: “Ladri, ladri”, “Tu sei mafioso”. Lo Sgarbi di sempre!
Ha inizio la solita bagarre. Sgarbi pretende che ci sia impedito di filmare. Il galoppino piantone allunga le mani e a furia di tirare si impossessa della telecamera. A me e Antonio non rimane che inseguirlo, vessati da Sgarbi, dalla sorella, e dalla Digos che prova a trascinarci fuori. Una giovane accompagnatrice di Sgarbi mi strattona, strozzandomi con la tracolla della mia borsa. “Mollami”, le grido. “Dai, picchiami se hai il coraggio!”, mi risponde lei con gli occhi fuori dalle orbite. Chiedo ad un agente di identificare la squinternata. “Tu non mi dici cosa devo fare”, mi risponde lui mentre mi ’scorta’ verso l’uscita. Cari ragazzi!
La telecamera, priva del grandangolo, è nelle mani del galoppino. Io e Antonio veniamo condotti all’esterno per la consueta identificazione. Passeranno diversi minuti prima di avere notizie. Con tutta calma il sindaco di Salemi prende visione del contenuto della videocassetta. Benissimo!
Ma ecco la sorpresa. Introdotto da Giorgio Grasso, altra vecchia conoscenza dal capello sbarazzino, esce dalla porta proprio lui, Pino Giammarinaro. Ebbene sì, per venire a Milano a dire che la mafia ormai non è più quella di una volta, che la mafia sta nelle pale eoliche grandi come “cazzi di venti metri”, Vittorio Sgarbi preferisce portarsi dietro un pezzo di storia democristiana come Giammarinaro, un tecnico!
Mentre lo guardo ho davanti agli occhi i due anni di latitanza, la sorveglianza speciale, i cugini Salvo in certe foto in bianco e nero. Con aria sprezzante e voce ferma decide di darmi la sua versione della storia. “Io sono stato assolto. E ad assolvermi fu Ingroia, mica una signorina!”. Inutile ricordargli il resto del suo curriculum, non ci sente. Sembra cadere dalle nuvole mentre mi perquisisce con lo sguardo, cercando di capire chi ha di fronte. Il tempo di farmi distrarre da Grasso e Giammarinaro sparisce.

A Salemi qualcuno sostiene che l’Udc locale, corrente Giammarinaro (ce ne sono altre?), negli ultimi mesi abbia preso le distanze dalla giunta di Sgarbi. Complice l’interessamento del sindaco per la pioggia di contributi, “fraudolenti” secondo lo stesso Sgarbi, che da quarant’anni finanzia la ricostruzione del centro storico dopo il terremoto del ‘68 ?
Sgarbi dichiara di voler sanare la situazione. Nel frattempo qualche ammiratore gli recapita la testa mozzata di un maiale. Che lo preferisse quando, meno di un anno fa, dichiarava che la mafia ha perso la capacità di condizionare il potere economico e politico? I maiali non servono. Basterebbe spiegare al sindaco che non si può pretendere di avere la botte piena e la moglie ubriaca!
Che dire? Qui a Milano, dove “la mafia non esiste” (Letizia Moratti), tutto bene: Vittorio ha difeso l’onore di Pino, i galoppini di Vittorio hanno difeso l’onore di Pino, Pino ha difeso l’onore di Pino.
Per me e Antonio passeranno ancora diverse decine di minuti prima di poter recuperare i documenti e i pezzi della telecamera, miracolosamente funzionante.
La cassetta rimane alla Digos, su richiesta di Sgarbi e del suo clan. Il pretesto è la mancata autorizzazione a riprendere l’evento. Ci fanno sapere che Sgarbi non sporgerà denuncia. E vorrei vedere! Noi la sporgeremo? Ci stiamo pensando.

Franz Baraggino

p.s. Il primo che domanda quando metteremo il video su youtube me lo mangio!

Fonte articolo

Stop al consumo di territorio
La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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