Mentre il sindaco di Roma si prepara a dedicargli una via, Walter Veltroni lo ricorda come un sommo statista, un vero innovatore. Un modello da seguire in questi tempi bui. Altro che Berlinguer e la sua fissa sulla questione morale. Ci era già arrivato Piero Fassino.
Sentiamo quel che ha detto ieri, alla presentazione romana del libro di Stefano Rolando, “Una voce poco fa”, commissionato dalla fondazione Craxi, su “politica, comunicazione e media nella vicenda del Psi dal 1976 al 1994″, in presenza della dolce Stefania Craxi, deputata pdl per meriti di sangue.
“Craxi fu grande, interpretò meglio di ogni altro uomo politico come la società italiana stava cambiando”.
“Craxi decise che bisognava cambiare gioco, porre la sinistra di fronte al problema di una nuova leadership”.
“Craxi guidò un partito fluido, moderno, capace di raccogliere anche ciò che non è omogeneo a sé, ma che si unisce attorno a determinate idee”.
L’unico errore degno di nota? Non aver usato il referendum elettorale del 1991 quale “leva per promuovere il bipolarismo”.
E le condanne penali in regolari processi? E le decine di miliardi di tangenti percepite brevi manu o estero su estero in regolari atti di corruzione? E la fuga ignominiosa in Tunisia per sfuggire alla galera? E i decreti su misura che regalarono alla nazione un trentennio di monopolio della tv commerciale, con il concorso esterno del Pci?
Lagne da “giustizialisti”.
La modernità del riformismo in politica è Craxi. Parola di Walter, ex responsabile comunicazione del Pci.
Ma se uno gliene chiede conto a telecamera accesa, magari dopo avergli sentito fare l’elogio dei blog, il buon Walter scappa a gambe levate. In modo fluido, moderno, come sotto una pioggia di monetine.
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