23/08/09

Siete tutti deficienti


Tutti parlano di libertà. Chi perché va di moda, chi per sembrare liberale. La libertà non è qualcosa che si ha, ma qualcosa che è. Dove c’è gerarchia, dove c’è chi decide e chi esegue, non ci può essere libertà. Viceversa, dove chiunque può dire quello che vuole, dove chiunque può leggere e ascoltare chi gli pare, allora la libertà emerge, appare spontanea come all’alba la rugiada sulle foglioline.
Internet è la libertà, ma chi è abituato alle correnti politiche, alle strategie, agli opportunismi, chi è stato educato ad una concezione strumentale dell’informazione, come parte della catena di potere che dai vertici si propaga verso il basso, giù nella melma, fino al popolo, colonia di larve cui va centellinata una conoscenza premasticata, predigerita, priva di rischi, chi crede di avere un mandato divino a discriminare tra notizie buone e notizie cattive, la libertà proprio non la riesce a tollerare.

Per Gianni Riotta, abituato com’è al culto del megafono, alla relazione uno a molti, al mito del predicatore e della comunicazione unilaterale, questa rete che da a tutti la possibilità di esprimersi proprio non va giù. Se non c’è più qualcuno che ha il monopolio dell’informazione, di quale marionetta il burattinaio dovrà tirare le fila? Troppe le marionette, troppo pochi i burattinai: è un mondo spaventoso, per il povero Gianni, che proprio in rete decide un’improvvida sortita, aprendo un blog, ma batte in ritirata appena si rende conto che qui da noi non è come in tivvù!

«Sono stato il primo giornalista italiano ad aprire un blog, sono stato il primo giornalista italiano a chiuderlo. Non so di quale delle due cose io vada più fiero. Forse della seconda. Si è molto inaridito il linguaggio del blog, questi diari su internet che la gente tiene. E' come se andassimo verso un mondo dove ci sono 6 miliardi di abitanti, e 6 miliardi di blog. Ognuno si scrive il suo. Io mi scrivo il mio, voi vi scrivete il vostro e non ci leggiamo più. E' una relazione assolutamente monogamica.»

C’è da capirlo. E’ mai possibile che uno debba stare a confrontarsi con ogni singolo cittadino su qualsiasi questione? Andiamo: a un certo punto la verità va stabilita. Se non c’è, se non è così chiara, se ne decreta una, la si diffonde, e per favore tacete. Che quando parlate, manifestate tutta la vostra ignoranza.

«Andate su qualunque sito di qualunque giornale italiano: il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Libero. Guardate i commenti dei lettori: sono tutti deficienti. Sono commenti scemi, perché l'anonimato tira fuori il peggio in ognuno di noi, come quelli che vanno al bagno nella stazione e scrivono quello che pensano. Questo è il rischio enorme di internet, che è diventato una specie di grande camera oscura dove, siccome non sei responsabile di quello che dici, tiri fuori il peggio di te, usi la pancia anziché la testa. Si è molto abbassato il livello del dibattito. Dopodiché internet è straordinaria. Se ti viene in mente di leggere una cosa, ad esempio a Cortina, non avete il libro, non avete il documento, andate su internet: dopo 15/20 secondi lo avete sullo schermo, e questo è rimasto un fatto di liberazione straordinaria.»

Per Gianni Riotta, internet è straordinaria perché se cerchi un documento ti compare in 15 secondi. La rete va bene come archivio, ma utilizzare i dati ivi contenuti è altro. Ha ragione. Vanno elaborati in una versione opportuna e vantaggiosa, vanno sottoposti al committente, vanno raffinati, semmai corretti, approvati e infine diffusi, sparsi sopra i cieli di città e paesi, lanciati da un velivolo che sorvola i centri abitati a bassa quota. Il popolo deve raccogliere, leggere, mandare a memoria e sentirsi rassicurato, che va tutto bene. Non deve mettere becco nelle cose che non capisce. Per discutere di un’informazione c’è bisogno di una licenza, un bollo papale, un decreto regio che certo non viene rilasciato al volgo. Il panem et circenses, gentilmente concesso dall’oligarchia di governo, è più che sufficiente per condurre una vita tranquilla e al riparo dal peccato mortale del desiderio di conoscenza, la presuntuosa fame di sapere che già una volta precipitò l’angelo più bello nelle fiamme dell’inferno, e Adamo giù dai boccaporti del Paradiso Terrestre.

Riotta dice che internet è una grande camera oscura, il luogo degli anonimi che scrivono sui bagni della stazione, dove nessuno è responsabile di quello che dice e dove si usa la pancia anziché la testa. Ancora una volta ha ragione. Invece il TG1, la webcam personale del Presidente del Consiglio e del Papa, non è la grande camera oscura dove si sviluppano fotomontaggi convenienti. Non è il luogo dell’anonimato per eccellenza, dove si nominano direttori fantasma che non si assumono nessuna responsabilità delle notizie, in quanto non sono loro a deciderle. Non è una grande latrina dove le notizie scomode vengono gettate, smembrate con lo spazzolone e fatte defluire con una tirata dello sciacquone. E soprattutto, non è il luogo dove si usa la pancia: infatti non sono né la pancia né tantomeno la testa a farla da protagonista, ma quella parte del corpo più naturalmente esposta quando si vive e si lavora perennemente disposti a 90 gradi. Ho un vuoto di memoria, non ricordo come si chiama…

Ma la vera natura del Riotta pensiero circa l’utilità di internet, per fortuna, viene svelandosi via via che la lectio magistralis prosegue.

«Mio padre mi prendeva sempre in giro, negli anni del boom di internet. Mi diceva: "io non capisco. Quando nessuno parlava di questa internet, tu parlavi di internet. Adesso tutti hanno fatto i soldi con internet, ma proprio tutti tutti tutti, e tu sei l'unico che non ha fatto i soldi con internet"».[ndr: No, Riotta: siamo in due. Ma tu almeno li hai fatti in un altro modo.]

Tutto nella vita è merce. La merce si scambia ed ha un valore. Internet ha valore solo quando la si può mercificare. Del resto, anche la conoscenza, l’informazione è una merce. E una merce la confezioni a seconda del compratore. E’ un concetto così naturale per il buon Riotta… E del resto, per fare il direttore di una grossa testata, oggi devi essere un abile mercante. Ci vuole stoffa. Devi saper vendere quella di buona fattura, e contrabbandare quella contraffatta.

Un giornalista presente in sala è in vena di scherzi. Rivolgendosi all’ex direttore del TG1 gli pone una domanda cui l’animale politico dall’esoscheletro corazzato, che ha soffocato nella culla ogni residuo di spontaneità, ovviamente non risponde. Un giornalista che non risponde a una domanda che gli fa un altro giornalista. Con quale coraggio farà a sua volta domande scomode ai suoi intervistati? E infatti le domande sono una specie in via d’estinzione.

Domanda: «Come valuta il comportamento di Minzolini come direttore del TG1 nei giorni incandescenti in cui stava esplodendo lo scandalo Berlusconi? Lei si sarebbe comportato diversamente?»

Risposta: «Mi creda, non mi prenda per reticente. Io ho sofferto in varie fasi della mia vita della petulanza di chi stava a misurare il mio lavoro con il centimetro, e non voglio peccare della stessa mancanza di rispetto che ho subito perché, se posso fare una critica, è molto italiano, quando si subisce una cosa, dire "ah... fai schifo", e poi quando la si può restituire, restituirla elegantemente. Io amo molto il pubblico del TG1, ho rapporti di affetto e di rispetto fraterno per la redazione del TG1 e auguro al suo nuovo direttore ogni fortuna. Se poi lei mi chiede qual è la mia filosofia del giornalismo, le rispondo con le parole del mio grande maestro Ugo Stille, che era da poco arrivato al Corriere della Sera. Il Corriere della Sera come tutti i giornali italiani è popolato da una specie molto italiana, che è il furbo, e peggio ancora il suo scudiero, che è il furbetto. Il furbo mandò il furbetto da Stille. C'era il congresso di un partito e lui aveva la fama di essere americano, di capire poco di politica italiana come io ho la fama di essere americano e di capire poco di economia - nel mio caso è vero, nel suo non era vero. E allora il furbo mandò il furbetto da Stille che gli chiese: "Direttore, quale è la linea politica del giornale sul Congresso del Partito vattelapesca?". Stille scosse la cenere della pipa, non mosse i piedi dalla scrivania e disse, allargando le braccia: "Dare notizie". E mentre il furbetto, che capì di essere stato massacrato, piano piano usciva verso la porta, facendosi piccolo piccolo, affrettandosi per uscire, Stille gli puntò il dito, con quei suoi occhi intelligenti che mi mancano tantissimo, e disse: "Dare tutte le notizie".
Quindi la mia filosofia giornalistica è veramente banale, ed è copiata dai grandi maestri: dare le notizie, dare tutte le notizie

Quasi tutte, caro Gianni, quasi tutte. Non eri tu che il 25 aprile 2008, quando centinaia di migliaia di persone si riunirono in piazza San Carlo, a Torino, dedicasti tre minuti alle traversie dell’orango Petronilla dello zoo di Roma, e neppure un secondo a tutti questi tuoi connazionali che manifestavano il loro pensiero?

Ah già, dimenticavo: erano tutti deficienti anche loro.

Fonte articolo

Stop al consumo di territorio
La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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