Le ragioni degli Stati Uniti, però, non hanno convinto la Cina. Che, come scrive oggi il Financial Times, ha lanciato un monito durissimo dal sapore - non tanto vago - di minaccia. Il ministro per il Commercio, Chen Deming ha detto chiaro e tondo che questi dazi sono “un grave atto di protezionismo”. Che viola “non solo le regole dell’Organizzazione per il comercio mondiale (WTO), ma contravviene anche agli impegni presi all’ultimo G20″ di aprile a Londra. E che comunque sia si tratta di una decisione che “manda il segnale sbagliato” in un momento in cui Washington e Pechino dovrebbero invece lottare insieme per sconfiggere la peggior crisi economica dal 1929 ad oggi. Insomma: venti di guerra. Per ora solo commerciale, s’intende. Ma che a quindici giorni dal nuovo G20 di Pittsburgh - quello che teoricamente doveva vedere tutte le potenze mondiali schierate per risollevare le sorti dell’economia mondiale - non preannuncia nulla di buono.
14/09/09
Dacci oggi il nostro dazio quotidiano - La Pillola rossa del 14/9/2009
Prima è stata la volta dei tubi. Poi dei pneumatici. E, alla fine, Pechino non c’ha visto più. Mercoledì scorso il dipartimento del commercio degli Stati Uniti ha annunciato una mini-rivoluzione: la Cina per esportare tubi di acciaio negli Usa dovrà pagare dazi preliminari compresi tra il 10,9 e il 30,69 per cento. E il presidente Barack Obama - due giorni dopo (venerdì) - ha completato, di suo pugno, l’opera. Firmando un altro provvedimento che calerà come una mannaia sulle gomme di fabricazione cinese. Pechino dovrà sborsare, in questo caso, un dazio pari a ben il 35% (prima era solo del 4%). Dazi pesanti. Ma comprensibili alla luce di alcuni numeretti, riportati oggi dal Financial Times. Tra il 2006 e il 2008 le esportazioni di tubi di acciaio cinesi in Usa sono aumentate del 203%. Mentre le vendite di gomme made in Pechino negli utlimi anni sono addirittura (quasi) quadruplicate (dai 14,6 milioni di pezzi del 2004 ai 46 milioni di pezzi del 2008). Risultato: secondo i sindacati a stelle e strisce, la concorrenza cinese avrebbe fatto perdere il lavoro a ben 7000 cittadini degli Usa solo nel settore pneumatici.
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