Repubblica, Daily Mail, L'Espresso, El Pais, L'Unità, Nouvel Observateur, Antonio Di Pietro, Nichi Vendola, Unione Europea, Malta, Chiesa Cattolica, l'Avvenire, Annozero, Raitre, Rainews24, Liberation, Guardian, Financial Times, Marco Travaglio, Luciana Littizzetto.
Sono questi i protagonisti di un complotto dalla portata europea ed internazionale ai danni del premier, del suo esecutivo e dei suoi colleghi di partito. Sono questi gli autori di una cospirazione degna dei migliori legal thriller di John Grisham o delle spy story di John Le Carrè.
O forse, più semplicemente, sono questi gli obiettivi dichiarati del premier, dei suoi sottoposti di partito e dei suoi eclettici legali tuttofare, impegnati in un interminabile andirivieni tra le aule di tribunale e quelle di Montecitorio.
L'autunno caldo che giunge inesorabile alle porte di questo rovente settembre ha cominciato a presentare il suo biglietto da visita. Un biglietto da visita in formato A4 e ricco di tante curiose pagine dattiloscritte che assume due soli significati, molto simili tra loro: "querela" e "risarcimento danni".
Due significati talmente simili che sarebbe meglio tradurli entrambi come "attacco alla libera informazione".
Le camere riapriranno i battenti il 14 (Camera) e il 16 (Senato) settembre. Ancora due settimane di ferie per i nostri rappresentanti in Parlamento. Che potranno cimentarsi in tante nuove divertenti ed inaspettate querele a danno di quotidiani nazionali ed esteri e di rappresentanti politici poco cortesi.
Dopodiché tornerà a fare capolino il duro lavoro di amministrazione del paese e lì il tempo per querele e procedimenti civili di risarcimento danni rischierà di sparire del tutto.
Lo sterminato via vai di querele che sta intasando l'intero paese ha avuto origine nel modo più strano possibile.
Tutto è nato con un "vaffanculo".
Quel famoso ed improvviso epiteto lanciato da Vendola al termine di una dura contestazione verbale alle critiche di un Gasparri senza ritegno. Un vaffanculo che Gasparri non udì nel corso della puntata incriminata di Ballarò, ma di cui fu presumibilmente messo al corrente il giorno successivo.
Gasparri pretese scuse ufficiali dal governatore pugliese, che rispose rifiutando di scusarsi con qualcuno "che usa le parole come corpi contundenti per difendere il proprio ruolo di maggiordomo".
Ed ecco pronto, servito, il piatto per la prima querela.
Il capogruppo del PDL alla Camera è riuscito ad essere immediatamente fonte di ispirazione per sé stesso, arrivando a lanciare pochi giorni dopo una seconda querela ai danni del giornalista di Repubblica Giovanni Valentini, reo di aver scritto che i due senatori del PDL Butti e Fasano lavorassero ai servigi di Gasparri (definito ex ministro, capogruppo e capo manipolo), relativamente alla vicenda delle nomine RAI.
Un'accusa feroce, terribile, che non poteva restare impunita.
Non passano nemmeno 4 giorni e nel club dei querelatori facili entra Denis Verdini, coordinatore nazionale del PDL, che accusa nuovamente Repubblica, responsabile questa volta della pubblicazione di un articolo di Alberto Statera su presunti interessi congiunti tra Verdini ed il sindaco di Firenze Matteo Renzi e sui legami dei due con la massoneria.
Era il 1° giugno. Passano due mesi di relativa tranquillità giudiziaria. Gli stimoli di rivalsa legale sembrano quietarsi. Invece si trattava del più classico canto del cigno.
Il 6 agosto l'altro capogruppo del PDL, quello al Senato, Fabrizio Cicchitto, querela L'Espresso per aver pubblicato il memoriale della moglie del collega Sabatino Aracu che lo coinvolge nel caso "sanitopoli" abruzzese (in realtà il suo nome nella vicenda era stato fatto da alcuni testimoni-indagati un anno prima nel disinteresse dell'informazione nazionale). E' la scintilla che scatena la fiamma "Niccolò Ghedini".
Dal 7 agosto al 12 agosto Ghedini rinuncia alle proprie ferie estive e si dedica alla stesura di un numero notevole di missive legali; le vittime vanno da Repubblica, L'Espresso, Daily Mail ed El Pais, colpevoli delle pubblicazioni di Zappadu su Villa Certosa, al Nouvel Observateur, colpevole di lesa maestà per la pubblicazione di un articolo al vetriolo dal titolo "Sesso, potere e menzogne" sulle vicende politiche italiane.
Anche quello era solo un antipasto. Un assaggino della massiccia campagna di denuncia contro la "disinformazione nazionale" lanciata da Sua Maestà di questi giorni (una denuncia che ha lo stesso senso che avrebbe avuto una denuncia fatta da Stalin alla Pravda per giornalismo servile e poco obiettivo).
E così arriviamo alla citazione per danni (1 milione di euro) di Repubblica per le celeberrime 10 domande poste da Giuseppe D'Avanzo, una delle campagne giornalistiche meno mordaci nella storia del giornalismo italiano (soprattutto se confrontate con straordinarie inchieste di D'Avanzo come quelle sul "Nigergate", sul caso "Abu Omar" o su quello dello spionaggio illegale "Telecom-Sismi"), ma sufficienti per il capo del governo per chiedere un cospicuo risarcimento economico.
E a quella per 2 milioni di euro chiesta a L'Unità, alla direttrice Concita De Gregorio, alla scrittrice Silvia Ballestra e alle firme Natalia Lombardo, Federica Fantozzi, Maria Novella Oppo, tutte colpevoli del trattamento poco servizievole riservato al premier sullo scandalo prostitute e di aver riportato alcune battute di Luciana Littizzetto.
Che vanno bene, fortunatamente, se dette in tv su Raitre, ma non se riportate in un articolo di quotidiano.
Tra le due non poteva mancare, ovviamente, la querela annunciata contro l'onorevole Antonio Di Pietro, reo di aver dichiarato sui patti italo-libici: "Gli accordi con la Libia portano vantaggi solo alle sue saccocce e a quelle dei suoi amici imprenditori i quali vanno a fare affari in Libia alle spalle della credibilità del nostro Paese, alle spalle dei cittadini e di tante persone che vengono trattate come animali dal rais di Tripoli".
Una condizione di querelato che lo lega, involontariamente, proprio all'uomo a cui sta tentando di impedire la ri-candidatura, il protagonista dell'ultima querela.
A chiudere (perché ogni storia che si rispetti, anche quella più grottesca e meno veritiera, merita un finale) torna difatti prepotente l'inconsapevole motore del tormentone estivo 2009: il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, querelato quest'oggi da Raffaele Fitto, perché definito sulle colonne di El Pais, assieme a Tato Greco e Tarantini, "figli di papà senza la minima cultura istituzionale, che hanno realizzato una costante relazione con le donne, il potere e la Chiesa per occupare il territorio. Formano la cupola di una criminalità da colletto bianco che ha sostituito la mafia".
Per quanto riguarda L'Unità, il legale romano di Berlusconi, Fabio Lepri, contesta, tra le altre cose, l'insinuazione dell'impotenza del premier per alcuni riferimenti all'uso di Viagra. In molti si stanno chiedendo quali performances potrà regalarci Silvio Berlusconi in aula di tribunale quando dovrà dimostrare la non sussistenza di tali illazioni.
C'è solo da sperare che il procedimento si svolga a porte aperte.
PS: Colgo l'occasione per gridare il più forte, rispettoso ed ammirevole addio ad una persona straordinaria. Per esprimere la profonda tristezza per una grande perdita. Di quelle che si sentono poco in tv, ma molto di più nel cuore di chi per anni ed anni ha dedicato la propria vita a curare donne, uomini, anziani e bambini che hanno avuto la sola colpa di nascere e vivere in zone di guerra.
Una perdita incolmabile per chi, grazie a lei e all'intera straordinaria Emergency, ha potuto continuare a vivere.
A Teresa Sarti Strada.
Sono questi i protagonisti di un complotto dalla portata europea ed internazionale ai danni del premier, del suo esecutivo e dei suoi colleghi di partito. Sono questi gli autori di una cospirazione degna dei migliori legal thriller di John Grisham o delle spy story di John Le Carrè.
O forse, più semplicemente, sono questi gli obiettivi dichiarati del premier, dei suoi sottoposti di partito e dei suoi eclettici legali tuttofare, impegnati in un interminabile andirivieni tra le aule di tribunale e quelle di Montecitorio.
L'autunno caldo che giunge inesorabile alle porte di questo rovente settembre ha cominciato a presentare il suo biglietto da visita. Un biglietto da visita in formato A4 e ricco di tante curiose pagine dattiloscritte che assume due soli significati, molto simili tra loro: "querela" e "risarcimento danni".
Due significati talmente simili che sarebbe meglio tradurli entrambi come "attacco alla libera informazione".
Le camere riapriranno i battenti il 14 (Camera) e il 16 (Senato) settembre. Ancora due settimane di ferie per i nostri rappresentanti in Parlamento. Che potranno cimentarsi in tante nuove divertenti ed inaspettate querele a danno di quotidiani nazionali ed esteri e di rappresentanti politici poco cortesi.
Dopodiché tornerà a fare capolino il duro lavoro di amministrazione del paese e lì il tempo per querele e procedimenti civili di risarcimento danni rischierà di sparire del tutto.
Lo sterminato via vai di querele che sta intasando l'intero paese ha avuto origine nel modo più strano possibile.
Tutto è nato con un "vaffanculo".
Quel famoso ed improvviso epiteto lanciato da Vendola al termine di una dura contestazione verbale alle critiche di un Gasparri senza ritegno. Un vaffanculo che Gasparri non udì nel corso della puntata incriminata di Ballarò, ma di cui fu presumibilmente messo al corrente il giorno successivo.
Gasparri pretese scuse ufficiali dal governatore pugliese, che rispose rifiutando di scusarsi con qualcuno "che usa le parole come corpi contundenti per difendere il proprio ruolo di maggiordomo".
Ed ecco pronto, servito, il piatto per la prima querela.
Il capogruppo del PDL alla Camera è riuscito ad essere immediatamente fonte di ispirazione per sé stesso, arrivando a lanciare pochi giorni dopo una seconda querela ai danni del giornalista di Repubblica Giovanni Valentini, reo di aver scritto che i due senatori del PDL Butti e Fasano lavorassero ai servigi di Gasparri (definito ex ministro, capogruppo e capo manipolo), relativamente alla vicenda delle nomine RAI.
Un'accusa feroce, terribile, che non poteva restare impunita.
Non passano nemmeno 4 giorni e nel club dei querelatori facili entra Denis Verdini, coordinatore nazionale del PDL, che accusa nuovamente Repubblica, responsabile questa volta della pubblicazione di un articolo di Alberto Statera su presunti interessi congiunti tra Verdini ed il sindaco di Firenze Matteo Renzi e sui legami dei due con la massoneria.
Era il 1° giugno. Passano due mesi di relativa tranquillità giudiziaria. Gli stimoli di rivalsa legale sembrano quietarsi. Invece si trattava del più classico canto del cigno.
Il 6 agosto l'altro capogruppo del PDL, quello al Senato, Fabrizio Cicchitto, querela L'Espresso per aver pubblicato il memoriale della moglie del collega Sabatino Aracu che lo coinvolge nel caso "sanitopoli" abruzzese (in realtà il suo nome nella vicenda era stato fatto da alcuni testimoni-indagati un anno prima nel disinteresse dell'informazione nazionale). E' la scintilla che scatena la fiamma "Niccolò Ghedini".
Dal 7 agosto al 12 agosto Ghedini rinuncia alle proprie ferie estive e si dedica alla stesura di un numero notevole di missive legali; le vittime vanno da Repubblica, L'Espresso, Daily Mail ed El Pais, colpevoli delle pubblicazioni di Zappadu su Villa Certosa, al Nouvel Observateur, colpevole di lesa maestà per la pubblicazione di un articolo al vetriolo dal titolo "Sesso, potere e menzogne" sulle vicende politiche italiane.
Anche quello era solo un antipasto. Un assaggino della massiccia campagna di denuncia contro la "disinformazione nazionale" lanciata da Sua Maestà di questi giorni (una denuncia che ha lo stesso senso che avrebbe avuto una denuncia fatta da Stalin alla Pravda per giornalismo servile e poco obiettivo).
E così arriviamo alla citazione per danni (1 milione di euro) di Repubblica per le celeberrime 10 domande poste da Giuseppe D'Avanzo, una delle campagne giornalistiche meno mordaci nella storia del giornalismo italiano (soprattutto se confrontate con straordinarie inchieste di D'Avanzo come quelle sul "Nigergate", sul caso "Abu Omar" o su quello dello spionaggio illegale "Telecom-Sismi"), ma sufficienti per il capo del governo per chiedere un cospicuo risarcimento economico.
E a quella per 2 milioni di euro chiesta a L'Unità, alla direttrice Concita De Gregorio, alla scrittrice Silvia Ballestra e alle firme Natalia Lombardo, Federica Fantozzi, Maria Novella Oppo, tutte colpevoli del trattamento poco servizievole riservato al premier sullo scandalo prostitute e di aver riportato alcune battute di Luciana Littizzetto.
Che vanno bene, fortunatamente, se dette in tv su Raitre, ma non se riportate in un articolo di quotidiano.
Tra le due non poteva mancare, ovviamente, la querela annunciata contro l'onorevole Antonio Di Pietro, reo di aver dichiarato sui patti italo-libici: "Gli accordi con la Libia portano vantaggi solo alle sue saccocce e a quelle dei suoi amici imprenditori i quali vanno a fare affari in Libia alle spalle della credibilità del nostro Paese, alle spalle dei cittadini e di tante persone che vengono trattate come animali dal rais di Tripoli".
Una condizione di querelato che lo lega, involontariamente, proprio all'uomo a cui sta tentando di impedire la ri-candidatura, il protagonista dell'ultima querela.
A chiudere (perché ogni storia che si rispetti, anche quella più grottesca e meno veritiera, merita un finale) torna difatti prepotente l'inconsapevole motore del tormentone estivo 2009: il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, querelato quest'oggi da Raffaele Fitto, perché definito sulle colonne di El Pais, assieme a Tato Greco e Tarantini, "figli di papà senza la minima cultura istituzionale, che hanno realizzato una costante relazione con le donne, il potere e la Chiesa per occupare il territorio. Formano la cupola di una criminalità da colletto bianco che ha sostituito la mafia".
Per quanto riguarda L'Unità, il legale romano di Berlusconi, Fabio Lepri, contesta, tra le altre cose, l'insinuazione dell'impotenza del premier per alcuni riferimenti all'uso di Viagra. In molti si stanno chiedendo quali performances potrà regalarci Silvio Berlusconi in aula di tribunale quando dovrà dimostrare la non sussistenza di tali illazioni.
C'è solo da sperare che il procedimento si svolga a porte aperte.
PS: Colgo l'occasione per gridare il più forte, rispettoso ed ammirevole addio ad una persona straordinaria. Per esprimere la profonda tristezza per una grande perdita. Di quelle che si sentono poco in tv, ma molto di più nel cuore di chi per anni ed anni ha dedicato la propria vita a curare donne, uomini, anziani e bambini che hanno avuto la sola colpa di nascere e vivere in zone di guerra.
Una perdita incolmabile per chi, grazie a lei e all'intera straordinaria Emergency, ha potuto continuare a vivere.
A Teresa Sarti Strada.
Fonte articolo
Nessun commento:
Posta un commento
Visto lo spam con link verso truffe o perdite di tempo i commenti saranno moderati. Se commenti l'articolo sarà pubblicato al più presto, se invece vuoi lasciare link a siti porno o cose simili lascia perdere perdi solo tempo.