25/09/09

Se chi calcola la disoccupazione rimane disoccupato

Ironia della sorte. Anche chi calcolava il tasso di disoccupazione rischia di rimanere disoccupato. Pare un gioco di parole. E invece è la realtà. Nuda e cruda. Da ieri, infatti, è ufficiale: l’Istituto nazionale di statistica - insomma, l’Istat - ha deciso di affidare la rilevazione dei dati sulla occupazione a una società privata. La Ipsos di Nando Pagnoncelli, sondaggista noto soprattutto per le sue comparsate in tivù. Risultato: 317 precari dell’Istat - che per 7 anni, con un bel contratto co.co.co, hanno scandagliato l’universo disoccupazione - rischiano di trovarsi pure loro in mezzo a una strada.

La notizia, però, non ha fatto notizia. Per esempio: La Repubblica”, oggi, ha piazzato gli esperti di disoccupazione (semi)disoccupati nelle solite pagine dell’Economia (lontano da prima pagina e titoloni). E anche gli altri giornali - da “La Stampa” a il nuovissimo “Il Fatto” - di fronte a questi licenziamenti dal sapore beffardo, non hanno fatto nemmeno un plissè. Peccato. Perchè i 317 (ormai ex) co.co.co avrebbero meritato più spazio. E più di un editoriale. Perchè? Beh, perchè - e perdonate questa sfilza non voluta di “ione” - l’esternalizzazione della rilevazione della disoccupazione sa tanto di ritorsione. E di allergia ai numeri. Oltre che alla realtà.

Per gli smemorati: a giugno, Berlusconi e il ministro delle Finanze, Giulio Tremonti non avevano affatto gradito una infornata di dati negativi, forniti tra gli altri proprio dall’Istat. La crisi economica infuriava - questo era il loro ragionamento - e diffondere certi numeri “disfattisti” poteva turbare il sonno degli italiani. Tremonti, per tutta risposta, aveva preso di mira i 317 lavoratori di cui sopra, dicendo urbi et orbi: «Sapete come fanno le statistiche? Hanno un campione di 1.000 persone. Fanno le telefonate e chiedono: sei disoccupato? La risposta: vai a quel paese. Scrivono: molto disoccupato. Non si capisce e non si governa così un Paese». Uno schiaffo. Cui era seguito subito un secondo affondo. A luglio, anche il ministro per le Attività produttive, Claudio Scajola aveva pensato bene di non far mancare il suo buffetto all’Istat, lamentando sempre il fatto che dare troppi statistiche sulla situazione economica era “male”. Di lì a poco - per la precisione il 4 luglio - “La Repubblica” dava un’altra notizia che lasciava interdetti: all’Istat, in quel momento, mancavano i soldi perfino per fare alcuni censimenti.

A parole e segnali, sono seguiti i fatti. Ad agosto all’Istat è arrivato un presidente nuovo di zecca (Enrico Giovannini). E ora quei 317 “che-non-sigoverna-un-Paese-così” rischiano - molto democraticamente - di finire “vaporizzati” dagli organici dell’Istituto di statistica.

Va da sè che d’ora in poi Istat e Ipsos continueranno a fare il loro lavoro in maniera serena e soprattutto imparziale. Che insinuare che ci sia un tentativo di addomesticare le statistiche sia bieco e ingiusto. Che anche solo l’accostare la “vaporizzazione” dei 317 co.co.co alle ire di Berlusconi e Tremonti sia da annoverare nella categoria “basse insinuazioni”. Ma se - per un caso della vita - non fosse così, beh, sappia Berlusconi che il suo è stato un eccesso di zelo.

Causa crisi, solo questa settimana, in giro per il mondo: Lufthansa ha deciso di tagliare i dipendenti di un 15% entro il 2012 e Land Rover ha annunciato l’intenzione di chiudere un intero stabilimento (in Gran Bretagna). Solo ieri, in Italia: la Hewlett Packard ha “minacciato” di licenziare 130 persone in tutto il Belpase; e pare che la Global display solutions, ne voglia lasciare a casa altrettanti in Veneto (causa delocalizzazione); e la lista sarebbe ancora lunga. Ma nessuno - nessuno dei grandi giornali italiani (per tacere dei telegiornali) - ne ha fatto una tragedia. Ovvero e tradotto: ha dato grande risalto alla cosa. Anche perchè, chi più e chi meno, tutti i grandi quotidiani italiani hanno editori che tengono famiglia, cioè che posseggono e fanno i soldi con altre aziende. E magari pure lì bisognerà licenziare. E anche perchè, chi più e chi meno, tutti i grandi quotidiani italiani hanno inserzionisti pubblicitari - due nomi a caso: Lufthansa o Hewlett Packrad - che magari stanno licenziando. E non vogliono troppo farlo sapere in giro.

Insomma: inutile uccidere i dati (e quindi le notizie) nella culla. In campo economico - per ora - i giornali (sempre per non parlare dei telegiornali) riescono benissimo ad autocensurarsi da soli.

Fonte articolo

Stop al consumo di territorio
La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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