Non sarà più reato aiutare a togliersi la vita un malato terminale o comunque affetto da un male incurabile. Londra si appresta a varare delle linee guida per regolamentare la delicata materia del suicidio assistito. Il contenuto del regolamento sarà reso noto questa settimana dal consigliere della regina Keir Starmer e sarà applicabile alla sola Inghilterra e Galles.
Non si tratterà di una nuova legge, ma dell'interpretazione di normative già esistenti.
Fonte
Luciana P. Pellegreffi
Non si tratterà di una nuova legge, ma dell'interpretazione di normative già esistenti.
L'obiettivo è quello di indicare quali comportamenti sono perseguibili - o maggiormente suscettibili di esserelo - e quali no, con il fine di depenalizzare di fatto l'assistenza al suicidio, distinguendo il ruolo di chi semplicemente si mette al servizio di un malato determinato a non vivere più da quello di "organizzatore" della morte di una persona "sensibile a manipolazione". La pubblica accusa comunque interverrà nei casi in cui chi presta assistenza al suicidio possa aver ottenuto un vantaggio economico in conseguenza della morte della persona coinvolta.
Dal 1961 nel Regno unito il suicidio assistito è considerato un reato, punibile con una condanna fino a 14 anni di reclusione. Ma non è mai accaduto che la pubblica accusa perseguisse quanti - al di fuori dei confini nazionali - prestavano assistenza a cittadini britannici decisi a mettere fine alle proprie sofferenze: nell'ultimo decennio sono stati più di un centinaio. Il chiarimento - previsto per mercoledì prossimo - è stato sollecitato dal caso di una donna, Debbie Purdy, che aveva interpellato i giudici per avere la certezza che il marito non sarebbe stato perseguito se l'avesse aiutata a recarsi all'estero per morire.
Dal 1961 nel Regno unito il suicidio assistito è considerato un reato, punibile con una condanna fino a 14 anni di reclusione. Ma non è mai accaduto che la pubblica accusa perseguisse quanti - al di fuori dei confini nazionali - prestavano assistenza a cittadini britannici decisi a mettere fine alle proprie sofferenze: nell'ultimo decennio sono stati più di un centinaio. Il chiarimento - previsto per mercoledì prossimo - è stato sollecitato dal caso di una donna, Debbie Purdy, che aveva interpellato i giudici per avere la certezza che il marito non sarebbe stato perseguito se l'avesse aiutata a recarsi all'estero per morire.
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Luciana P. Pellegreffi
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