Il giorno in cui la Consulta dichiarò incostituzionale il Lodo, eccependo numerose e reiterate violazioni degli articoli della Costituzione, sembrava essersi aperta una nuova fase per la giustizia e per la politica italiana.
Lo smembramento, avvenuto passo dopo passo, dei tentativi del premier di garantire a sé stesso l'immunità dai procedimenti giudiziari sembrava dare nuova linfa alle istituzioni democratiche italiane.
Era il 20 gennaio 2004. E la legge in questione era il Lodo Schifani (o Lodo Maccanico).
La storia del Piano B è molto più recente, e parla di altre incompatibilità costituzionali, di attacchi al Presidente della Repubblica, di insulti gratuiti ad esponenti femminili dell'opposizione e di garanzia di prosecuzione del mandato parlamentare, messo in discussione all'atto pratico solo dall'alleato leghista.
Ciò che viene descritto dalle righe successive è il cosiddetto Piano C, il piano finale, la degna e colossale chiusura dell'interminabile lista di provvedimenti ad personam (o ad personas).
In questi giorni numerosi giornalisti della tv e della carta stampata hanno ipotizzato la produzione da parte del governo di un imminente provvedimento di "riforma" della giustizia, dando vita tutti quanti alle ipotesi più fantasiose sui suoi possibili contenuti.
Quasi nessuno però sembra essersi preso la briga di riferire del piano di riforma giudiziaria in discussione da aprile nella commissione Giustizia del Senato ed ormai prossimo al dibattimento in aula. Un disegno di legge che, dopo la stoppatura del Lodo Alfano, potrebbe subire un'improvvisa e provvidenziale accelerazione.
Il provvedimento, DDL n. 1440, vede la firma dei ministri Angelino Alfano e Giulio Tremonti. Ed è accompagnato in discussione assieme ad un altro provvedimento, DDL 1274, di iniziativa parlamentare, proposto dai senatori PDL Centaro, Caruso ed Alicata.
Il primo dei due costituisce l'impianto centrale della riforma e presenta numerosi punti di "riforma", tutti uniti da un unico filo conduttore: il duro ridimensionamento del potere dei pubblici ministeri.
Si parte dal divieto per i PM di avviare autonomamente le indagini e di raccogliere le notizie di reato in prima persona: le indagini devono essere eseguite autonomamente dalla Polizia Giudiziaria che poi presenterà le notizie di reato alla Procura di appartenenza.
I Pubblici Ministeri diventeranno semplici avvocati d'accusa privi del potere di avviare delle indagini, una soluzione che, tanto per fare un paragone recente, avrebbe impedito ai magistrati dell'Aquila di avviare le attuali inchieste sulle responsabilità dei crolli per la Casa dello Studente e l'Ospedale San Salvatore e sulle numerosi violazioni delle normative antisismiche (inchieste che sembrano colpire, stando alle indiscrezioni del momento, decine di responsabili).
A ciò si accompagna il divieto di usare regolari sentenze come prova di un reato, se non per processi relativi a mafia, schiavitù, terrorismo, strage, guerra civile, devastazione, sequestro e contrabbando.
Facendo un esempio del tutto casuale, il procedimento che vede Silvio Berlusconi imputato per la corruzione dell'avvocato inglese David Mills non potrà fare uso come prova della sentenza che condanna Mills e che individua il colpevole del reato nella figura del premier; l'intera vicenda dovrà bensì essere ri-analizzata dal principio.
Una norma che garantirebbe da subito la prescrizione per Silvio Berlusconi.
Alle norme sulla riduzione dei tempi per il rinvio a giudizio degli indagati, sulla sospensione dei processi per reati con pena massima pari a 4 anni per assenza dell'imputato e sul diritto dei cardinali di scegliere il luogo più idoneo per una deposizione, va aggiunta la vera chicca del provvedimento: la possibilità di ricusare un magistrato giudicante qualora questi abbia espresso giudizi su una delle parti in causa al di fuori delle attività giudiziarie.
Se ad esempio un giudice esprime una civile critica ad una legge di iniziativa governativa o esprime un minimo apprezzamento nei confronti di un PM, non potrà ricoprire l'incarico di giudice in un processo che vede partecipe un membro del governo o della maggioranza oppure la presenza del PM come esponente dell'accusa.
A questo maxi-blocco di provvedimenti "salva-premier e ingabbia-PM" c'è da aggiungere la vera perla politica di questa legislatura, la "proposta indecente", il DDL Centaro.
I punti chiavi del provvedimento sono due e fanno impallidire ogni proposta di legge governativa:
Lo smembramento, avvenuto passo dopo passo, dei tentativi del premier di garantire a sé stesso l'immunità dai procedimenti giudiziari sembrava dare nuova linfa alle istituzioni democratiche italiane.
Era il 20 gennaio 2004. E la legge in questione era il Lodo Schifani (o Lodo Maccanico).
La storia del Piano B è molto più recente, e parla di altre incompatibilità costituzionali, di attacchi al Presidente della Repubblica, di insulti gratuiti ad esponenti femminili dell'opposizione e di garanzia di prosecuzione del mandato parlamentare, messo in discussione all'atto pratico solo dall'alleato leghista.
Ciò che viene descritto dalle righe successive è il cosiddetto Piano C, il piano finale, la degna e colossale chiusura dell'interminabile lista di provvedimenti ad personam (o ad personas).
In questi giorni numerosi giornalisti della tv e della carta stampata hanno ipotizzato la produzione da parte del governo di un imminente provvedimento di "riforma" della giustizia, dando vita tutti quanti alle ipotesi più fantasiose sui suoi possibili contenuti.
Quasi nessuno però sembra essersi preso la briga di riferire del piano di riforma giudiziaria in discussione da aprile nella commissione Giustizia del Senato ed ormai prossimo al dibattimento in aula. Un disegno di legge che, dopo la stoppatura del Lodo Alfano, potrebbe subire un'improvvisa e provvidenziale accelerazione.
Il provvedimento, DDL n. 1440, vede la firma dei ministri Angelino Alfano e Giulio Tremonti. Ed è accompagnato in discussione assieme ad un altro provvedimento, DDL 1274, di iniziativa parlamentare, proposto dai senatori PDL Centaro, Caruso ed Alicata.
Il primo dei due costituisce l'impianto centrale della riforma e presenta numerosi punti di "riforma", tutti uniti da un unico filo conduttore: il duro ridimensionamento del potere dei pubblici ministeri.
Si parte dal divieto per i PM di avviare autonomamente le indagini e di raccogliere le notizie di reato in prima persona: le indagini devono essere eseguite autonomamente dalla Polizia Giudiziaria che poi presenterà le notizie di reato alla Procura di appartenenza.
I Pubblici Ministeri diventeranno semplici avvocati d'accusa privi del potere di avviare delle indagini, una soluzione che, tanto per fare un paragone recente, avrebbe impedito ai magistrati dell'Aquila di avviare le attuali inchieste sulle responsabilità dei crolli per la Casa dello Studente e l'Ospedale San Salvatore e sulle numerosi violazioni delle normative antisismiche (inchieste che sembrano colpire, stando alle indiscrezioni del momento, decine di responsabili).
A ciò si accompagna il divieto di usare regolari sentenze come prova di un reato, se non per processi relativi a mafia, schiavitù, terrorismo, strage, guerra civile, devastazione, sequestro e contrabbando.
Facendo un esempio del tutto casuale, il procedimento che vede Silvio Berlusconi imputato per la corruzione dell'avvocato inglese David Mills non potrà fare uso come prova della sentenza che condanna Mills e che individua il colpevole del reato nella figura del premier; l'intera vicenda dovrà bensì essere ri-analizzata dal principio.
Una norma che garantirebbe da subito la prescrizione per Silvio Berlusconi.
Alle norme sulla riduzione dei tempi per il rinvio a giudizio degli indagati, sulla sospensione dei processi per reati con pena massima pari a 4 anni per assenza dell'imputato e sul diritto dei cardinali di scegliere il luogo più idoneo per una deposizione, va aggiunta la vera chicca del provvedimento: la possibilità di ricusare un magistrato giudicante qualora questi abbia espresso giudizi su una delle parti in causa al di fuori delle attività giudiziarie.
Se ad esempio un giudice esprime una civile critica ad una legge di iniziativa governativa o esprime un minimo apprezzamento nei confronti di un PM, non potrà ricoprire l'incarico di giudice in un processo che vede partecipe un membro del governo o della maggioranza oppure la presenza del PM come esponente dell'accusa.
A questo maxi-blocco di provvedimenti "salva-premier e ingabbia-PM" c'è da aggiungere la vera perla politica di questa legislatura, la "proposta indecente", il DDL Centaro.
I punti chiavi del provvedimento sono due e fanno impallidire ogni proposta di legge governativa:
- Ricusazione dei giudici che hanno espresso opinioni o sono membri di movimenti o associazioni che potrebbero configurare una prevenzione verso l'imputato;
- Possibilità di ricusare i PM secondo gli stessi criteri validi per i magistrati giudicanti: manifestazione di opinioni sull'imputato, inimicizia con la controparte, presenza di parenti Pubblici Ministeri, e così via.
Un PM, in sintesi, non potrebbe avere parenti PM e non potrebbe esprimere opinioni sulla persona che accusa. E, cosa più importante, non deve essere prevenuto sulla colpevolezza dell'imputato. Pur essendo il suo accusatore.
Per amor di verità, aggiungo che il primo firmatario, il senatore siciliano Roberto Centaro, è un magistrato.
Per amor di verità, aggiungo che il primo firmatario, il senatore siciliano Roberto Centaro, è un magistrato.
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