Il 5 ottobre scorso il Gip di Verona, su richiesta del pubblico ministero Marco Zenatelli, emette tre ordinanze di custodia cautelare per usura ed estorsione sul lago di Garda, nell'ambito di indagini della Dia di Padova sugli affiliati al clan camorristico Licciardi, facente parte dell'alleanza di Secondigliano. Parliamo di mafia e camorra, non di diffamazione e reati di opinione. I tre, Ciro Cardo, Egidio Longo e Salvatore Longo, quest'ultimo latitante da un paio d'anni, per la Procura praticavano in riva al lago attività usurarie ed estorsive ai danni di commercianti del comprensorio del lago di Garda. Oltre agli arresti sono stati sequestrati già due anni fa patrimoni immobiliari per oltre tre milioni di euro. Le accuse ipotizzate dalla Procura sono di usura aggravata, estorsione, lesioni personali gravi, esercizio abusivo dell’attività finanziaria ed impiego di denaro di provenienza illecita. Reati che invocano a gran voce il 416 bis, ossia il reato di associazione mafiosa, che per ragione sconosciute non è stato contestato ai tre; potrebbero essere strategie della procura veronese per non dover rinunciare alle indagini a beneficio della Direzione Distrettuale Antimafia. Cardo, sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno, è il cognato del capoclan Pietro Licciardi, da anni detenuto in regime di 41 bis. A quanto risulta, nessuna autorità pubblica si è complimentata con gli inquirenti e con le forze dell'ordine che hanno effettuato i fermi. Anzi. L'11 ottobre, in un intervista al quotidiano L'Arena, Umberto Chincarini, il sindaco leghista di Peschiera, città di residenza di Cardo, parla di «caso isolato». «Amministro Peschiera da sedici anni e non ho alcuna sensazione che la situazione sia degradata al punto tale da giustificare titoli, come ho letto in questi giorni, come "Le mani sul Garda"». Poi il sindaco, in un misto tra terrore e garantismo, continua: «Sulla vicenda che riguarda un nostro concittadino, premesso che si parla di ipotesi di reato e che dunque siamo ancora lontani da un giudizio, penso che se qualcuno ha sbagliato pagherà. Ma mi sembrano cose che riguardano esclusivamente questo signore o la sua famiglia». Si parla di camorra e il sindaco li reputa fatti che «riguardano questo signore e la sua famiglia», come si si trattasse di violenza domestica o disturbo della quiete pubblica. Poi il pezzo continua: Anche l'ipotesi di riciclaggio di denaro di provenienza illecita attraverso l'edilizia trova il sindaco molto scettico. «Lo sviluppo urbanistico di questo Comune è sotto gli occhi di tutti. Negli ultimi sedici anni non mi pare ci siano mai state ragioni per pensare a fenomeni criminali in questa attività: e mi sento abbastanza confortato, in questo pensiero», confida il primo cittadino, «dal numero di persone che in questo periodo si sono affiancate a me nella guida del paese. Se anche io mi fossi distratto, qualcun altro se ne sarebbe comunque accorto». Dimentica, perchè solo di dimenticanza si può trattare, del mega scandalo che ha coinvolto proprio il suo Comune, quando i giudici hanno sequestrato per lottizzazione abusiva un maxi villaggio in località San Benedetto: 375 appartamenti. «Il Comune aveva autorizzato una "residenza alberghiera", divisa sì in casette, ma da gestire come un hotel. Invece i presunti furbetti del Garda li hanno venduti come singole villette» racconta Paolo Biondani su L'Espresso. «Non mi risulta ci siano mai stati problemi di questo genere», gli fa eco Paolo Artelio, delegato di Confcommercio di Peschiera. Dove sta il problema? Che da dieci anni si parla di mafia sul Garda, di sequestri di immobili, di consorterie mafiose ormai radicate nell'appetitoso scenario del lago, e al sindaco tutto ciò non risulta. Come racconta il Corriere della Sera, nel 1997 lo Scico, il servizio centrale di investigazione della Finanza, nel rapporto annuale rivela che la criminalità organizzata è sbarcata sul lago di Garda, investendo nell'edilizia, nel commercio e anche tentando la scalata in aziende in dissesto. Criminalità non solo italiana ma anche balcanica e russa. Sul Garda si nascondono superlatitanti, avvengono incontri d'affari torbidi, si ordinano e si eseguono delitti, si investono miliardi sporchi. A garantire la copertura delle maglie della «finanza nera» c'è l'incessante flusso di turisti e capitali con società che nascono, si scompongono, muoiono e risorgono. Ma la mala sul Garda non si esprime solo con la finanza e il turismo: in zona ha trasferito anche le vecchie attività, sempre redditizie, come la droga. Una presenza certa e preoccupante tanto che non un comunista visionario, ma il senatore leghista Massimo Wilde, gardesano, chiede di «costituire un ufficio antimafia al Nord e aumentare l'organico delle forze dell'ordine. La riviera del Garda è costellata da oltre 1100 alberghi, centinaia di residence e villaggi turistici, nei quali si nascondono bande di slavi e albanesi e latitanti». Nel 2005 parte un indagine che si chiama, sicuramente per sbaglio degli inquirenti, «Mafia sul lago», che porta due anni dopo al sequestro di beni per oltre 30 milioni di euro che colpisce calabresi, siciliani e i campani del clan «I Pastori» di Afragola, tutti domiciliati nella zona del Lago di Garda. Il sindaco Chincarini dov'era? Era distratto? Tra i beni ci sono la discoteca Backstage, nata dalla ceneri del Biblò di Desenzano e il night club Lamù (ex Vanity) di Lonato. Poco dopo, Vittorio Messori, scrittore cattolico di fama mondiale, si permette di criticare e schierarsi contro la cementificazione selvaggia del lago di Garda che è anche, come dicevamo poco prima, al centro di una serie di sequestri e provvedimenti giudiziari riguardo ad una serie di abusi nella costruzione di hotel. Riceve minacce che per la Questura di Brescia sono «Intimidazioni di stampo mafioso». Il sindaco Chincarini dov'era? Era distratto? Il primo cittadino si limita, quando ancora le manette tintinnano, a «rassicurare», assieme al collega di Castelnuovo, Maurizio Bernardi, paese di cui parla Roberto Saviano in Gomorra («Il clan Licciardi ha dislocato la maggior parte delle proprie attività imprenditoriali nel settore tessile e commerciale a Castelnuovo del Garda). Mi ricordano i peggiori politici siciliani degli anni 80, che sostenevano, mentre il sangue scorreva e sporcava Palermo, che la mafia non c'era; il cardinal Ruffini si chiedeva addirittura se «mafia» non fosse la marca di un detersivo. I risultati oggi sono sotto gli occhi di tutto. Come allora, oggi nemmeno a Peschiera c'è traccia di mafia. «Non gli risulta», dice Chincarini. Ecco, questo è il primo e miglior passo per consegnare un intero territorio nelle mani della criminalità organizzata. Anziché schierarsi con le forze dell'ordine e assicurare attenzione e intransigenza, il sindaco dice che quella che hanno appena fermato non è mafia. La domanda è: di cosa si tratta? Saranno felici i suoi concittadini, e sapranno ringraziarlo quando le loro attività falliranno a causa dei soldi sporchi contro cui è impossibile competere. Intanto la mafia a Peschiera non esiste, prendetene nota: lo dice il sindaco.
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dal brasile
RispondiEliminachincarini ha ragione provate a pensare qui in brasile si che qui ce mafia ed camorra brasiliana altro che quella italiana qui e 50 volte peggio che li in italia qui in rondonia 2 omicidi al giorno 25 asalti in negozzi 5 traficanti di droga ogni giorno presi carceri super afollate pensate qui come e anzi qui ce bisognio anche della polizia italiana perche qui la polizia insuficente ad difendere i cittadini brasiliani altroche li a peschiera 2 mafiosi qui ce ne sono 200 di origini siciliane che hanno campi inmensi
un saluto a chincarini e tutti della lega nord di verona