03/10/09

Le responsabilità politiche dietro la strage di Messina


In queste terribili ore il dramma siciliano non ha ancora visto la propria fine. Ruspe e uomini a mani nude si dannano senza sosta nel disperato tentativo di estrarre vivi i corpi dei tanti dispersi. Le stime del Presidente del Consiglio Berlusconi parlano di un numero finale di vittime pari ad una cinquantina.

Il Presidente Napolitano, nell'esprimere il pieno cordoglio delle istituzioni, ha ribadito l'importanza della sicurezza edilizia come priorità essenziale di costruzione al posto di inutili opere faraoniche (ogni riferimento al Ponte sullo Stretto era del tutto casuale).
E, nonostante si stia ancora cercando di limitare al minimo il numero di vittime innocenti, già si comincia a parlare di responsabilità penali e politiche. Già si parla della vera causa di questo massacro innaturale: l'abusivismo edilizio.

Così come per L'Aquila, sarà la magistratura locale ad accertare le eventuali responsabilità in termini di violazione delle leggi locali e nazionali sulle costruzioni. E ci vorrà tempo.
Un tempo decisamente maggiore di quello richiesto per acclarare tutte le responsabilità politiche e non penali della vicenda. Perché i primi nomi sulle responsabilità istituzionali della strage sono sotto i nostri occhi. Basta saperli leggere. O volerli scrivere.

Bettino Craxi (Presidente del Consiglio nel 1985), Silvio Berlusconi (Presidente del Consiglio nel 1994 e nel 2003), Salvatore Cuffaro (Presidente della Regione Sicilia nel 2003) e Giuseppe Buzzanca (Sindaco di Messina dal 2003) i responsabili più o meno consapevoli del dissesto idrogeologico messinese ed italiano.

Come già detto e ripetuto da tutte le autorità, dal Presidente Napolitano al Capo della Protezione Civile Bertolaso, l'abusivismo edilizio è la prima causa di morte in vicende come queste. Seguendo lo stesso ragionamento, è immediato associarvi la corresponsabilità di chi ha fatto sì che tali abusi, tali scempi edilizi, divenissero una comoda realtà legalizzata.

Il primo responsabile: Bettino Craxi, durante il suo primo mandato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1983 al 1986. Furono il suo governo e la maggioranza parlamentare che vedeva nelle sue file gli attuali Casini, Mastella, Pisanu e Sacconi e Scalfaro ad ideare ed approvare il primo condono edilizio nel 1985.

Il secondo, sulla scia del suo predecessore, in ben due diverse occasioni, fu Silvio Berlusconi. Nel suo primo brevissimo governo ebbe il tempo (a nemmeno un mese dalla sua caduta) di approvare la legge del 23 dicembre 1994 n. 724, che all'articolo 39 riproponeva un nuovo condono per gli abusi commessi dal 1985 al 1993.
Legge pressoché identica nei principi e nelle modalità quella approvata durante il secondo mandato, nel novembre 2003: legge 326/03, articolo 32.

Tutte e tre le leggi di sanatoria edilizia applicavano lo stesso principio: richiesta di condono da presentare attraverso una semplice autocertificazione del richiedente, da unire alle ricevute dei pagamenti effettuati a validazione della richiesta. Nient'altro.
I pochi vincoli che vietavano la presentazione della domanda (la costruzione in zone protette o su demanio pubblico e così via) venivano stabiliti in tutti i casi dalla legge. Tutte le richieste di sanatoria non in contrasto dovevano essere ritenute automaticamente accettabili.

Per di più, se gli enti preposti alla valutazione delle richieste non avessero fornito una risposta definitiva entro un certo periodo fissato per legge, le domande di sanatoria divenivano, in base al principio del silenzio-assenso, accettate. Ed i pagamenti incassati.

Le responsabilità degli enti locali in questa vicenda risultano marginali, dal momento che i provvedimenti di Berlusconi imponevano un adeguamento certo e rapido da parte di comuni e regioni.
Nell'aprile 2003, il Presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, attuale senatore UDC, prima dell'entrata in vigore del provvedimento Berlusconiano, redigeva un piano di applicazione del condono fiscale datato 1994, offrendo la possibilità di una perizia giurata sostitutiva alle varie procedure per l'approvazione che garantisse l'assenza di condanne penali per abusivismo del richiedente e gli avvenuti pagamenti.
Una firma e via.

Il 19 dicembre 2008 la giunta comunale di Messina, presieduta dal sindaco Giuseppe Buzzanca (PDL), deliberava la normativa comunale per l'applicazione delle sanatorie sugli abusi edilizi decise nel 1994 e nel 2003 dai due governi Berlusconi. Dallo stesso Comune viene definito come "snellimento delle pratiche per il condono".
Con un colpevole ritardo di ben 5 anni, il Comune di Messina, a fronte di "una considerevole mole di lavoro" causata dall'ingente numero di domande presentate (frase presente nella delibera stessa) e del rischio di perdere gli oboli pagati dai richiedenti causa mancata approvazione (altra motivazione ufficiale), istituiva la normativa di gestione delle pratiche di condono.

Dal giugno 2008 ad oggi nessuna delibera del Comune di Messina si è occupata del rischio idrogeologico della città. L'unico provvedimento in termini di abusivismo è questo: il condono comunale.
Il massimo della lotta comunale agli abusi è rappresentato dall'istituzione di un controllo a campione del 5% finalizzato a valutare la regolarità delle domande presentate, ma solo perché in conformità ad un obbligo istituito nel dicembre del 2000 dal governo Amato.

L'ufficio del comune cui compete l'approvazione delle richieste di condono? "Dipartimento attività edilizie e repressione abusivismo".
Come chiamare lo scudo fiscale "Lotta ai paradisi fiscali".

Fonte articolo

Stop al consumo di territorio
La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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