Ci arriva dalla città di Parigi dove l’amministrazione comunale in seguito ai problemi sopracitati ha deciso di voltare pagina e di prendere una decisione che secondo le prime stime farebbe risparmiare alla capitale francese 30 milioni di euro e in più stabilirizzerebbe il prezzo dell’acqua potabile. Nonostante la Francia resti un paese dove l’acqua è per la maggior parte privatizzata, Parigi dal primo gennaio prossimo riotterrà la gestione totale delle acque pubbliche seguendo la strada già tracciata da Grenoble (pubblica dal 2001) e di Cherbourg (dal 2005) e in oltre spingendo nella stessa direzione città ed aree urbane come Tolosa, Lione e l’Ile de France (insieme a più di 40 comunità), obbligando le multinazionali a rinegoziare i contratti e prendendo in seria considerazione l’opportunità di ritornare alla gestione pubblica.
In Italia invece ce ne freghiamo delle esperienze altrui e felici di voler provare le sofferenze e i problemi in prima persona approviamo una legge che va nella stessa direzione intrapresa sotto la Torre Eiffel ben 25 anni fa. Si sa che siamo innovatori. La scusa degli obblighi comunitari da attuare (che includono la liberalizzazione di servizi pubblici locali tra qui quello idrico) non basta a spiegare totalmente questa scelta. Un “voto di fiducia” che arriva quasi forzato in un momento poco euforico per la maggioranza di centro-destra, ma come in occasioni precedenti ha obbligato tutti, inclusi quelli della Lega Nord, ad abbassare la cresta e premere il bottone. Leghisti addirittura sofferenti con un «Votiamo, ma poi lo cambiamo», per la serie “è una legge sbagliata ma la votiamo lo stesso”. Il cittadino questa volta difficilmente resterà ignaro o indifferente ai problemi che questa legge porterà, soprattutto nel caso in cui, ancora una volta, sia proprio quest’ultimo a dover pagare a caro prezzo per le fantasiose privatizzazioni governative tanto amate da gruppi di potere come la mafia.
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