Mentre l'annoso dibattito sulla legittimità morale, prima ancora che giuridica, dei finanziamenti statali alle scuole private non accenna a trovare una fine, il governo, nel silenzio istituzionale e lontano dai clamori della stampa, allarga l'insieme dei soggetti privati fortunati destinatari dei fondi pubblici, inserendo tra le istituzioni scolastiche riconosciute, anche quelle legalmente strutturate come società a scopo di lucro.
E lo fa attraverso il consueto decreto ministeriale per l'assegnazione dei contributi alle scuole paritarie, stilato il 4 novembre 2009 dal Ministro per l'Istruzione, l'Università e la Ricerca, Mariastella Gelmini e pubblicato in Gazzetta Ufficiale 4 giorni fa.
Fu l'interpretazione forzata di alcuni passaggi della Carta Costituzionale che consentì, nel 1998, per la prima volta nella storia repubblicana di questo paese, di destinare una quota consistente dei fondi previsti per le scuole pubbliche statali alle scuole private.
L'apertura avvenne per mezzo di una collezione di discreti decreti ministeriali firmati dall'allora Ministro dell'Istruzione Pubblica, Luigi Berlinguer.
L'articolo 33 della Costituzione, che permette allo stato di finanziare enti privati privi di scopi di lucro, fu preso come riferimento principe per l'istituzione degli annuali "regali" di Stato agli istituti scolastici privati di ogni ordine e grado. Il tutto avvenne ignorando l'articolo successivo, il 34, che vieta esplicitamente ogni forma di sostegno pubblico alle scuole private.
La regolarizzazione dei finanziamenti in termini legislativi avvenne soltanto durante l'esecutivo D'Alema, con i voti favorevoli dell'intera compagine governativa (dai "cossighiani" ai Comunisti Italiani) e quelli contrari del centrodestra (per le eccessive limitazioni alla parificazione) e di Rifondazione Comunista (unico gruppo contrario al finanziamento degli istituti privati).
Da quel momento, il finanziamento delle scuole private divenne quel totem inavvicinabile che era stato l'articolo 34 della Costituzione durante l'intera prima repubblica.
Appena due mesi fa l'ultimo salto in avanti. Questa volta con la firma di Mariastella Gelmini.
Fino agli ultimi decreti di stanziamento-fondi firmati dall'ex ministro Fioroni, i criteri di assegnazione erano basati su una graduatoria delle scuole stilata dal ministero stesso. Il 20% del finanziamento veniva stanziato secondo una cifra costante per ogni istituto, fino all'esaurimento dei fondi, lasciando così le scuole paritarie a fondo classifica a bocca asciutta. Assieme a tutti gli altri istituti scolastici aventi scopi di lucro, collocati automaticamente per ultimi.
E' stato sufficiente alterare il meccanismo della limitazione dei fondi associabili a ciascun istituto per garantire dal 2010 ad ogni scuola, anche con espliciti scopi di lucro, la propria fetta di una torta divisa rigorosamente in parti uguali.
La classifica che prima garantiva alle paritarie "prime classificate" la totalità del contributo ed escludeva di fatto quelle a fondo classifica e con scopi di lucro, oggi viene completamente abolita.
Da quest'anno un istituto scolastico privato potrà decidere di investire i propri guadagni nel mercato immobiliare statunitense, nel mercato internazionale delle armi o nelle società private che a breve gestiranno i servizi idrici di tutto il paese. Ed otterranno, di quel 20% complessivo, la stessa quota spettante a scuole prive di guadagno, intente a finanziare progetti di ricerca e attività di solidarietà internazionale.
E lo fa attraverso il consueto decreto ministeriale per l'assegnazione dei contributi alle scuole paritarie, stilato il 4 novembre 2009 dal Ministro per l'Istruzione, l'Università e la Ricerca, Mariastella Gelmini e pubblicato in Gazzetta Ufficiale 4 giorni fa.
Fu l'interpretazione forzata di alcuni passaggi della Carta Costituzionale che consentì, nel 1998, per la prima volta nella storia repubblicana di questo paese, di destinare una quota consistente dei fondi previsti per le scuole pubbliche statali alle scuole private.
L'apertura avvenne per mezzo di una collezione di discreti decreti ministeriali firmati dall'allora Ministro dell'Istruzione Pubblica, Luigi Berlinguer.
L'articolo 33 della Costituzione, che permette allo stato di finanziare enti privati privi di scopi di lucro, fu preso come riferimento principe per l'istituzione degli annuali "regali" di Stato agli istituti scolastici privati di ogni ordine e grado. Il tutto avvenne ignorando l'articolo successivo, il 34, che vieta esplicitamente ogni forma di sostegno pubblico alle scuole private.
La regolarizzazione dei finanziamenti in termini legislativi avvenne soltanto durante l'esecutivo D'Alema, con i voti favorevoli dell'intera compagine governativa (dai "cossighiani" ai Comunisti Italiani) e quelli contrari del centrodestra (per le eccessive limitazioni alla parificazione) e di Rifondazione Comunista (unico gruppo contrario al finanziamento degli istituti privati).
Da quel momento, il finanziamento delle scuole private divenne quel totem inavvicinabile che era stato l'articolo 34 della Costituzione durante l'intera prima repubblica.
Appena due mesi fa l'ultimo salto in avanti. Questa volta con la firma di Mariastella Gelmini.
Fino agli ultimi decreti di stanziamento-fondi firmati dall'ex ministro Fioroni, i criteri di assegnazione erano basati su una graduatoria delle scuole stilata dal ministero stesso. Il 20% del finanziamento veniva stanziato secondo una cifra costante per ogni istituto, fino all'esaurimento dei fondi, lasciando così le scuole paritarie a fondo classifica a bocca asciutta. Assieme a tutti gli altri istituti scolastici aventi scopi di lucro, collocati automaticamente per ultimi.
E' stato sufficiente alterare il meccanismo della limitazione dei fondi associabili a ciascun istituto per garantire dal 2010 ad ogni scuola, anche con espliciti scopi di lucro, la propria fetta di una torta divisa rigorosamente in parti uguali.
La classifica che prima garantiva alle paritarie "prime classificate" la totalità del contributo ed escludeva di fatto quelle a fondo classifica e con scopi di lucro, oggi viene completamente abolita.
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