Ultimamente, ed in particolare da parte di esponenti del governo, vige la moda di affibbiare appellativi creativi ai cittadini che non se la passano bene in tempi di crisi. Gli "ultimi" è uno di questi, i "reietti", i "disperati", Berlusconi usa spesso "diseredati" forse perché nel suo ambiente venir diseredati è la disgrazia più temibile. Un linguaggio medioevale, da pulpito preconciliare, definizioni che non solo umiliano ma categorizzano in modo ristretto e assolutamente limitativo.
Lo sapete che io credo alla manipolazione della lingua ad uso marketing: e quindi ritengo che sia fatto apposta. Vi riconoscete voi, per quanto precari, cassintegrati, disoccupati, sottoccupati, nell'evangelica categoria degli "ultimi"? Vi sentite reietti e diseredati? No, vero? Bene, allora è stato raggiunto lo scopo, ovvero quello di sopprimere ogni solidarietà sociale, e soprattutto quello di ridurre problemi che riguardano decine di milioni di cittadini a uno sparuto manipolo di quattro gatti. Il barbone sulla panchina, forse, l'extracomunitario nella baracca e pochi altri.
Seduti nel nostro salotto, nel sentire questi discorsi, ci sentiamo tutti ben distanti dalla categoria degli "ultimi". Viceversa, se si parlasse di situazioni disagiate, di lavoratori, di cittadini in difficoltà probabilmente tre quarti degli italiani si identificherebbero, si sentirebbero chiamati in causa e coinvolti, aspettandosi provvedimenti efficaci che li riguardano anziché opere di carità riservate ai reietti.
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