24/04/10

PdL: pericolo democrazia.


1. L’Italia e’ una repubblica democratica, fondata sul lavoro." Art. 1 Costituzione della Repubblica Italiana.

Ebbene si, l’Italia è una democrazia. Ad immagine e somiglianza del proprio presidente del consiglio viene da aggiungere.

Ieri se ne sono viste delle belle durante la direzione del PDL che tra le altre cose doveva servire a chiarire le posizioni tra Fini e Mr. B. Non preoccupatevi, non era un congresso di partito. Per rimanere coerenti con la loro idea di democrazia non hanno mai fatto un congresso. Hanno promesso di farlo tra un anno ma poi sappiamo tutti che fine fanno le promesse di Mr. B.

Per la prima volta dalla discesa in campo, un collega di partito (o suddito, dipende dai punti di vista) ha contradetto il sultano a cui tutti si piegano, preferibilmente a 90 gradi. Fini non ha condiviso alcune prese di posizione del partito di cui è cofondatore come, ad esempio, il modo in cui viene trattato il tema dell’immigrazione. Ha criticato la sudditanza del partito ai voleri della Lega specialmente nelle regioni del nord Italia. Ha posto una questione sul reale costo del federalismo fiscale che nessuno ha mai né stimato né calcolato (visto come vanno le cose in Italia altro non sarà che un moltiplicatore di poltrone da riempire). Ha detto che per risolvere la crisi non basta ottimismo, servono fatti e riforme. Ha semplicemente aperto molte discussioni che avrebbero dovuto servire per creare un dialogo e migliorare le eventuali proposte da trasformare in riforme per aiutare un paese che nella realtà è sempre più in ginocchio. Un discorso incomprensibile per i fedeli berluscones che per quanto ci provino non arriveranno mai a comprendere l’arcano significato della parola “democrazia”. Fuori luogo invece il commento di Bersani: ''Uno spettacolo indecoroso''. Evidentemente non si ricorda di far parte di quell’area politica che a forza di spettacoli indecorosi con conseguenti divisioni ha ottenuto migliori risultati della ricerca sull’atomo di Enrico Fermi.

Fini, vittima degli attacchi de “Il Giornale” nelle ultime settimane, ha inoltre denunciato l’utilizzo che Mr. B. fa dei propri mezzi di comunicazione che altro non servirebbero se non a screditare l’oppositore di turno. Oggi Fini, ieri Boffo e negli ultimi tre anni Di Pietro. E’ infatti di ieri la notizia che proprio il quotidiano di famiglia è stato condannato a risarcire il presidente dell’IDV con 340mila euro per i danni d’immagine e morali causati dalle notizie false scritte dai giornalisti Mario Giordano, Gian Mario Chiocci, Massimo Malpica e Felice Manti con la consapevolezza che fossero false.

Il capo era dai tempi della sberla ricevuta da mamma Rosa, come ricorda Guzzanti nel libro “Guzzanti vs. Berlusconi”, che non veniva contraddetto e questa volta nemmeno le doti di attore gli sono state utili per dissimulare lo stato di rabbia che lo pervadeva. Ha interrotto il discorso di Fini urlando, chiaro segno che aveva perso ormai le staffe di fronte a quel mare di opinioni. Nella replica all’ex di AN ha sostenuto di non parlare con Feltri per quanto riguarda la linea de “Il Giornale” e di aver dato mandato di vendere il quotidiano di famiglia. Aveva detto le stesse cose nel 1994: “Sono pronto a vendere le mie aziende, ad andare anche oltre il blind trust americano e sappiamo tutti com’è andata a finire.

Nel partito dell’amore si respira talmente tanta democrazia che la prima volta in cui un iscritto al partito ha deciso di esprimere le proprie opinioni (oltretutto lo fa da parecchio tempo) si è rischiato lo scioglimento del partito stesso.

Alla fine però, tra botta e risposta, urla e minacce, chi ha fatto la mossa giusta è Fini che ha giocato le proprie carte come meglio non poteva. All’invito di Mr. B. di dimettersi da presidente della Camera, Fini ha risposto con un: “Ma che mi cacci?”. Deve essere a quel punto che Mr. B. ha capito che i suoi sogni di dominio assoluto si erano infranti contro un politico testardo che si ostina a voler riportare in vita quella destra che il berlusconismo ha nascosto e sepolto fin dai suoi esordi per essere sostituita dalla demagogia a cui oggi siamo assuefatti.

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