Per secoli nessuno si è sognato di ritenere che il lavoro dovesse "nobilitare", che chi lavora avesse una dignità da mantenere. Lavoravano i poveracci, schiavi o poco più che tali, perché costretti dalla fame e dal bisogno; lavorava qualche professionista o qualche artista, ma sempre al servizio di un qualsiasi signorotto che gli garantiva una vita decente in cambio della fedeltà assoluta. Gli unici a poter vantare una qualche pretesa di dignità erano i religiosi e i militari, ma solo per il ruolo di potere che ricoprivano, e sempre al servizio di qualcuno.
La dignità del lavoro, e il suo compito di dare un'identità all'uomo, sono un capriccio del secolo ventesimo. E come il secolo, sono già finiti.
In un call center di Firenze sono arrivati a frustare la gente per vendere aspirapolveri. Chissà in quanti altri call center succedono cose analoghe. Un'infermiera, a Napoli, ha rischiato la vita e l'ha persa, solo per ottenere lo stipendio che le spettava. E non crediate siano costumi da BelPaese: forse non sapete che i dipendenti della piattaforma messicana, dopo aver vagato sotto choc sulle barche in mezzo al mare, sono stati approcciati da dirigenti della compagnia che hanno chiesto loro di firmare una dichiarazione secondo la quale non sapevano nulla delle cause dell'incidente e non ne avevano riportato alcun danno. O firmi, o non vai a casa.
Ancora qualcuno pensa che il lavoro serva a "realizzarsi"? Il muro di Berlino è caduto, Marx è fuori moda, il comunismo fortunatamente non spaventa più nessuno, e quindi si può tornare al business as usual senza tema di pericolose rivolte. E' ora che il lavoro torni ad essere quel che è sempre stato per millenni, ovvero sfruttamento, paura, minacce, abusi di potere, ricatto.
O credevate mica di aver scampato la maledizione biblica, fortunelli?
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