Ingegnere scalzo
Non servono dottorati di ricerca e grandi laboratori per avere l’elettricità e l’acqua. Dall’India e dall’Africa, i piccoli villaggi scommettono su donne e formazione dal basso (anzi dal bassissimo) per cambiare il mondo. Un pannello fotovoltaico alla volta.
Chi l’ha detto che per costruire impianti fotovoltaici ci vuole una laurea iningegneria elettronica? In realtà non c’è nemmeno bisogno di saper leggere e scrivere o di parlae la stessa lingua. Bastano i gesti, un codice di forme e colori associati a circuiti, resistenze e batterie. E’ così che fanno gli “ingegneri scalzi”, donne provenienti un pò da tutto il mondo, che imparano a sfruttare una risorsa abbondante e gratuita, il sole, per dare alle comunità ciò che manca, l’elettricità. A parlarne è il Barefoot Collage, una rete di centri sparsi un pò in tutta l’India, dal Rajastan all’Orissa. Qui si entra per un solo (anti) requisito: l’analfabetismo. L’obiettivo è la demistificazione della tecnologia solare.
Al Barefoot Collage si cerca di mettere in pratica gli insegnamenti diGandhi, il quale sosteneva l’importanza di rendere anche le tecnologie avanzate accessibili alla gente comune così da farne strumento di emancipazione socio-economica.
Il funzionamento del Collage è semplice. I villaggi e le comunità senza elettricità, un pò dappertutto nei paesi in via di sviluppo, selgono tra i loro abitanti due donne analfabete, possibilmente vedove o disoccupate da mandare per sei mesi al Collage. Ne arrivano di indiane, afghane, etiopi, boliviane: una babele lingustica dove, per giunta, all’inizio nessuna ha idea di cosa sia l’energia solare.
Da qui la necessità di un linguaggio comune che, oltre a qualche dozzina di parole in inglese, insegna ad associare un colore a una componente del circuito elettrico, un movimento del corpo ad una azione. E’ un esperanto della tecnologia efficacissimo per familiarizzare con concetti e oggetti inizialmente astrusi. Al termine del corso le donne sono in grado di assemblare un circuito solare che nulla ha da invidiare a quelli prodotti su scala commerciale: con diodi, transistor, resistenze, circuiti integrati, trasformatori, fusibili. Non solo: nei Collage si impara a testare inverter e regolatori di carica, a costruire lampade e lanterne solari.
Assemblaggio lampade a risparmio energetico
Che sia un villaggio africano o asiatico, il risultato finale deve essere lo stesso: l’installazione di impianti fotovoltaici da 20 o 40 Watt in cui bisogna saper collegare un modulo di panelli solari, una batteria tubolare, un regolatore di carica e delle lampade. Un sistema che si dovrà anche essere in grado di riparare in caso di guasti. Un neo-ingegnere riceve una parte della quota che gli abitanti del suo villaggio concordano di pagare mensilmente in cambio dell’energia che ricevono e che sostituisce il kerosene utilizzato per cucinare e illumuminare. Per la comunità, i pannelli significano dalle quattro alle sei ore di elettricità al giorno, per lei uno stipendio e il rispetto di tutto il villaggio.
Fino a oggi i Collage hanno “laureato” 400 ingegneri scalzi. Un piccolo esercito che ha portato la luce a 20mila famiglie in 27 paesi del mondo. Dove è arrivata, l’elettricità ha moltiplicato le ore di studio per i bambini e il lavoro per gli adulti. Anche salute e ambiente ci guadagnano. Gli impianti installati permettono già un risparmio di 30mila litri di kerosene al mese. Il che significa anche meno CO2 nell’atmosfera e, nel lungo termine, un’aspettativa di vita maggiore, perché nelle case non si respirano più i fumi nocivi della combustione del kerosene.
Fonte: Wired
Per approfondire: www.barefootcollege.org
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