Nell'intervista, Caldoro non si risparmia nel lanciare accuse pesanti nei confronti del Comune di Napoli e dell'Asia, la società pubblica che si occupa della raccolta dei rifiuti in città. Che il Comune di Napoli abbia pesanti responsabilità (soprattutto nel corso degli ultimi dieci anni) nella gestione di quella che una volta si chiamava semplicemente "nettezza urbana", è cosa nota e non serve certo che sia Caldoro a ricordarlo. Peccato che in questa particolare occasione le cose stiano in modo ben diverso rispetto a due o più anni fa.
Fino al 2008, quando c'è stata l'ultima grande emergenza rifiuti, i dati di fatto erano la mancanza di un piano rifiuti regionale sensato, che non fosse profondamente segnato da gravi errori a monte e dalla mancanza di discariche da usare nel breve termine, per rimuovere e smaltire i rifiuti urbani. Pertanto, anche comuni dotati di un buon sistema di raccolta, non avevano dove conferire quanto avevano svuotato dai cassonetti. E il problema aveva travolto l'intero territorio della Campania.
Stavolta, il primo dato di fatto è che il piano rifiuti è ancora quello sbagliato. Rimaneggiato qua e là, rattoppato nei punti troppo deboli, è comunque un piano di smaltimento che non può reggere non solo la lunga distanza, ma neanche quella di pochi mesi. Per quanto riguarda invece le discariche da usare per evitare l'emergenza, lo spazio c'è. Nessuno, infatti, avrà dimenticato la grande frattura aperta nella democrazia campana, con l'apertura forzata da parte di Bertolaso, nel 2008, di siti a Chiaiano, nel cuore della zona ospedaliera napoletana, a Terzigno, nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio, a Serre, nel salernitano, nel cuore di un'oasi del WWF. Impianti che non dovevano esserci, impianti da dislocare altrove, impianti non voluti e osteggiati dalla popolazione, impianti aperti con la forza, ma anche impianti che, pur ormai quasi pieni, di spazio ne hanno ancora.
Negli anni poi sono cambiate le regole, le leggi. Si è finto di convertire certi decreti, chiamandoli pomposamente "conversione in legge del decreto X", anche se poi sono delle complete riscrizioni ex novo, che del decreto originario hanno poco o nulla. E' arrivata la gestione a livello provinciale del sistema dei rifiuti e poi le ovvie deroghe, che riportano in mano regionale molte parti della gestione della filiera di smaltimento dei rifiuti urbani.
La vera grande differenza tra quell'emergenza (vera) e quella di questi giorni (finta), la si vede tutta nella domanda - a prima vista ingenua - che fanno i normali cittadini, spesso anche non campani: se quell'emergenza colpì tutta la regione e furono aperte con la forza discariche per i rifiuti di tutta la Campania, perché stavolta l'emergenza riguarda principalmente solo la città di Napoli, e non tutta la Campania?
La risposta della Regione è semplice: il Comune di Napoli è negligente e l'Asia non è in grado di svolgere il servizio. Risposta sensata, per carità: sarebbe ancora più ingenuo credere che al Comune di Napoli tutto venga fatto alla perfezione, ma ci sono dei particolari talmente macroscopici da non poter non saltare all'occhio.
Tanto per cominciare, le deroghe alle leggi nazionali, studiate apposta dal governo nazionale, prevedono che in un mondo gestito in tutto il Paese a livello provinciale, solo in Campania a decidere dove consegnare, per lo smaltimento, i rifiuti raccolti sia il cosiddetto "Ufficio Flussi" della Regione. E' questo ufficio che praticamente "ordina" ai comuni dove portare i rifiuti raccolti dai cassonetti. E puntualmente per il comune di Napoli, e per un'altra manciata di comuni tutti uniti dall'essere retti da giunte di colore politico diverso da quello della Regione Campania, sorgono problemi.
Un esempio che vale per tutti: la mattina del 27 dicembre per le strade di Napoli c'erano ancora 1500 tonnellate di rifiuti da raccogliere. L'Asia era pronta con i propri mezzi, ma fino alle ore 14.00 dall'Ufficio Flussi non era arrivata alcuna indicazione, pertanto non si sapeva dove portare la "monnezza" raccolta. Così, mentre i comuni di centro-destra della provincia portavano i rifiuti in discarica, o presso gli STIR, gli impianti di tritovagliatura, il comune di Napoli è rimasto al palo. Poi lo stesso Ufficio Flussi ha garantito lo smaltimento di 400 tonnellate, poco più di un quarto delle 1500 totali, a Santa Maria Capua Vetere, che è fuori provincia.
I mezzi dell'Asia, sobbarcandosi anche il costo della trasferta in terra casertana, sono andati a Santa Maria Capua Vetere, dove sono stati rimandati indietro perché la Provincia di Caserta, retta dal centro destra, non ha autorizzato l'immissione in discarica di rifiuti provenienti da un'altra provincia. Solo a quel punto, i mezzi sono stati dirottati a Caivano, dove oramai si era accumulata una fila per scaricare presso lo STIR durata sette ore, e turno da 15 ore per gli autisti dei mezzi. I risultati sono due: la mattina del 28, i rifiuti rimasti a terra in città sono passati da 1500 a 2000 tonnellate, e intanto il Governatore Caldoro ha rilasciato l'intervista a La Repubblica in cui racconta che la colpa è sia del Comune che dell'Asia.
Eppure, a Chiaiano c'è abbastanza spazio per un milione di tonnellate di RSU. E Chiaiano è all'interno del comune di Napoli. Nonostante questo, l'Ufficio Flussi della Regione, dopo aver deviato l'Asia da Chiaiano a Terzigno negli scorsi mesi, causando gli scontri di cui tutti sanno, si guarda bene dal far riprendere lo smaltimento in loco dei rifiuti napoletani. Solo ora, che l'attenzione dei media è focalizzata su Napoli e sulla false promesse del premier, la Regione ha autorizzato l'Asia allo sversamento a Chiaiano, ma di una quantità limitata di rifiuti, adducendo la scusa di una "capacità massima giornaliera" che non può essere superata. Neanche in emergenza. Strano, perchè Chiaiano è stata aperta, forzando le leggi ed anche la popolazione, proprio per risolvere l'emergenza.
Anche quelle tonnellate destinate a Chiaiano e contenute in appena nove automezzi compattatori, non sono però arrivate a destinazione, anche se per un motivo diverso: nella notte, circa 150 persone incappucciate e armate di spranghe, a bordo di moto e scooter, hanno assaltato e bloccato quei nove mezzi, mettendo in fuga gli autisti e distruggendo 5 compattatori. D'ora in avanti ci sarà bisogno della scorta della polizia. Anche questa è una scena già vista, assomiglia molto a quella della mattina del 23 ottobre 2002, quando i mezzi dell'Asia furono assaltati in diversi punti della città, quasi in contamporanea. All'epoca, si disse che non si trattava di una manovra organizzata. Vedremo stavolta.
Proprio come nel 2002, il sindaco di Napoli Iervolino ha subito parlato di "assenza di un piano organizzato". Francamente sembra strano, proprio come sembrò strano nel 2002. A sbilanciarsi è l'amministratore delegato di Asia, Daniele Fortini, che dichiara come a differenza dei fatti di Terzigno stavolta "non si tratta di cittadini, è un raid organizzato", e aggiunge che ci sono "poteri forti, presenze che fanno avvertire la loro capacità di condizionamento".
No, non si tratta, come potrebbe sembrare a prima vista, di un problema solo criminale. Si tratta di un problema politico e lo conferma lo stesso Fortini: "E’ in atto uno scontro tra poteri forti. Tra chi controlla il territorio e chi, da Roma, vorrebbe rimettere tutto a posto con la bacchetta magica”.
Quindi, il braccio di ferro c'è, ma lo scopo è influenzare la campagna elettorale di marzo, quando occorrerà rinnovare la giunta comunale napoletana. Un piatto succulento, talmente succulento da scomodare personaggi come il ministro Carfagna e come il tessitore di reti di relazioni, Nicola Cosentino. Più succulento delle volte precedenti, perché ora in palio c'è il controllo dei cantieri per l'inceneritore di Napoli est, cioè investimenti per un miliardo di euro e l'assegnazione di 2000 posti di lavoro. Questa è la politica, quella vera, non quella raccontata nei talk show televisivi. Questo è il gioco in corso sui rifiuti di Napoli, sulla pelle dei napoletani.
In questo quadro, occorre mettere i bastoni tra le ruote al comune del capoluogo, rimasto l'unico ente locale in mano al centro sinistra, accerchiato da provincia e regione di colore opposto. Fa nulla se nel frattempo i napoletani fanno Natale e Capodanno letteralmente "nella merda", se la posta in gioco è quella della spartizione di soldi e poltrone. Si tratta chiaramente di sciacallaggio su una giunta comunale che di figuracce, in due mandati, ne ha accumulate tante da sapersi suicidare da sola. Starà semmai ai napoletani trovare l'orgoglio di non votare a marzo gli sciacalli che volteggiano sulla città.
E se davvero gli sciacalli, miracolosamente, non dovessero passare, allora è possibile lasciare Napoli ancora sotto i rifiuti. Infatti proprio a marzo, e lo ricorda Fortini, "la discarica di Chiaiano sarà esaurita e siccome Terzigno non potrà accogliere i rifiuti di Napoli e il governo ha approvato un decreto legge che cancella le nuove discariche in Campania, non so che fine faranno i rifiuti della città".
Magicamente, se il centro destra vincesse le elezioni comunali napoletane, certamente il governo e la regione farebbero nascere tante convenzioni con Paesi esteri e regioni italiane che all'improvviso diverrebbero "solidali" con la Campania. C'è da scommetterci. E per concludere con lo sciacallaggio, basta ricordare che è sufficiente dirlo che non si tratta di emergenza rifiuti ma di campagna elettorale per le prossime comunali. Ma non lo si può dire, perché il centro destra stesso è spaccato al suo interno. Però questa è tutta un'altra storia.
di Alessandro IacuelliFonte articolo
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