08/03/11

Inferno Greco


Pochi giorni fa dicevamo che il progressivo indebolimento del dollaro

non fa che accelerare la necessità di politiche di consolidamento del bilancio a stelle e strisce

Di conseguenza il ministero degli esteri occulto degli Stati Uniti, ovvero Moody’s, ha provveduto oggi a tagliare di tre livelli il rating della Grecia, lasciando presagire che presto si vedranno nuove dispute sulla sotenibilità dell’euro e sul rischio ritrutturazione di alcuni debiti sovrani, facendo ‘guadagnare tempo’ al dollaro e agli USA.
Moody’s ha portato la Grecia a B1 (che corrisponde ad un B+ nella scala di Standard&Poors), causando un ulteriore aumento dei rendimenti dei titoli Greci: la scadenza 2020 rende oggi oltre il 12%.

Chiarimento, onde evitare confusione: questo non significa che la Grecia paghi cedole del 12%, ma che -nel caso specifico- siccome oggi il titolo Grecia 2020 vale 68 chi lo compra oggi e nel 2020 venisse rimborsato per intero (100) considerando le cedole del 6,25% lordo avrebbe un guadagno complessivo pari al 12% annuo.
Il problema su questo titolo per la Grecia non c’è: è stato emesso a 100 e a 100 ha l’impegno a rimborsarlo, il problema ricade sulle nuove emissioni: per trovare acquirenti per un nuovo bond la Grecia dovrebbe offrire rendimenti allineati, ovvero quel 12% di interessi. Essendo una scelta suicida la grecia deve far ricorso al fondo europeo di sostegno (EFSF) per pagare interessi gestibili, rinunciando a rivolgersi al mercato.

Questo blog, ed altri, hanno plurime volte sostenuto che la Grecia sarebbe potuta uscire dalla situazione di impasse soltanto attraverso una ristrutturazione del debito. Il concetto va ribadito di nuovo.
Le modalità di tale ristrutturazione sono cruciali: generalmente si opera allungando le scadenze e riducendo il valore di rimborso delle obbligazioni. Questa azione porterebbe una perdita forte e immediata nei bilanci delle banche che hanno in portafoglio titoli greci, costringendole ad ulteriori ripatrimonializzazioni (aumenti di capitale) e a vendere asset sui mercati (i bilanci sono in leva e la distruzione del valore dei titoli greci comporta la necessità di liberarsi dell’esposizione finanziaria che si basa su quegli “attivi”).
Considerando che gli aumenti di capitale per le banche sono già ora un problema rilevante sia per adeguarsi a Basilea III, sia per affrontare i prossimi stress test, che saranno meno blandi della prima edizione.
La ricapitalizzazione si presenta tuttavia densa di ostacoli, infatti i maggiori azionisti delle banche sono indisponibili a partecipare ad aumenti di capitale, considerato che hanno già molto capitale congelato nelle Banche con pesanti minusvalenze. Anzi, le Fondazioni chiedono alle Banche di pagare dei dividendi, utili a finanziari gli obiettivi statutari, dopo 3 anni nei quali i dividendi sono stati ridotti drasticamente.
Altri possibili partecipanti ad aumenti di capitale non ce ne sono : né in fondi pensione (praticamente inesistenti, come capacità reale), né i Fondi Sovrani (politicamente non graditi alle Autorità), né i Fondi di Private Equity (non graditi ai regolatori per le loro logiche di investimento).
Le Banche necessitano non solo di effettuare aumenti di capitale, ma devono anche sostituire i bond in scadenza (110 miliardi nel 2011 e 90 miliardi nel 2012), ma devono farlo a costi 5 volte più alti che nel 2008 (lo spread è salito da 22 punti base a circa 100), con un rilevante impatto sul margine di intesse.

Per tutte queste ragioni ritengo, come già ho avuto modo di dire enl mio intervento su Raiweb di dicembre 2010, che la ristrutturazione si configurerà in modo originale, giustificando l’appellativo di “default ordinato” che già è stato coniato:
anziché ridurre il valore nominale dei titoli, verranno allungati brutalmente, azzerando le cedole: il titolo Grecia 2020 verrà dunque rimborsato comunque a 100 ma nel (ipotesi) 2040, senza pagare alcun flusso cedolare.
In questo modo i titoli greci nei bilanci bancari, contabilizzati al valore nominale (100), non genereranno impatto e dunque non genereranno necessità di smobilizzo di asset sui mercati. Causeranno però un rilevante calo delle entrate anno su anno a causa della mancata erogazione delle cedole, diluendo il problema in piccoli bocconi, per una completa digestione da vedersi su orizzonte pluriennale.

In caso di necessità l’esperimento potrà poi essere allargato agli altri soggetti governativi che necessitino di ristrutturazione. D’altra parte Moody’s simpaticamente ricorda che chi viene portato a rating B1 nel 20% dei casi dichiara default entro cinque anni.

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