La storia della Repubblica italiana è fatta di ingerenze esterne. La prima Repubblica nasce sulle ceneri di una guerra e sotto l’egida dei vincitori. La seconda arriva per mano delle procure. La terza inizia con l’invasione della politica da parte della grande finanza internazionale.
E’ Deutsche Bank che apre le danze. Nel 2011 presenta al Governo tedesco un lungo documento dal titolo “Guadagni, concorrenza e crescita”, in cui chiede la privatizzazione del nostro welfare e dei nostri beni pubblici. Così, la grande banca tedesca si libera di 7 miliardi di titoli del nostro debito. Lo spread schizza alle stelle e la Merkel può telefonare a Napolitano per chiedere la testa di Berlusconi. Subito dopo, la Troika sbarca in Parlamento e passa in rassegna i parlamentari, uno ad uno: "Se non sostenete il Governo Monti non compriamo i vostri titoli di stato, e voi andate in default!" Ma come, ma non c’era il libero mercato? Sì, ma le emissioni sono in mano ai grossi specialisti autorizzati dal tesoro, tra cui Deutsche Bank.
Una pistola alla tempia. In 48 ore le borse aggrediscono i titoli Mediaset, Berlusconi lascia, Napolitano nomina un burocrate europeo emissario delle grandi banche internazionali e delle agenzie di rating, che in seguito ci declasseranno ad arte, sempre con lodevole tempismo. Si apre la stagione lacrime e sangue. A scrivere le leggi è il Fondo Monetario Internazionale, che detta tutto, dall’innalzamento dell’Iva fino alle ultime dichiarazioni di Monti sulla necessità di privatizzare la sanità pubblica. Il parlamento vota fiducie su fiducie. L’esigua opposizione viene distrutta dalle inchieste giudiziarie e giornalistiche. Decine di miliardi iniziano a prendere il volo e finiscono nei fondi Salva-stati, che li investono nelle economie dell’Europa centrale . Sono i deboli che salvano i forti. Il nostro debito supera i 2mila miliardi. I fondi salva-stati, creati coi nostri sodi, diventano salva-banche. Non solo: Draghi immette mille miliardi di liquidità: le banche italiane li usano per ricapitalizzarsi, ma lo fanno speculando sugli interessi elevati dei nostri titoli di stato. Alla fine, anche in questo caso, a pagare è sempre Pantalone, che intanto perde il lavoro perché le aziende chiudono.
I premi nobel dell’economia , gli analisti finanziari del Financial Times, del New York Times e del Daily Telegraph dicono che Monti ha portato l’Italia in recessione e che il suo lavoro va smantellato. Le elezioni si avvicinano. A una giornalista che lo ferma, Bersani dichiara che è tranquillo, perché i mercati lo conoscono. I mercati, non gli italiani! Ma gli italiani possono finalmente scegliere? Macchè! Prima di lasciare, Monti scrive un memorandum, cui il Governo successivo dovrà attenersi. Del resto la troika è lui: è sempre stata lui! Berlusconi scende in campo, ma la reazione dell’Europa non si fa aspettare. Il presidente del PPE lo chiama a Bruxelles. Lui è costretto a fare retromarcia, e candida Monti. La Merkel dice che non vuole interferire, ma che vuole continuare a lavorare con Monti. Hollande dice che non vuole interferire, ma che preferirebbe continuare a lavorare con Monti. E figuriamoci se volessero interferire... Ma non c'è niente da fare: è un diluvio. Da Barroso, al premier finlandese, fino al Fondo Monetario Internazionale. E il Corriere scrive perfino che dietro l’Unione Europea si scorge la sagoma della Casa Bianca.
Insomma, tutti decidono in anticipo il risultato delle prossime elezioni italiane. Tutti tranne noi, gli italiani. E se poi ogni tanto ci chiediamo cosa andiamo a votare a fare, per favore, cercate di capirci.
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