16/06/08

Blackout giustizia

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Argomenti pretestuosi. Dati falsi o infondati. Così la politica dà l'assalto alle intercettazioni. Per imbavagliare le indagini. Sottrarsi ai controlli. E coprire i comportamenti illegali. Parola di pm. Colloquio con Bruno Tinti

Era nel suo programma e Silvio Berlusconi lo ha ribadito a Santa Margherita Ligure tra gli applausi scroscianti dei giovani della Confindustria: intercettazioni d'ora in poi consentite solo nelle inchieste di mafia e terrorismo e carcere per i giornalisti che le dovessero pubblicare. La grande contro-riforma del Cavaliere è stata appena approvata dal Consiglio dei ministri, in cui il Guardasigilli Angelino Alfano la tradurrà in disegno legge.

Su un punto tutti, o quasi, sono d'accordo: in Italia s'intercetta troppo, si spende troppo e si viola troppo la privacy dei cittadini. Per questo il presidente Giorgio Napolitano ha invitato ad approvare una legge condivisa trovando porte spalancate anche nel Pd. Ma davvero esiste in Italia un'emergenza intercettazioni?


'L'espresso' ne ha discusso con un tecnico, il procuratore aggiunto di Torino Bruno Tinti, autore tra l'altro del bestseller 'Toghe rotte. La giustizia raccontata da chi la fa', 100 mila copie vendute che illustrano bene le cause del mal funzionamento dei tribunali in Italia. E, dati alla mano, ha scoperto che le cose stanno in maniera molto diversa, rispetto a quanto ripetuto nelle aule parlamentari. Per Tinti, infatti, "questa lotta alle intercettazioni non è altro che la decisione di parte della classe politica e dirigente italiana di sottrarsi al controllo di legalità. Perché tutti gli argomenti utilizzati per giustificarla sono infondati o falsi...".

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