26/06/08
Gladiatori a Palazzo di Giustizia
Mediolanum. Un tardo pomeriggio estivo. Sotto alle mura del palazzo. In lontananza, in cima alla monumentale scalinata, un gruppo di guardie del re osserva pigramente la scena. Sembrano leoni nell'afa di una pianura africana. La gente si affolla dinnanzi a un capannello di cittadini con i vessilli in mano. L'atmosfera è quella immota che precede il temporale. C'è un senso come di attesa. Hanno vagato per mesi, dopo la disfatta del loro esercito. Hanno visto i loro amici cadere sul campo, hanno ancora negli occhi una domanda senza risposta. Il loro re ha firmato la resa. Pacatamente. Serenamente. Loro no!
C'è un uomo tra loro. Sembra portare nel cuore il peso più grande. Non piange la perdita della sua casa, o della sua famiglia, no. Esterrafatto, assiste alla profanazione del tempio. Vede l'invasore vilipendere i valori con i quali è stato cresciuto, saccheggiare la propria terra, schernire gli dei, bestemmiare sui testi sacri. La canicola estiva imperla la sua fronte. Ha chiamato a se i suoi vecchi amici, e ora loro sono lì. Attendono. Sotto il sole. Per quanto grande sia il dolore, più grande è l'orgoglio del nome che porta. Un lampo di fierezza gli illumina il volto, e allora si erge, posando lo sguardo silenzioso suoi suoi compagni, uno ad uno. E inizia a chiamarli.
Dall'alto di quelle mura, sessant'anni di storia della Costituzione li guardano. Un imperativo morale che non si può tradire. Così, ecco i testimoni dei fratelli caduti rivendicarne l'eroismo, impugnare l'elsa delle spade inerti ed iniziare a brandirle, perchè nessun sacrificio fosse stato vano. E ancora, ecco strateghi ed esperti delineare il profilo del nemico, individuarne il tallone d'Achille, suggerire strategie e stendere piani d'azione. E poi gli oracoli, i profeti, i guerrieri. Eccoli prendere la parola a turno, brandire le mazze, lanciare urla di guerra, incitare e spronare gli astanti. Qualcosa è inziato. Una scintilla mai sopita, forse creduta spenta, tuttavia costantemente protetta e conservata come atto di fede prende improvvisamente a brillare. E' pronta per incendiare gli animi.
L'uomo, lo sguardo di pietra incastonato tra lineamenti rocciosi, alza una mano e prende a parlare. Sono parole che nascono incerte, forse incredule, ma che diventano via via più corpose con l'avvicendarsi dei pensieri. E sono pensieri arditi, immagini potenti. Nascono dall'abisso dove era sprofondato il cuore e si fanno più spaventose e prolifiche con l'emergere di una nuova consapevolezza. La voce sprofonda e tuona cavernosa, arricchendosi di sonorità ancestrali cui fanno eco le lance sbattute a terra, in sintonia con il ritmico cadenzare dell'inconscio tribale.
Ora gli uomini e le donne respirano all'unisono, e sono divorati dalla stesso desiderio, ma non è vendetta quella che vogliono. E' solamente giustizia.
E la avranno. Se continueranno a credere.
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