06/06/08

Un paese in controtendenza



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Come molti di voi avranno sentito in questi giorni, il ministro Claudio Scajola ha deciso di far fare una netta inversione di rotta all'Italia per quanto riguarda la politica energetica. L'annuncio è stato fatto in pompa magna, descrivendo per sommi capi un piano energetico che non lascia spazio ad ambiguità: nel 2020 l'Italia comincerà a produrre in casa proprio l'energia nucleare.
Secondo il "piano Scajola", dovrebbero diventare pienamente funzionanti per quell'anno quattro centrali nucleari (collocate in luoghi ancora da definire). Nel frattempo, fino a tale data il governo si impegnerà a trovare una collocazione per i rifiuti tossici/radioattivi. Il 2013 è previsto come anno in cui verrà poggiata la prima pietra per la costruzione.

Mi permetto di porre l'attenzione su alcuni dettagli.
Innanzitutto quello evidentemente più insignificante di tutti, agli occhi del ministro Scajola: il referendum abrogativo del 1987 in cui il popolo italiano si espresse chiaramente contro l'utilizzo dell'energia nucleare nel nostro paese (referendum che provocò la chiusura delle tre centrali allora attive). Scajola ha deciso in piena solitudine che sono passati tanti anni da quella data e che il popolo italiano ha cambiato idea. Non l'ha deciso con un nuovo referendum. Ha deciso da solo per 57 milioni di italiani.
E poi l'elevato livello di sicurezza delle centrali di nuova generazione, che in pratica eliminerebbero del tutto il problema delle fughe radioattive. E se dovesse avvenire un terremoto o un qualsiasi evento naturale che andasse a colpire la sicurezza dell'edificio? Qui la risposta finora è stata il mutismo.
Inoltre, non vorrei sembrare il solito disfattista, ma, secondo il ministro, dalla posa della prima pietra al funzionamento a regime dei quattro impianti dovrebbero passare al massimo 7 anni. Considerando che spesso per inaugurare una scuola o un ospedale ne passano almeno una decina, o il ministro è ottimista o evidentemente una centrale è più importante del resto.
Infine, in più di 15 anni non hanno risolto il problema dei rifiuti a Napoli. La popolazione si ribella alla costruzione di una discarica di rifiuti solidi fuori città; sarà divertente vedere cosa accadrà quando dovranno scegliere il comune che ospiterà le scorie radioattive. Io propongo Arcore, se non per un fatto di coerenza istituzionale. E propongo uno stanziamento di fondi per i cittadini di Arcore contrari al nucleare per effettuare un cambio di residenza.


Approfitto per presentare le scelte in tema di nucleare portate avanti da alcuni paesi europei.


SPAGNA

La Spagna ha iniziato la politica di dismissione del nuclare dal 1983. Tale decisione è stata accompagnata nel corso degli anni dall'incremento di energia prodotta da fonti rinnovabili, che al momento costituiscono il 16.52% del fabbisogno energetico nazionale. E sono in progressiva espansione.
Il premier spagnolo Zapatero ha comunicato che la SPAGNA continuerà ed incrementerà questa politica energetica indirizzata verso le fonti rinnovabili.
Il primo passo sarà il mancato rinnovo nel 2009 del permesso di sfruttamento della centrale nucleare di Garona (Burgos). Infatti la normativa spagnola richiede che ogni 40 anni ci sia il rinnovo dei permessi e la centrale di Garona sarà la prima a non vedersi rinnovare il permesso. Il mancato rinnovo sarà successivamente applicato anche alle altre sette centrali ancora in funzione, mettendo quindi da parte il nucleare entro il 2014.


GERMANIA

Nel 2000 il governo dell'allora Cancelliere Shroeder ha varato un nuovo piano di riforma energetica. La Germania chiuderà progressivamente le 19 centrali nucleari (ha già cominciato a farlo nel 2002), terminando definitivamente la produzione di energia nucleare nel 2020.


BELGIO

La decisione di abbandono del nucleare è stata legiferata nel 1999 dall'allora governo di centrosinistra. La legge prevedeva la chiusura di tutti gli impianti dopo i 40 anni di funzionamento, senza costruirne di nuovi.
Tale scelta è stata però posticipata dal nuovo governo di centrodestra, che ne ha ritardato la chiusura di 20 anni. Salvo ripensamenti, il Belgio dovrebbe abbandonare il nuclare, quindi, attorno al 2020.
Attualmente il nucleare fornisce il 9% del fabbisogno energetico nazionale.


PAESI BASSI

Nel 1994 è cominciata la fase di abbandono progressivo del nuclare. Lo smantellamento delle ultime centrali (previsto per il 2003) è stato però rimandato dal governo conservatore al 2013, anno in cui l'Olanda cesserà di utilizzare l'energia nucleare (fornitrice del 3% del fabbisogno).


SVEZIA

Il parlamento svedese nel 1997 ha approvato un piano di riduzione progressiva dell'utilizzo di energia nucleare, prevedendo la chiusura di 2 dei 10 reattori operativi, da operare entro il 2001. Il cambio di governo ha rallentato il processo, portando però comunque alla chiusura di tali reattori nel 2005, 3 anni fa. Per il 2010 è previsto l'abbandono totale dell'energia nucleare.


Insomma, moltissimi paesi europei stanno cominciando a rivedere le proprie linee sul nucleare, prevedendo chiusure definitive che avverranno non oltre il 2020. Noi per quella data dovremmo inaugurare le prime. La solita lungimiranza italiana!
Per non parlare del fatto che la produzione nucleare verrebbe gestita proprio da noi italiani. E questa è forse la principale fonte di preoccupazione. Non riusciamo a sistemare un'autostrada, figurarsi cosa vorrebbe dire gestire il nucleare!

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