26/09/08

Alitalia: una valutazione dell'accordo





















Anche se i dettagli non sono ancora interamente noti la vicenda Alitalia sembra avviarsi verso la sua conclusione, più o meno sulle linee che sono state indicate lo scorso agosto. Forse è già stato detto tutto quello che c'era da dire, ma qualche parole finale la vogliamo aggiungere.
La vicenda Alitalia è stata veramente uno specchio di quanto sia malato il paese. Quello che abbiamo visto e sentito dalla classe politica, da quella imprenditoriale e dai mandarini dei media è stato, se non altro, molto istruttivo. Andiamo per ordine.
Premessa
Di Alitalia su questo sito abbiamo parlato in abbondanza. Abbiamo espresso nei termini più chiari possibili cosa pensiamo di Berlusconi e della sua ripugnante demagogia sulla pretesa ''italianità'' della compagnia. Abbiamo anche detto molto chiaramente cosa pensiamo di quella banda di parassiti che hanno l'ardire di farsi chiamare ''imprenditori'' e che si sono dilettati a trescare con il potere politico. Il prezzo esatto che hanno preteso per finanziare la demagogia del nostro novello Peron lo conosceremo solo con il tempo, quando osserveremo l'evoluzione delle concessioni pubbliche di cui sono beneficiari. Abbiamo documentato la grottesca ipocrisia della pretesa motivazione patriottica degli imprenditori, abbiamo evidenziato il disprezzo per la legalità contenuto nel decreto, così come la sua evirazione dei poteri dell'Antitrust. Di tutto ciò abbiamo già parlato e quindi non lo ripeteremo. Parleremo invece di cose a cui finora, per una ragione o per l'altra, abbiamo dedicato poca attenzione.
Avanspettacolo
Cominciamo, giusto per ridere un po', dalle associazioni dei consumatori. Marcello ne ha discusso all'inizio dell'anno, mettendo in luce la dipendenza di tali associazioni dal finanziamento del governo e degli enti locali. Marcello segnalava come l'Unione Nazionale Consumatori, fondata nel lontano 1955, sembrasse essere la più seria. Bene, nel comunicato stampa oggi emesso tale organizzazione riporta la seguente dichiarazione del suo segretario generale, Massimiliano Dona:
“Alla fine è prevalso il senso di responsabilità e l’interesse generale, criteri che dovrebbero sempre essere osservati nelle circostanze difficili”.
“Ora la nuova compagnia aerea è attesa da sfide importanti e difficili. Ci auguriamo che nell’affrontarle il management di Cai, oltre a confrontarsi con le rappresentanze sindacali, voglia ascoltare le legittime richieste delle associazioni consumatori per troppo tempo rimaste inascoltate”
Qaulcuno lo ha informato che, con grande senso di responsabilità, questi stanno rimonopolizzando il trasporto aereo domestico? E qualcuno lo ha informato, anche solo per sentito dire, che il monopolio di solito non è particolarmente favorevole ai consumatori? In Italia le associazioni dei consumatori contano poco. Visto quello che dicono, possiamo solo aggiungere ''per fortuna''.
Il Partito Democratico.
Passiamo a cose più serie, il Partito Democratico e più segnatamente la sua linea di politica economica. Cosa abbiamo imparato dal suo comportamento nella vicenda Alitalia? Andiamo con calma, e partiamo da lontano.
Partiamo dal dicembre 2006, quando il governo Prodi annunciò la sua intenzione di cedere gran parte della quota Alitalia. Leggete questo articolo del Corriere dell'epoca e scoprirete, almeno per quel che ci riguarda con un certo orrore, come le coordinate essenziali del piano attuale fossero ben presenti già allora. Vale la pena citare dall'articolo, datato 2 dicembre 2006.
Ai nastri di partenza ci sarebbe una bella fetta dell’imprenditoria italiana, quella che si è già misurata con imprese difficili. E le banche, come Banca Intesa e Unicredit, in continuo movimento. Alla gara per Alitalia sono interessati da Roberto Colaninno, a Carlo De Benedetti, da Carlo Toto a Diego Della Valle.
e poi
Il premier [ossia Prodi, ndr] sembra non voler scontentare nessuno. Di qui la scelta di una gara che metterà in competizione offerte che trovano nel governo appoggi differenti. Si sa, ad esempio, che i Ds vedrebbero bene un’alleanza con l’AirOne di Carlo Toto, magari con l’appoggio di un forte istituto finanziario. Sulla stessa pista potrebbe correre l’interesse di Roberto Colaninno. E in fondo alla cordata potrebbe esserci l’alleanza con Lufthansa.
Lasciamo perdere il tono dell'articolo (l'imprenditoria italiana che si è ''già misurata con imprese difficili''; ma per favore...). La verità è che fin da prima del bando il centrosinistra brigava per sottrarre la vendita Alitalia a una procedura transparente di mercato e invece allocarla a banche o imprenditori ''amici''. Banca Intesa, Colaninno e Toto avevano messo gli occhi, e iniziato a cercare alleanze politiche, fin da allora.
Fin da prima del bando di vendita del gennaio 2007, è stato chiaro che all'interno del centrosinistra c'erano due modi differenti di affrontare il problema. Bersani e pochi altri apparivano più favorevoli a una linea che chiamare ''di mercato'' è un po' troppo, ma che perlomeno non poneva la ''italianità'' come condizione alla vendita. Diverse altre forze,esplicitamente o implicitamente, la vedevano in modo diverso. Si può sempre contare su Bertinotti per sentire qualcosa di stupido e statalista, e anche in questa occasione non ha deluso. Ma forze ben più pesanti, come ad esempio Rutelli, erano all'opera. Il risultato fu il confuso e confusionario bando di gara del gennaio 2007, che sembrava fatto apposta per non combinare nulla e per far scappare chiunque non appartenesse alla ristretta schiera dei ben introdotti. E infatti il bando iniziò subito ad avere problemi e alla fine andò a ramengo.
Messo alle strette, con Alitalia sempre più in perdita e sempre più insopportabile, che fece il governo Prodi? Non liquidò la società, non adottò una procedura trasparente di vendita, non eliminò tutte le clausole che avevano fatto fallire il primo bando di gara ma si rimise sull'unica strada che apparentemente conosceva, quella dei contatti riservati e delle trattative private. Si arrivò così alla famosa offerta Air France, che saltò poi per aria (disgraziatamente, visto l'esito attuale) grazie a Berlusconi e ai sindacati.
Perché questo lungo prologo? Perché è utile per capire come il comportanento del PD e in particolare di Veltroni nell'ultimo mese non è il risultato di un'aberrazione o di un errore, ma la prosecuzione naturale di una linea che il centrosinistra ha perseguito con costanza e coerenza quando era al governo. Non è stata la presenza di Matteo Colaninno nel governo ombra che ha dettato il sostegno alla soluzione anti-mercato e pro-soliti noti. Al contrario. È stato il sostegno alla soluzione anti-mercato che ha dettato la candidatura di Colaninno prima e il suo ruolo nel governo ombra poi.
C'è, a dir la verità, un residuo di dibattito. Per esempio Bersani nel giugno 2006 intervenne sul Corriere contro la concertazione corporativa del governo Berlusconi dichiarando
Parlo adesso di Alitalia. Si affida senza gara ad una grande banca, già parte in causa, la gestione di un percorso sgombro da ogni vincolo di trasparenza, di vigilanza e di non discriminazione. Una cosa mai vista, che travolgendo una miriade di legittimi interessi, genererà una sacco di guai.
Bersani inoltre si è speso con una certa coerenza, fino all'ultimo, a favore di una soluzione che mettesse da parte la sciocchezza dell'italianità e non considerasse gli euro stranieri come danari di serie B. Comunque, gli esponenti del PD non sono stati certo in prima linea nel denunciare l'operazione di rimonopolizzazione e sospensione dei poteri Antitrust. C'è stato al più qualche timido accenno, per esempio d'Alema, in un'intervista al Sole 24 Ore ha dichiarato
E’ almeno bizzarro che sia passato praticamente sotto silenzio che per costituire la cosiddetta cordata a difesa dell'italianità siano state modificate le regole anti-trust, la legge Marzano e sia stato consentito di accollare alla collettività i debiti lasciando al subentrante solo la polpa redditizia della compagnia.
Ma sono state dichiarazioni sporadiche (il titolo del'intervista, significativamente, era ''Bene Cai ma serve l'alleato''). In ogni caso, il segno vero dell'intervento del PD in questa vicenda non ha portato la firma di Bersani ma quella dei vari Veltroni, Rutelli e Colaninno junior.
Qualche differenza tra centrosinistra e centrodestra in questa vicenda è emersa. Primo, il centrosinistra è istintivamente portato al dialogo e al compromesso con il sindacato. Il centrodestra invece continua a fare quello che ha fatto ai tempi della battaglia sull'art. 18 dello statuto dei lavoratori: si presenta sbraitando e sparando in aria, minacciando sfracelli, e poi appena il sindacato reagisce scappa sotto il tavolo guaendo. In questa occasione, è corso da Veltroni perché convincesse la CGIL a venire a patti, uno spettacolo abbastanza esilarante. Secondo, il centrosinistra pur perseguendo lo stesso tipo di soluzioni neocorporative è stato più attento al rispetto dello stato di diritto. Tutto sommato, la soluzione Air France, oltre a essere più conveniente per i contribuenti, non implicava la sospensione dell'Antitrust e l'amnistia per i dirigenti Alitalia.
Ma se guardiamo al nucleo centrale dell'idea di politica industriale (e di politica economica più in generale) non c'è vera differenza tra centrodestra e centrosinistra. A entrambi pare perfettamente adeguato intervenire attivamente e pesantemente nella gestione di imprese e industrie nazionali, organizzando cordate, stabilendo condizioni e dettando finanche comportamenti operativi come quelli relativi alle relazioni industriali. Entrambi diffidano del libero mercato e della trasparenza, al punto che a nessuno è venuto in mente che Alitalia (o i suoi assets in modo separato) potessero semplicemente e direttamente essere messi in vendita al miglior offerente, senza condizioni di sorta. La longa manus del politico deve sempre esser lì, a guidare e controllare che l'impresa non cada nelle mani sbagliate. Patetico.
La Commissione Antitrust
In un paese nel quale è abitudine difendere con le unghie e con i denti le proprie prerogative istituzionali, per assurde che siano, ci si sarebbe attesi una vivace resistenza da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, meglio nota come Antitrust, all'amputazione dei suoi poteri. Per amor di potere, se non per amor dei consumatori. Attesa vana. Il coraggio e la determinazione con cui il Presidente dell'Autorità Antonio Catricalà era intenzionato ad affrontare la vicenda risultavano già chiari da un articolo del Sole 24 Ore del 31 luglio relativo alla progettata fusione tra Alitalia e AirOne, in cui leggiamo quanto segue.
Il presidente dell'Autorità, Antonio Catricalà, interpellato a margine di un'audizione in commissione Agricoltura alla Camera su eventuali problemi di concorrenza legati all'ipotesi che nel nuovo piano Alitalia possa detenere il 65% delle rotte nazionali, non si sbilancia. «Dobbiamo verificare questi dati con una analisi del traffico nazionale e delle singole rotte». La compatibilità, spiega Catricalà, «dipenderà da come si colloca per le singole rotte».
Troppa irruenza avvocato, si componga. Quando era più giovane, solo un paio di anni fa, sembrava avere le idee più chiare. In una intervista a La Stampa del 4 dicembre 2006 aveva osato un po' di più, anche se non troppo.
Per salvare Alitalia ora si parla di fonderla con AirOne o un altro vettore nazionale: il problema si complica ulteriormente?
«La nostra legge istituiva vieta concentrazioni che restringono la concorrenza o che rafforzano posizioni già dominanti. Però l’articolo 25 consente delle deroghe a fronte di un programma governativo concordato con l’Authority a condizione che questa operazione sia favorevole per il mercato e i consumatori e che vengano subito fissati tempi ben precisi per il rientro nei limiti fissati dall’Antitrust».
Almeno ammetteva le posizioni dominanti. Comunque, tanto che il bell'Antonio verificava e studiava ci ha pensato il governo a toglierlo dall'imbarazzo, emanando un bel decreto in cui diceva che l'Antritrust, nel trasporto aereo, non ci doveva metter becco.
Il più recente intervento il Catri lo ha tenuto presso le commissioni riunite del senato il 23 settembre. Una delle due commissioni è presieduta da Grillo, Luigi purtroppo e non Beppe, persona dagli interessi variegati e di respiro europeo. Le notizie che sono giunte di quell'intervento, non siamo purtroppo riusciti a trovare l'audizione intera, riportano queste dichiarazioni
"Questa Autorita' -dichiara- dovra' vigilare, e non manchera' di farlo, sul comportamento delle nuove imprese che dovessero derivare dalle operazioni di concentrazione che saranno autorizzate' secondo il Dl di modifica della legge Marzano".

In particolare, spiega Catricala', "se l'impresa risultante dalle operazioni di concentrazione sara' qualificabile come dominante sui mercati nei quali operera', sara' pienamente soggetta al divieto di abusare della propria posizione, tanto a svantaggio dei concorrenti, quanto a danno dei consumatori".

"Non manchera', inoltre -aggiunge- di essere attentamente valutata anche l'esistenza di eventuali conflitti di interesse" in merito a partecipazioni incrociate.
I consumatori possono quindi possono dormire sonni tranquilli perché l’organismo che lui presiede vigilerà. Sarà che quando uno sente dire che uno vigila, la prima cosa che viene in mente è Albertone nostro in una delle sue più riuscite caratterizzazioni, e questo non aiuta. Ma poi, dopo che si è vigilato, che si fa? Nel merito poi della sospensione dei poteri, il Catri pare si sia limitato a chiedere che tale sospensione sia solo temporanea. Un po' come consigliare di chiudere la stalla, ma assicurarsi prima che i buoi siano scappati tutti ma proprio tutti. Questo è in linea con l'intervista a La Stampa del 2006, con il trascurabile particolare che allora si reclamava che i limiti temporali venissero discussi con l'Antitrust e fissati in anticipo, ora ci si limita a chiedere al governo che, per favore, una volta fatti i suoi comodi chiuda la porta. Comunque aspettiamo le minute dell'audizione, magari siamo stati troppo pessimisti.
I media
Per settimane giornali e telegiornali hanno riportato la vicenda Alitalia facendo da cassa di risonanza alle dichiarazioni altisonanti di politici ed imprenditori interessati, senza informare seriamente i loro lettori sull'unico punto veramente rilevante: il fallimento di Alitalia non sarebbe stato una tragedia nazionale, come ripetuto in continuazione da tutti. Sabena, Swiss Air, e molte altre compagnie sono fallite senza causare disastri. Era tanto difficile informare i lettori sulle conseguenze di quei fallimenti?
Conclusione
Scoraggiante. Veramente l'immagine di un paese incartato, imbelle e incapace di sollevarsi. I capoccia del'industria, della politica e dei media (in particolare il signore che è capoccia in tutti e tre i gruppi) a fare gli affari loro, e il popolo a guardare più o meno come in un reality show.
E anche oggi i media, continuando con il loro tradizionale ruolo di portatori d'acqua dei politici e della grande industria, ci propinano la storiella dell'armoniosa e geniale soluzione del problema, con un fondo sul Corriere in cui si presenta questa ignobile porcheria come buona politica, nada menos. Vogliamo essere ottimisti anche contro ogni buon senso, vogliamo sperare che prima o poi uno spiraglio di buona politica si vedrà veramente. Ma il cammino sarà molto, molto lungo.

Fonte articolo


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