di Valerio Pignatta
Qualche mese fa istituzioni e mass media si sono scalmanati per promuovere a livello di massa una ennesima vaccinazione, l’antipapillomavirus, contro appunto due tipi (degli oltre 120 esistenti) di papilloma ritenuti responsabili di cancro alla cervice dell’utero. Il ministero ha anche speso parecchi euro per inviare a casa una lettera a tutte le famiglie che hanno bambine sui dodici anni che sono il target preso di mira da questa campagna. In realtà la lettera è arrivata anche a bambine di dieci anni sebbene non si capisca con quale criterio sanitario ciò sia stato fatto, dato che pure per quelle di dodici non ci sono studi di comprovata efficacia e durata del vaccino medesimo, e anche l’Associazione Culturale Pediatri italiana si è dichiarata contraria alla diffusione di questo vaccino, su cui peraltro incombono parecchie nubi nere dato che sono vari i casi già segnalati a livello europeo di gravi conseguenze e addirittura morte in seguito alla vaccinazione medesima.
La riflessione che ne deriva mi pare possa essere questa: per quello che riguarda la sanità il sistema attuale è passato da uno scopo medico di normalizzazione dello stato di salute a uno scopo di “ottimizzazione”. Le stesse biotecnologie, gli alimenti OGM, talvolta i trapianti, la chirurgia estetica, l’inseminazione artificiale, la selezione genetica ecc. sono tutti interventi sanitari che vanno in effetti in questa direzione.
Per spingere nel senso dell’ottimizzazione ovviamente va posto l’accento sul “rischio”, cosa che i media sanno fare benissimo data la loro vocazione terroristica e l’inclinazione perversa che essi dimostrano ogni giorno per lo sciacallaggio emotivo.In questo mondo ormai più fittizio che davvero reale, facciamo sempre più fatica ad avere la coscienza della semplicità dell’esistenza. Si vive per lavorare anziché lavorare per vivere, si corre per la poltrona anziché sedercisi in beato relax a chiacchierare con un amico, ci si intossica di farmaci per i mali che un giorno potremmo accusare anziché curare quelli dell’animo di cui già soffriamo e che ci rendono depressi e rabbiosi.
E poi non si dica come al solito che intanto la soluzione non è certo l’autoproduzione, la fuga in campagna, che intanto con 5000 metri, con un ettaro, con dieci ettari non si campa, che non tutti hanno la terra, che siamo tanti ecc. ecc. Primo, perché la permacultura ha dimostrato che 400 mq di terra servono a soddisfare le esigenze alimentari più importanti di una famiglia. In secondo luogo mi vien da dire: ma perché così si vive? Non è mera sopravvivenza? Non sta finendo tutto? Anche la nostra semplice libertà di gestire il nostro corpo come vogliamo? Chi sono i veri utopisti? Si dovrà pur tentare qualcos’altro per arginare questo parossismo tecnicistico ed economico o dobbiamo aspettare davvero la creazione folle di un buco nero per uscire di scena con tanto di aureola e alucce da nuovi santi-scienziati?
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