Questo è un lavoro meraviglioso. Se avete voglia di giocarvi la camicia, non esitate: fatelo!
Proverete l'ebbrezza di prendere ogni giorno un treno diverso. Di andare ad un appuntamento con persone sconosciute, ma sempre interessanti. Di preparare le domande che via email ricevete dai vostri editori - voi - mentre fuori dal finestrino Desenzano sul Garda si specchia, vanitosa, nelle pittoresche acque che la lambiscono. Avrete a che fare con gente vera. Gente che ci crede. Che non si è ancora rassegnata. E soprattutto, tornerete a casa con una storia da raccontare.
La storia di oggi è lunga, tanto da doverla suddividere in più capitoli. Il primo mi è stato suggerito da Paolo Ricci, e si intitola La Decrescita. Felice, aggiungo io.
Felice perchè ne esiste anche una infelice. Molto infelice. Lo sanno bene gli ecosistemi dove le risorse alimentari iniziano improvvisamente a scarseggiare. Le specie che vi abitano iniziano una dieta forzata. La popolazione si riduce, vittima degli stenti. La natura ridimensiona i predatori fino a quando non si trovano di nuovo in un sostenibile rapporto di equilibrio con le prede. Se ciò non avviene, li estingue. La decrescita naturale è molto, molto infelice!
La nostra può essere ancora felice, perchè abbiamo una scelta. Dio ci vuole bene. Possiamo scegliere di limitare gli sprechi, e in questo modo permettere all'ecosistema di ristabilirsi, alle prede di stabilizzarsi. Le nostre prede si chiamano aria, acqua, ambiente. Ma anche uomini. Noi prediamo e deprediamo. Come cavallette, infestiamo un territorio e ne esauriamo la capacità produttiva. Per di più lo rendiamo inutilizzabile. Con il nucleare, addirittura per 200.000 anni! Allo stesso modo facciamo con i nostri simili. Ne esauriamo la carica vitale. Sottraiamo loro la possibilità di apprezzare la bellezza del mondo. Rubiamo loro il tempo, la gioa. E inevitabilmente finiamo per farlo con noi stessi.
Bastano otto R, per decrescere felicemente. Chi ha la erre moscia è esentato dal pronunciarle, ma non dal metterle in pratica. Stanno per:
- Rivalutare.
Rivedere i valori in cui crediamo e in base ai quali organizziamo la nostra vita. Per esempio, è meglio cooperare che competere; è meglio essere altruisti, piuttosto che egoisti. E' meglio lavorare il giusto, piuttosto che lavorare e basta. - Ricontestualizzare.
Cambiare il sistema di coordinate che ci permette di interpretare il mondo circostante. Capire che se abbiamo questa perenne sensazione di scarsità, è solo perchè è funzionale al sistema. Abbiamo molto di più dei nostri padri e dei nostri nonni, ma crediamo di avere meno. Perchè? - Ristrutturare.
Cambiare il modo in cui facciamo le cose, il modo in cui viviamo, passiamo le nostre sere, scegliamo le nostre vacanze. Cambiare i modelli per cambiare le azioni. - Rilocalizzare.
Tornare a consumare quello che produciamo, a livello locale. Non ha senso mangiare le fragole in qualsiasi stagione. Non ha senso bere l'acqua che arriva da oltre 900km. ognuno consumi quel che è in grado di produrre. - Ridistribuire.
Garantire a tutti gli abitanti del pianeta un equo accesso alle risorse naturali, alla ricchezza. - Ridurre.
Diminuire i consumi. Usiamo troppe cose. Le usiamo male. E non le facciamo usare a nessun altro. - Riutilizzare.
Superare la frenesia degli acquisti come metro di misura della felicità. Si è rotto qualcosa? Se si può riparare, aggiustiamolo. Tutto ciò che buttiamo ci impoverisce. - Riciclare.
Recuperare gli scarti. Gli scarti sono un insuccesso. Una società matura, eco-consapevole, non produce rifiuti. I suoi materiali di risulta sono la materia prima di altri prodotti.
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