11/11/08

UNA RETE PER TUTTI. Precari, straordinari, sussidi disoccupazione

La crisi dei mercati finanziari si trasferisce all'economia reale. Tra qualche mese inizieranno le vere e proprie riduzioni di personale e i primi a essere colpiti saranno i circa quattro milioni e mezzo di lavoratori precari. Per questo l'Italia ha urgente bisogno di introdurre un sussidio unico di disoccupazione, a cui si acceda indipendentemente dal tipo di contratto con cui si è stati assunti. Dove trovare le risorse? Sufficiente utilizzare i fondi destinati in via sperimentale alla detassazione degli straordinari, un provvedimento che diminuisce l'occupazione.

Ci siamo. La crisi dei mercati finanziari, come temuto, si sta trasferendo all’economia reale. Due sono i principali canali di trasmissione. Il primo è il crollo della fiducia dei consumatori e delle imprese, tornata ai livelli minimi della recessione del 1993. Questo significa rinvio di piani di consumo e di investimento. I dati sulla produzione industriale a settembre rilasciati ieri dall’Istat (-5,7 per cento) sono eloquenti; quelli sugli ordini nelle imprese manifatturiere (saldo sceso a -36 rispetto a -28 nel mese precedente) resi noti dal Centro studi Confindustria fanno pensare che il calo della produzione continuerà nei prossimi mesi. Il secondo canale è quello della stretta creditizia alle imprese. L’ultimo sondaggio congiunturale svolto da Banca d’Italia indica che oltre il 40 per cento delle imprese intervistate a cavallo tra metà settembre e metà ottobre segnala un inasprimento delle condizioni di accesso al credito, con un impatto negativo sulla realizzazione di piani di investimento e sull’occupazione. Nel frattempo, le persone in cassa integrazione straordinaria sono aumentate del 5 per cento da inizio anno e quelle in cassa integrazione ordinaria addirittura del 68 per cento, mentre la disoccupazione rilevata dall’Istat era già aumentata nel secondo trimestre del 2008, invertendo una tendenza al ribasso ormai di un decennio.

PRECARI, I PRIMI A PAGARE

Il crollo dei corsi azionari ha colpito meno di una famiglia su cinque in Italia, e ha interessato soprattutto quelle più ricche. La crisi dell’economia reale e l’aumento della disoccupazione sono invece destinati a riguardare la maggioranza delle famiglie italiane e soprattutto i più deboli. Nella precedente grande recessione, quella del 1992-93, la povertà è quasi raddoppiata in Italia. Tra qualche mese inizieranno le vere e proprie riduzioni di personale e i primi a essere colpiti saranno i circa quattro milioni e mezzo di lavoratori precari.
La ragione è molto semplice. Quando un contratto è a tempo determinato, per interrompere un rapporto di lavoro non si deve nemmeno licenziare, poiché è sufficiente che un’impresa non rinnovi il contratto alla scadenza. I lavoratori che saranno più danneggiati dall’arrivo della crisi appartengono a quella crescente fascia di lavoratori che già oggi hanno una retribuzione inferiore alla media e che non hanno accesso ad ammortizzatori sociali, a ferie pagate e a maternità.
La prima riforma da fare è quella degli ammortizzatori sociali, per poter vivere in modo meno drammatico la recessione globale alle porte, riducendo i costi sociali della disoccupazione. Dobbiamo paradossalmente augurarci che proprio per la gravità della situazione economica, questa volta si riuscirà a riformare veramente gli ammortizzatori. Spesso nei periodi di forte crisi si riescono a fare riforme che non sembrano possibili in tempi normali.

IL GOVERNO PENSA SOLO AGLI STRAORDINARI

Ma il governo sin qui ha pensato ad altro. Ha detassato gli straordinari e intende mantenere questa misura anche nel 2009. È un provvedimento che riduce l’occupazione. Un recente studio di Banca d’Italia mostra che il 25 per cento delle imprese che intende fruire di questa misura diminuirà le assunzioni. Il ministro del Lavoro Sacconi ha accolto i risultati di questo studio, come viziati da considerazioni di natura ideologica. In realtà, sono soprattutto le imprese del Nord, quelle dove il centrodestra ha stravinto le elezioni, a riportare riduzioni delle assunzioni per via del provvedimento sugli straordinari. Un effetto largamente prevedibile e appunto previsto su questo sito.
L’unica misura sin qui varata dal governo è stata l’incremento di circa 100 milioni della dotazione del fondo che deve erogare indennità di disoccupazione “in deroga” alla normativa esistente. È un fondo istituito per favorire specifici gruppi di lavoratori con maggiore peso negoziale-elettorale, come i lavoratori del tessile di Varese, cui era stato concesso l’accesso ai sussidi sotto il ministero di Maroni. Questi fondi peraltro vengono utilizzati spesso “in proroga” anziché “in deroga”, a favore dei disoccupati di serie A, quelli che già oggi accedono alla cassa integrazione. Ci saranno, comunque, alcune estensioni selettive ad alcune piccole imprese, limitatamente ai fondi disponibili. Ma chi deciderà chi può accedere e in base a quali criteri?
Abbiamo tanti, troppi, esempi di un uso degli ammortizzatori sociali come strumento di politica industriale. No, le regole di accesso devono essere chiare e uguali per tutti, non lasciate all’arbitrio della classe politica.

UN SUSSIDIO UNICO

L’Italia ha urgente bisogno di introdurre un sussidio unico di disoccupazione, a cui si acceda indipendentemente dal tipo di contratto con cui si è stati impiegati. Il nuovo istituto dovrebbe ovviamente essere finanziato dai contributi versati da tutti i tipi di contratto. Si dovrebbe poi introdurre anche un meccanismo di bonus-malus, in modo da aumentare i contributi al fondo di disoccupazione per quelle imprese che lo utilizzano maggiormente. Si potrebbe anche decidere di aumentare i contributi assicurativi alle imprese che utilizzano i contratti a termine, in modo da disincentivarne l’uso generalizzato.
Il governo potrebbe sostenere che mancano le risorse per una riforma degli ammortizzatori. È vero che le risorse sono poche, ma è sufficiente utilizzare quelle che erano state destinate in via sperimentale alla detassazione degli straordinari per introdurre un sussidio unico di disoccupazione. Non c’è dunque tempo da perdere per evitare che questa nuova recessione porti a un ulteriore e brusco incremento della povertà e delle disuguaglianze. Gli italiani sono i cittadini europei, dopo gli ungheresi, che si sentono maggiormente a rischio di povertà: un italiano su tre si sente vulnerabile.
Anche politici interessati solo alla loro rielezione dovrebbero pensarci due volte prima di rimandare nuovamente questa riforma.

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