16/12/08

Crisi, debito pubblico. L’orco in soffitta


Tradotto dal giornale "The Economist"

Il debito pubblico italiano. Gli scossoni dei mercati finanziari fanno temere il peggio.

Il debito pubblico italiano, il terzo più grande al mondo, equivalente al 104% del PIL, non è un elefante nel soggiorno di casa, ma un orco in soffitta.

C’è paura che possa venir fuori e scombussolare l’intera situazione economica, non solo in Italia, ma anche nell’intera zona euro.

Il 3 dicembre si è sentito un rumore sinistro arrivare dalla porta della soffitta. Un rumore derivato da una risposta del Ministro del Welfare del governo Berlusconi, Maurizio Sacconi, alle voci di disaccordo con il Ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, su quanto spendere per le misure di stimolo dell’economia.

Smentendo che ci fosse alcun conflitto, Sacconi ha dichiarato: “Sono anche io vincolato dal debito pubblico e sono anche io preoccupato per il rischio di “default” del Paese”. Apparentemente inconsapevole del possibile effetto delle proprie parole, Sacconi ha aggiunto: “C’è qualcosa di peggio della recessione: è la bancarotta dello Stato, un’ipotesi improbabile, ma non impossibile”. Se il Ministero del Tesoro non sarà capace di trovare compratori per i titoli di Stato, ha detto Sacconi, l’Italia potrebbe far la fine dell’Argentina che cadde in dissesto nel 2001.

Il mercato delle obbligazioni di Stato è diventato certamente un terreno ostico per chi si occupa del piazzamento del debito. Numerosi stati, molti con un’affidabilità creditizia di gran lunga migliore dell’Italia, hanno bisogno di un aumento delle liquidità. Ma se il rendimento delle obbligazioni in Italia aumentasse, il Governo potrebbe essere costretto a pagare più interessi e la situazione di deficit nazionale potrebbe, a quel punto, sfuggire di mano. Se questo dovesse accadere sarebbe un’ulteriore erosione della fiducia degli investitori, che a loro volta chiederebbero rendimenti ancora più alti.

Dopo le proteste in seguito alle affermazioni di Sacconi, il Ministro Tremonti ha negato l’ipotesi di “default”. Ma nello stesso giorno ha confermato che i rischi in tal senso sono aumentati.

Tremonti ha affermato in commissione parlamentare che il “vincolo fondamentale” alla spesa di governo non era più rappresentato dai parametri di Maastricht dettati dall’Unione Europea sul deficit massimo, ma dai limiti imposti dai mercati finanziari. In effetti, sono stati espressi timori che l’inizio di ció che gli operatori finanziari chiamano “dinamiche ostili del debito” sia già evidente dal netto allargamento nello scarto, in termini di rendimento, tra i bond decennali tedeschi e le obbligazioni italiane.

Il 5 dicembre questo valore ha raggiunto il record di 144 punti base [BPS, N.d.T.], in crescita da un minimo di 38 punti base alla fine di maggio (vedi grafico).

Anche Brian Coulton di Fitch, un’agenzia di rating, spiega che questi valori riflettono il calo dei rendimenti tedeschi (gli investitori cercano la sicurezza) piuttosto che l’aumento di quelli italiani. “I rendimenti attuali delle obbligazioni decennali in Italia sono gli stessi della fine del 2007″ ha osservato Coulton. Sin dal lancio dell’euro, inoltre, i controllori del debito italiano sono riusciti ad estendere la data di scadenza media dei prestiti fino a circa sette anni, tenendo così i tassi di interesse bloccati e assicurando che solo una piccola parte di questo debito pubblico sia in balia di improvvisi aumenti del tasso di interesse.

In parte grazie alla riduzione della spesa voluta dal precedente governo di centro sinistra, le finanze pubbliche italiane non sono più nello stato critico in cui si trovavano alcuni anni fa. La scorsa primavera il Ministro Tremonti ha fatto passare in parlamento un piano finanziario di spesa di tre anni che prevede profondi tagli. Ciò fa sorgere due domande. La prima è se Tremonti sarà capace di confermare i tagli. L’altra domanda è relativa a cosa succederà nella parte del bilancio relativa alle entrate. In un periodo di recessione gli introiti derivanti dalle tasse sono destinati a diminuire. Ma di quanto?

In parte la risposta dipenderà dalla sensibilità dei conti pubblici alle variazioni della crescita. Le entrate fiscali erano molto aumente sotto il centro-sinistra. Ma, come ha sottolineato l’analista Coulton, non è chiaro quanto di questo incremento delle tasse fosse strutturale (il prodotto di un miglioramento duraturo nella raccolta delle tasse) e quanto ciclico (risultato di una temporanea ripresa dell’economia).

L’altra variabile è la gravità di questa recessione. Molti osservatori prevedono che sarà meno grave in Italia rispetto che in Inghilterra (anche se più grave che in Francia o Germania).

Tuttavia le misure anti-recessione di Berlusconi sono state certamente modeste (solo 6 miliardi di euro di spesa netta extra). E la ragione per cui il Presidente del Consiglio ha indietreggiato nei suoi intenti di maggiori aiuti è stata che Tremonti gli ha ricordato delle limitazioni imposte dai 1575 miliardi di euro di debito italiano.

L’orco è ancora là, anche se per il momento è ancora incatenato.

[Articolo originale]

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