Ombre lucane è il titolo di un video-inchiesta firmato da un gruppo professionalmente molto valido come quello di Rainews24. Lo staff guidato da Maurizio Torrealta è, infatti, costretto a lavorare sul web, affinché il proprio lavoro non raggiunga i più. Il video gira da mesi nel sito di rainews24 e ho voluto rispolverarlo per mostrare come alcune affermazioni e domande qui riportate abbiano un carattere di preveggenza rispetto ai fatti giudiziari di questi giorni, emersi dalle inchieste del pm Woodcock.
Il video è scaricabile all’indirizzo http://www.rainews24.rai.it/, nella sezione giornalismo d’inchiesta. Ne riporto solo alcuni stralci, facendo delle riflessioni.
Il senatore Egidio Digilio, PDL, esprime delle perplessità davanti alle telecamere di Rainews24:
“La Basilicata risulta la prima regione esportazione in Turchia”. Di che cosa? Di petrolio. “Come mai noi esportiamo petrolio in Turchia e poi la Turchia ce lo riporta in Italia?” – continua il senatore, che parla a ragion veduta, dopo aver appreso di questi dati dalla Camera del Commercio. “Noi ad oggi non sappiamo quanto petrolio viene estratto dalla Basilicata” prosegue il senatore, che ipotizza ci sia una relazione tra la mancanza di chiarezza nel conteggio del greggio e la sua esportazione in Turchia.
Durante le famose indagini dell’inchiesta Pizza Connection, si scoprì che dalla Turchia arrivava morfina base che veniva poi lavorata in raffinerie siciliane e poi utilizzata per lo spaccio degli stupefacenti. C’è un collegamento tra droga e petrolio? I due prodotti sono oggi molto ambiti sul mercato internazionale: uno perché arricchisce la criminalità organizzata (ndrangheta in particolare) e l’altro perché è di fatto alla base di molte guerre in corso nel mondo. Certo è solo un’ipotesi di lavoro, ma rimane oscura la vicenda lucana dell’esportazione del petrolio. Il nostro paese ne è sostanzialmente privo e noi lo facciamo lavorare in Turchia, che poi lo riconsegna all’Italia. A che pro questo lungo percorso, oltretutto in un paese non comunitario? E’ il solito meccanismo del decentramento imprenditoriale proprio della globalizzazione oppure si può forse ipotizzare un’attività di riciclaggio di denaro? La gestione dell’oro nero non è certo trasparente. E’ forse frutto del caso? Perché si fa così fatica ad acquisire dati sull’estrazione quotidiana? Perché la Basilicata, e in particolare paesi come il comune di Viggiano, non stanno traendo beneficio dal petrolio? La situazione ambientale e sanitaria è anzi peggiorata.
L’inchiesta dell’ex pm De Magistris, Why not, aveva infatti come oggetto d’indagine l’ipotesi di un comitato d’affari che a livello politico trasversale sottraeva fondi comunitari ingenti, costituiti per lo sviluppo del Mezzogiorno. Che cosa permette gestioni della cosa pubblica simili a queste, dense di misteri e sospese tra legalità e illegalità? Qualche giornalista coraggioso li chiamerebbe colletti sporchi, altri, invece, li definirebbero probabilmente alcune mele marce, salvaguardando l’integrità del sistema. Mentre è proprio il sistema di gestione della res pubblica, della sostanza pubblica, ovvero dei soldi che è marcio. O prendiamo coscienza di questa situazione oppure perdiamo di vista la possibilità di un futuro democratico e civile.
“MAZZETTE AL PETROLIO. INDAGATO UN DEPUTATO” titola Il Manifesto (17.12.08). L’articolo di Sara Menafra prosegue chiaramente: “L’ex Margherita (Salvatore Margiotta, ndA) rischia i domiciliari. Arrestato l’amministratore delegato della Total[…]I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d’asta, corruzione e concussione”. I reati sono gravissimi e gli indagati spaziano da esponenti della Total a un deputato, da imprenditori a un sindaco e a un dirigente dell’Ufficio Tecnico di Matera. E’ questa cerniera che permette la relazione e la copertura di affari illeciti tra amministrazione pubblica, imprenditoria e criminalità. Eppure è un copione già visto che è drammaticamente sempre reale. Controllore e controllati stringono accordi nell’ombra, giocano nella stessa squadra pur indossando formalmente maglie diverse.
Una bufera giudiziaria si sta abbattendo su vari esponenti del Partito Democratico, dalla Campania all’Abruzzo, passando per la Basilicata. Forse chi si stupisce è chi vive ancora nelle favole, pensando che votare PD significava stare dalla parte giusta, pulita. E’ vero che il braccio destro di Berlusconi è un condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, ma governava Prodi quando venne architettato di tutto per ostacolare e delegittimare De Magistris. Il terremoto delle sue indagini avrebbe potuto aprire uno squarcio simile a Tangentopoli. Ahimè, debbo usare il condizionale perché questa indignazione non c’è stata. Sentimento, quest’ultimo, che i mass media infarciti di varietà, cronaca nera e l’immancabile spettacolo calcistico stanno cercando di tenere a freno. Bisogna deviare l’attenzione e impedire che si facciano i nomi, specie su quei giornali a larga tiratura nazionale. Nomi eccellenti che comparivano in atti giudiziari della procura di Salerno, come Nicola Mancino, vicepresidente del CSM. Il giornalismo scomodo di Carlo Vulpio, “imbavagliato e trasferito dal Corriere (Il Manifesto – 17.12.08)”, è mal tollerato. Potrebbe essere questa una punizione esemplare per aver pubblicato sul proprio sito i pdf completi dell’ordinanza della procura di Salerno nei confronti di magistrati calabresi e di altri politici e imprenditori? In un altro paese si chiamerebbe semplicemente limitazione della libertà d’espressione. E’ forse un caso che lo stesso giornalista insieme ad altri tre colleghi sia stato coinvolto in un processo il cui capo d’accusa è una stravagante e irreale associazione a delinquere a mezzo stampa finalizzata alla diffamazione? Ascoltate piuttosto quello che dice il giornalista del Corriere ai microfoni di Rainews24, parlando della pioggia di milioni di euro che investirà il Sud Italia e che fa gola a tanti: politici bipartisan, imprenditori e criminali.
Il sostituto procuratore Montemurro, pm di Potenza insieme a Woodcock nell’inchiesta denominata Iena 2, afferma nel video-inchiesta di Rainews24 denominato Ombre lucane:
“Noi troviamo ad un tavolo durante un summit di stampo mafioso[…]Renato Martolane, che è il massimo rappresentante dell’ndrangheta in Lucania, due esponenti dell’ndrangheta calabrese ed imprenditori del napoletano interessati agli appalti nel settore sanità”
“Il potere mafioso era in sudditanza psicologica del potere politico-economico-imprenditoriale[…]sicuramente era il potere mafioso che cercava l’appoggio degli altri poteri”
Quale insegnamento dovremmo trarre da queste parole? Che anche se in Sicilia in questi giorni ci sono stati 94 fermi per stroncare il tentativo di ricostituire la Cupola di Cosa Nostra, sono ben altri i mafiosi che dovrebbero preoccuparci, annidati nella cosiddetta zona grigia. E’una complicità diffusa a livello amministrativo, imprenditoriale e chiaramente nel luogo deputato alla creazione delle leggi, il Parlamento (cfr. l’ultima intervista di Giuseppe Fava davanti a Enzo Biagi, 5 giorni prima di essere assassinato), che coltiva in questo paese le radici del sistema mafioso.
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