Giustizia ingiusta e intercettazioni telefoniche vietate sono le priorità assolute del governo per il terribile 2009 nelle mani di Silvio Berlusconi, che rivela le sue intenzioni alla comunità di Don Pierino Gelmini, rinviato a giudizio per reati sessuali. Che la posta in gioco per la contropartita di favori o di aiuto siano soldi o sesso con ragazzini, per il leader liberal comunista non cambia. Dopo la solidarietà espressa a gentaglia come Totò Cuffaro ed aver collaudato il teorema del deputato condannato, Berlusconi fa di più: promette al presunto corruttore di minorenni in tonaca sostegno economico e appoggio anche tramite Maurizio Gasparri e Carlo Giovanardi, il cattolico tutto chiesa, salotti tv e galera per una cicca di spinello.
Il consenso dell’opposizione, per Berlusconi, è un optional. Ne fa comunque a meno, certo che Veltrusconi è suo fedele alleato. Al leghista Roberto Cota piace l’idea che un pm giri le dita tutto il giorno nell’attesa che qualche poliziotto, dipendente del ministero dell’interno, gli fornisca improbabili notizie di reato. Al porcaccione Roberto Calderoli frenare le indagini e bloccare l’informazione per legge “va benissimo!”. Aggiunge che “andrà a segno come sta andando a segno il federalismo con cui siamo già partiti”. Sì, di cervello.
Sfatiamo subito il mito del Berlusconi che se ne andrà dall’Italia. Non se ne è andato nemmeno dopo la telefonata più puttana che fece ad Agostino Saccà, figuriamoci se se ne va proprio ora che sta completando il piano piduista di Licio Gelli col bavaglio alla magistratura e all’informazione!
Berlusconi non se ne può andare, deve fare ancora un po’ di favori a cani e porci. Dovrà candidare fondi di galera e inquisiti per le europee e alle regionali della Sardegna. Del resto in quest’epoca “peggiore di Tangentopoli” come detto dal segretario dell’Anm Giuseppe Cascini, ci sguazza anche il pd di Walter Veltroni.
Che tanto per non smentirsi ha definito “gravissimo ciò che è avvenuto a Pescara” nell’intento di delegittimare la figura del gip Luca De Ninis, che ha scarcerato l’ormai ex sindaco e segretario regionale di partito Luciano D’Alfonso, costretto ai domiciliari.
Riepilogo: D’Alfonso si è dimesso da primo cittadino di Pescara proprio per uscire di galera, come prevede la procedura. Da sindaco dimesso non potrà inquinare le prove. Con la scarcerazione il gip ha soltanto rispettato le regole vigenti definendo “il quadro accusatorio confermato e addirittura rafforzato”.
E’ semmai la frase di Veltroni il fatto gravissimo, perché ormai dimostra di aver imparato la biforcuta lingua piduista, abile nel confondere le idee anche agli ultimi pidini rimasti a reggere con le mani la bandiera mentre pisciano contro vento.
I giornalisti della P2, come previsto, non hanno certo chiarito la stronzata sputata da Walter Veltrusconi. Avrebbero dovuto confermare le accuse di tangenti, corruzione, concussione, associazione per delinquere sottoforma di favori, regali e denaro intercorsi tra D’Alfonso, il patron di AirOne Carlo Toto e l’imprenditore Massimo De Cesaris (tutti inquisiti), nell’attesa di capire che razza di malcostume, illecito finanziamento ai partiti o tangenti si tratti.
Invece hanno preferito scrivere che “nel Pd si levano critiche ai magistrati per la scarcerazione lampo del sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso. Si insinuano dubbi sulla fondatezza dell’arresto”.
In perfetto stile piduista i magistrati delegittimati, un Penati presidente di provincia a Milano che riabilita e smentisce Carlo Tognoli e Bettino Craxi (tanto per rimanere anche sul locale) il pd prosegue la sua marcia funebre verso l’ossario della politica.
Per Luciano Violante “non sussistevano le ragioni per arrestare D’Alfonso se non quelle di far cadere una amministrazione”. In un paese normale si leverebbe un coro di “Violante a fanculo”. Purtroppo indifferenza e disinformazione metastasata amplificano indenni anche le cazzate di Tenaglia, ministro ombra perfetta di Angelino Inaffanno, che ha aggiunto: “Quando i magistrati prendono decisioni di questo tipo, devono agire con prudenza e rispetto delle procedure“. In un paese normale chiunque avrebbe rammentato a Tenaglia che il gip De Ninis le procedure le ha rispettate.
Ma nell’Italia del tutto fa tifo e brodo Walter Veltrusconi ha già rimpiazzato con un degno sostituto il segretario regionale abruzzese del pd: Massimo Brutti, che ha bollato il bavaglio alle intercettazioni tanto caro a Berlusconi ”una sorta di richiamo della foresta alla politica, anche se la privacy degli indagati va difesa”. Di quale privacy parli Brutti quando un gip si imbatte in un sindaco durante l’esercizio delle sue funzioni lo sa soltanto lui.
Mentre la stampa pagata dai finanziamenti all’editoria continua la confusione, noi che siamo informati rinnoviamo per la seconda volta un sonoro invito al vaffanculo per Angelo Panebianco, che sulla prima pagina del Corriere vuole farci credere che Veltrusconi soltanto da oggi “ha rotto col partito giustizialista” di Antonio Di Pietro, chiudendo l’editoriale a carico nostro meravigliato che molti giovani siano sensibili alla questione morale. “Sintomo di un problema ben più ampio, di un’intera generazione politicamente attiva mossa dagli eventi di Mani pulite. Generazione postideologica cresciuta credendo fermamente nei dogmi dell’Italia paese più corrotto del mondo, etica come metro di giudizio della politica contrapposto agli interessi personali di chi la fa. Ciò” - secondo Panebianco - “basta a spiegare perché tanti di questi giovani risultino poi sprovvisti degli strumenti necessari per pensare politicamente”.
Ergo: per pensare politicamente, in Italia, bisogna anteporre gli interessi privati a quelli di tutti. Che maestro di vita Panebianco.
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