29/12/08

Una pace poco redditizia


Un bambino palestinese gravemente ferito portato in ospedale dal padre. Ma potrebbe essere israeliano e non cambierebbe nulla. Avrebbe forse in più solo la garanzia di trovare un letto libero e cure mediche disponibili. Ma sarebbero comunque entrambi vittime.

La tempistica è tutto nella vita. Bisogna saper cogliere l'istante di tempo più fruttuoso tra tutti. Le modalità invece a quanto pare non lo sono. Basta copiare l'esempio peggiore presente e nessuno dirà nulla.

Il 4 novembre scorso è stato designato il futuro Presidente degli Stati Uniti d'America.
Nonostante l'enorme aspettativa di cambiamento messa in campo dai suoi discorsi in campagna elettorale, è logico non aspettarsi nessuna rivoluzione istantanea dal Presidente eletto Barack Obama. Se ci saranno cambiamenti avverranno con il tempo. D'altronde, a discapito di ciò che si crede abitualmente, negli USA non è il solo Presidente a comandare.
Ma d'altra parte tutti sanno che l'atteggiamento che Obama adotterà una volta diventato ufficialmente comandante in capo sarà profondamente diverso da quello del presidente criminale uscente George W. Bush. E anche il governo israeliano lo sa.
Ritardare questo attacco di solo due settimane sarebbe potuto essere "fatale" per il governo israeliano.

Ma il governo israeliano è cosciente allo stesso modo del terribile calo di consensi dei partiti della maggioranza che avviene da diversi mesi, a vantaggio della destra nazionalista del Likud, a pochi mesi dalle elezioni generali. E cosa c'è di meglio di un bel bombardamento a tappeto, supportato dall'82% della popolazione, per riguadagnare consensi?
Il grande consenso che riscuoteva il premio nobel per la pace Yitzhak Rabin, barbaramente ucciso dall'odio religioso, nazionalista e xenofobo, per la sua incondizionata ricerca della pace sembra storia antichissima. Quasi fantascienza.

Per quanto riguarda invece le modalità, l'esempio copiato integralmente è proprio quello dei "terribili nemici giurati" di Israele, il movimento islamico radicale di Hamas. Lancio di razzi e bombardamenti alla cieca, tanto per distruggere il concetto stesso di civiltà assieme ai civili.
E vai con le bombe!
Non importa se in un giorno di bombardamenti perdono la vita quasi 300 persone e quasi 1000 risultano ferite. Non importa se grazie ai raid aerei si tirano giù università, ospedali ed abitazioni civili. Sono i famosi "effetti collaterali". Non importa ad Hamas quando ciò avviene in Israele così come non importa al governo israeliano quando ciò accade a Gaza.

E sappiamo come è facile giocare a questo gioco. Come la penseremmo se un razzo palestinese ammazzasse la persona che amiamo mentre siamo seduti in un affollato bar della capitale? E come reagiremmo se un aereo israeliano distruggesse la nostra università, ammazzasse un nostro parente ricoverato in un ospedale o distruggesse la nostra casa, magari con il nostro figlioletto all'interno?

E così tra l'incudine violenta e il martello altrettanto violento si ritrova il popolo palestinese, che pagherà come sempre sulla propria pelle le follie di movimenti integralisti islamici e di "governi democratici filo-occidentali".
Abbiamo visto come l'accrescere della violenza radicalizza lo scontro, come la crescita dell'offensiva israeliana accresce il consenso popolare alle fazioni palestinesi più radicali e come questo, di conseguenza, accresce a sua volta la potenza offensiva del governo di Tel Aviv.

Abbiamo visto anche come la grande Unione Europea e l'universale ONU rimangono volutamente impotenti di fronte a questo grande massacro. Fanno valere il proprio potere politico limitandosi a due paroline contro la guerra, come in un concorso di Miss Italia. "Vorrei la pace nel mondo", "Basta con la violenza".

E il perché di questo forse è più chiaro di quanto lo si voglia credere. E' conveniente.
Un continuo scontro tra due paesi limitrofi in quelle terre è utile per i movimenti fondamentalisti islamici in genere per creare solide basi di consenso tra la popolazione che in periodo di pace farebbe invece scelte di lotta ben diverse. Ed è altrettanto utile per le "democrazie occidentali" che trovano nella crescita del terrorismo un forte alibi per dar vita ad intere campagne di guerra fondate su alibi inesistenti (l'Iraq rimarrà per sempre in questo senso una grande lezione).

Qualcuno è in grado di cambiare il senso di percorrenza di questa spirale?

Fonte articolo

Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.
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