12/01/09

Contagio felice


“Caro Serra, mi dica che la sua frase sull’eventualità di non andare a votare le è scappata… Condivido perfettamente le considerazioni del lettore Paolo Morales e la sua risposta, ma per favore, non lasciamo che siano altri a decidere per noi. Non siamo proprio noi cittadini a dover prendere in mano la situazione per far sì che si superi lo squallore quotidiano di litigi e inamovibilità?

L’unica frase che ho apprezzato di recente in un politico è stata quella di D’Alema, quando ha affermato che nel PD è ora che gli anziani (tutti) si facciano da parte, lasciando spazio ai giovani. I cittadini disposti a collaborare sarebbero tantissimi. Possibile che non ci sia nessuno in grado di prendere in mano la situazione? Non voglio crederci”. (Sandra Farnedi, via mail)

“Cara Sandra, purtroppo non posso che confermare quanto ho scritto: la tentazione di non andare a votare la prossima volta sarà davvero molto forte. E lo sarà per ragioni squisitamente politiche – la politica fa parte della mia vita e della mia cultura da quando avevo i pantaloni corti. Mi chiedo quale altra maniera rimanga agli elettori della mia parte per manifestare la propria frustrazione.

Lei ha ragione: bisognerebbe che i cittadini eccetera… Ma da quanti anni ci affidiamo a questo aureo proposito, partecipiamo alle primarie, per poi scoprire che tutte queste energie servono come carburante ad apparati politici che, una volta messi in carniere voti e buona volontà, alla fine li intendono solo come una delega in bianco? Ho molta diffidenza per la definizione di “casta”, che mi pare semplificatoria. Ma non ne trovo una migliore per definire professionisti della politica che sembrano incapaci di cedere posto e lasciare spazio. E’ stato ampiamente detto che un Obama italiano non potrebbe esserci perché, ammesso che esistesse, non esisterebbero le condizioni tecniche che potrebbero consentirgli di emergere e presentarsi come leader. Ed è stato detto, anche, che questa politica rimarrà irriformabile fino a che i partiti continueranno a funzionare soprattutto per garantire lavoro e continuità di potere a chi ne fa parte.

Altrimenti, cara Sandra: come sarebbe possibile che la lunga marcia della cosiddetta società civile verso la politica, le energie messe in moto dall’Ulivo più di dieci anni fa, i girotondi, le manifestazioni appassionate e convinte, abbiano partorito, alla fine, quasi niente? Questo quasi niente è il frutto di un’impenetrabilità sostanziale della politica. Per rinnovare, cambiare, sperare, appassionare, l’osmosi tra partiti e società dovrebbe essere tale da consentire un forte afflusso di persone e idee inedite. Non lo è. Ed è per questo che molti italiani di sinistra, tutt’altro che qualunquisti, tutt’altro che snob, stanno seriamente prendendo in considerazione l’idea di saltare un turno. E comunque, il dibattito è aperto…”. (Michele Serra, “Il Venerdì” di Repubblica)

Questione morale, faide interne, lotte intestine, confusione programmatica, politici agganciati alle poltrone… Man mano che ci avviciniamo alla prossima scadenza elettorale, particolarmente succosa in quanto riguarda in un colpo solo elezioni per il parlamento europeo, insieme a comunali e provinciali (con un primo assaggio il mese prossimo in Sardegna, dove un presidente apprezzato dai cittadini è costretto a dimettersi per colpa della sua maggioranza, per aver fatto un’ottima legge a tutela del territorio e contro ogni tipo di speculazione edilizia) il teatrino della politica ha ripreso le sue tristi rappresentazioni.

In questo Paese di dinosauri in cui ci sarebbe bisogno di ripartire da capo, mettendo in discussione un modello di sviluppo e di società divenuti insostenibili, la classe dirigente di sinistra pare preoccuparsi unicamente della propria sopravvivenza, per un altro giro in giostra.

Intanto, in decine di comuni italiani il cambiamento è già in atto: a macchia di leopardo si affacciano nelle istituzioni locali sindaci che parlano di decrescita e rifiuti zero, inventando ogni giorno nuove modalità di fare politica, attraverso progetti concreti che hanno dell’incredibile tanto veri sono.

Amministratori virtuosi, che vivono con spirito di servizio il mandato elettorale, non come una delega in bianco, ma come un’occasione di contaminazione reciproca e di condivisione costante nelle scelte del governo di un territorio. Ecco allora piani urbanistici a crescita zero, bilanci comunali partecipati, azioni quotidiane per ridurre l’impronta ecologica di intere comunità.

Ecco sindaci e assessori che si mettono in gioco, che agganciano la politica a parole solitamente estranee se non addirittura aliene: immaginazione, divertimento, leggerezza.

Ecco allora asini che fanno la raccolta differenziata dei rifiuti nelle viuzze strette di un centro storico, ecco giunte comunali che regalano pannolini lavabili, ecco sindaci che celebrano matrimoni allo scoccare della mezzanotte per incassare € 1.000,00 che serviranno a rimpinguare il bilancio e far funzionare i servizi.

La speranza parte dal basso, e si sta diffondendo come un contagio felice.

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Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.
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