05/01/09

Crisi? Disoccupazione? Informazione?

Più che licenziati, decimati. Giusto venerdì scorso il quotidiano britannico “The Guardian” ha sbattuto in home page una notizia di quelle da far andare di traverso gli avanzi di Natale. E pure quelli di Capodanno. Secondo le camere di commercio britanniche, infatti, gli inglesi hanno ben poco da star allegri. Perchè: entro la fine del 2009, un suddito di sua maestà su dieci potrebbe perdere il lavoro. Tanto che il numero dei disoccupati dovrebbe raggiungere la quota record di 3,1 milioni. E nell’ex Belpaese? Che accadrà, invece? Mistero. Qualche previsione - ma ormai un paio di mesi fa - avevano provato a farla la Cgil (400mila posti di precari a rischio) e la Cisl (900mila lavoratori pronti a prendere il lancio). E per ultima ci si era avventurata pure Confindustria. Azzardando - fedele al motto che in medio stat virtus; a metà dicembre (il giorno 16, per la precisione) - una cifra che appunto stava nel mezzo: 600mila licenziandi. Poi sono arrivati i dati veri, quelli dell’Istat (disoccupazione in crescita, a fine 2008, dal 5,7% al 6,1%). E pure le lamentele del nostro premier Berlusconi (“Basta alimentare la sfiducia”). Quindi: il silenzio. Che non è stato rotto neppure dai numeri raggelanti che sono arrivati dalla Gran Bretagna. Numeri che ieri - per coincidenza del destino e perchè evidentemente non facevano notizia - non sono stati pubblicati da nessuno dei principali quotidiani in salsa Tricolore (cioè Repubblica, Stampa e Corriere). Che dire? Strano paese, l’Italia. Giornali e tivù di mezzo mondo non fanno altro che discutere sulle vie di uscita da una crisi economica talmente forte da investire contemporaneamente i cinque continenti. E talmente profonda da essere definita - non da uno iettatore qualunque, nè da un qualche apocalittico, ma dal numero uno del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss Khan - come la peggiore dai tempi della Grande depressione. Ma nell’ex Belpaese, no. Qui ci si avvita in una discussione paradossale: dobbiamo parlarne oppure no? E addirittura qualcuno - i tiggì berlusconiani, ma non solo - avanza perfino il dubbio che il problema in realtà non esista. Un po’ come se stessimo parlando non di posti di lavoro e aziende. Ma di Ufo o del mistero della Sfinge.

Per dire: prendiamo le vendite dei negozi a Natale, che da sempre sono un termometro della salute di questa nostra società dei consumi. Ebbene: secondo “The Guardian” non c’è dubbio che tenga: nel Regno unito i clienti sono calati di un 3 per cento. Tanto che le insolvenze dei negozi sono cresciute di un quinto (e grosse catene come Adams e Wollworth hanno fatto bancarotta). E quindi e di nuovo: e nell’ex Belpaese? Boh. Sempre mistero. Per i consumatori, le vendite dovrebbero essere letteralmente crollate (con un meno 20 per cento). Mentre secondo i commercianti di Confcommercio, sarebbe vero il contrario: vestiti (+2%) e leccornie per cenoni vari (+5%) sarebbero andati letteralmente a ruba. Un balletto di cifre che ricorda tanto quello sull’inflazione degli ultimi anni (altissima, secondo i consumatori; bassissima, secondo l’Istat). E che pone gli italiani di fronte a un altro atroce interrogativo: ma da noi pure la matematica - come i reati dei politici - è solo un’opinione?

Dubbi e interrogativi che - va da sè - lasciano il tempo che trovano. Perchè ognuno sa - in cuor suo e soprattutto di tasca sua - se e quanto i prezzi oggi siano più alti di ieri. E se e quanto si è potuto permettere di spendere per cenoni e regali. Ma accanto a queste verità, per così dire, soggettive, ce n’è un’altra meno discutibile. Ci sono paesi evidentemente un po’ arretrati come l’Inghilterra, dove i cittadini - attraverso associazioni e quant’altro - fanno sentire la loro voce e pongono dei problemi. E dove il governo risponde, mettendo sul tappeto delle soluzioni. Nel nostro nuovo Belpaese berlusconiano, invece, si è evidentemente deciso di adottare un’altra formula. Se qualcuno si permette di segnalare che qualcosa non va, si sente rispondere che deve stare zitto. Che, se no, poi le cose vanno male veramente. Quasi potesse portare jella. Una formula - diciamo così - all’italiana, anzi alla napoletana che forse non avrà molto di scientifico. Ma che per certo ha solide basi nella nostra tradizione scaramantica. Sia come sia: la strategia politica antisfiga del Cavaliere forse funzionerà e forse no, ma sarà bene adattarsi. Anche perchè Berlusconi primo ministro - con i suoi cucù e le sue stranezze - ce lo dovremo tenere altri 4 anni e rotti. Per cui: la crisi? Allora: occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio…

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