La crescita economica è inferiore alle attese già pessimistiche: nel quarto trimestre il calo del Pil è stato dell'1,8 per cento invece dell'1,6 previsto. Il dato provvisorio per il 2008 arriva così al -0,9 per cento. Peggiorano di conseguenza le prospettive della finanza pubblica e del deficit per il 2009. Ecco spiegata la prudenza di Tremonti dei mesi scorsi. Purtroppo, proprio ora che ce n'è bisogno, è stretto lo spazio di manovra per politiche fiscali espansive.
La crescita economica del quarto trimestre per l’economia italiana, come di quella europea e del resto del mondo, ha rispecchiato in pieno le aspettative pessimistiche della vigilia, con qualche decimo di punto percentuale in più. Ci si aspettava un Pil in calo dell’1,6 per cento rispetto al trimestre precedente, come testimoniano ad esempio le previsioni del Centro studi Confindustria.
Il calo è stato invece dell’1,8 per cento e addirittura del 2,6 per cento rispetto al dicembre 2007 il che porta il dato annuale provvisorio per la crescita media del Pil 2008 al -0,9 per cento, anziché al -0,6 per cento atteso dal governo. (1) Questo dato si confronta con un +0,7 per cento per l’area euro e +0,9 per cento per l’Unione Europea a 27. Insomma, i dati dicono che, per il 2008, il solito “meno uno per cento” di crescita degli ultimi quindici anni rispetto agli altri paesi europei è diventato un “meno 1,5 per cento” abbondante.
I numeri Eurostat dicono anche che non è generalmente vero che l’economia italiana se la stia passando meno peggio degli altri durante la crisi. Il dato congiunturale del quarto trimestre rispetto al terzo trimestre, la misura di come stiamo andando dopo il fallimento di Lehman Brothers, indica che il Pil è sceso dell’1,8 per cento, contro -2,1 per cento per la Germania, -1,5 per cento per il Regno Unito, -1,2 per cento per la Francia e -1 per cento per la Spagna. In Europa vanno male tutti, ma, per la precisione, solo i tedeschi e i portoghesi hanno registrato risultati peggiori dei nostri nel quarto trimestre 2008.
IMPLICAZIONI PER LA FINANZA PUBBLICA
I dati sulla crescita del Pil nel quarto trimestre hanno qualche implicazione di finanza pubblica. Il Programma di stabilità dell’Italia presentato il 10 febbraio 2009 dal governo conteneva una previsione del rapporto del deficit sul Pil pari al 3,7 per cento. Tale previsione incorpora una riduzione del Pil in termini reali del 2 per cento, e del Pil a prezzi correnti dello 0,6 per cento, per il 2009. Il dato peggiore del previsto per il quarto trimestre 2008 implica però un effetto di trascinamento per la crescita 2009 di qualche decimo di punto percentuale. Opportunamente (vedi tabella 7, p. 20) il governo riportava, infatti, una forchetta di previsioni per il rapporto deficit-Pil oscillante tra 3,5 e 4,1 per cento, a seconda del verificarsi di uno scenario ottimistico di crescita economica, “solo” -1,5% di crescita del Pil, oppure di uno pessimistico, con diminuzione del 2,5 per cento. Purtroppo, i dati di chiusura del 2008 aumentano le probabilità che a verificarsi sia lo scenario pessimistico, almeno in misura parziale.
Leggendo la nota informativa 2009-2011 allegata al Patto di stabilità, si può ottenere qualche altra informazione sulla plausibilità dell’obiettivo per il deficit previsto dal governo. Dalla tavola 3 (“Conto della Pa a legislazione vigente), viene infatti fuori qualche numero che richiederebbe un maggiore chiarimento. Con un Pil a prezzi correnti previsto in diminuzione dello 0,6 per cento, la voce “entrate da contributi sociali” (contributi effettivi) viene data in crescita del 2,3 per cento tra il 2008 e il 2009, da 216 a 221 miliardi circa, senza commenti nel testo. In una piccola parte rispecchia l’aumento di un punto percentuale dei contributi sociali dei lavoratori co.co.pro stabilito nella Finanziaria 2007. Ma i co.co.pro sono una frazione molto minoritaria dei lavoratori che pagano i contributi. Inoltre, almeno alcuni di questi lavoratori rischiano di perdere il lavoro a causa della recessione. Forse il governo si aspetta un’improbabile tenuta straordinaria del mercato del lavoro: fino a novembre aveva tenuto abbastanza bene, ma la crisi non era ancora entrata nel vivo. Oppure è in fase di attuazione un’intensificazione degli sforzi di recupero di base contributiva durante la crisi. Deve essere così, altrimenti il dato sulle entrate 2009 è ottimistico di almeno 5 miliardi, pari a circa 0,3 per cento del Pil.
DUE COMMENTI
Le considerazioni precedenti suggeriscono due commenti.
Il primo è che, sulla base delle informazioni esistenti e della legislazione vigente, il rapporto deficit-Pil 2009 rischia di essere più vicino al 4,5 per cento che al 3,7 per cento. Il che fornisce una spiegazione plausibile della cautela dei mesi scorsi del ministro Tremonti nei confronti di ogni ipotesi di sforamento dei saldi di finanza pubblica. Non era tanto il debito esistente che lo preoccupava, quanto il deficit previsto per il 2009. Avrebbe potuto spiegarlo. Poteva tra l’altro anche dire come mai già nel 2008 si era ridotta di un punto percentuale, da 14,7 per cento nel 2007 a 13,8 per cento, la quota delle entrate da imposte indirette sul Pil, il che ha certamente ridotto l’ammontare delle risorse disponibili per una manovra di sostegno ai redditi e ai consumi. E, su questa strada, già nel 2008, soprattutto avendo previsto la crisi in anticipo, avrebbe potuto risparmiare qualche miliardo di euro in più se non avesse sprecato tanti soldi nel completamento dell’eliminazione dell’Ici, nel salvataggio di Alitalia e nella detassazione degli straordinari.
Secondo, gli ultimi dati di finanza pubblica suggeriscono che anche il Pd dovrebbe ricalibrare il suo piano anticrisi, presentato nei giorni scorsi. Prevede 16 miliardi di maggiori spese, ma indica una copertura, un po’ avventurosa, di soli 8 miliardi, derivanti dalla maggior crescita (minor decrescita) del Pil (per 5 miliardi) e dal recupero dell’evasione fiscale (3 miliardi), cioè in definitiva da un inasprimento del trattamento fiscale delle partite Iva, molte delle quali stanno già scomparendo a causa della recessione. Con previsioni sul Pil come quelle attuali, è urgente trovare le risorse per sostenere i consumi e i redditi dei meno abbienti. Ma con previsioni sul deficit come quelle attuali lo spazio per politiche fiscali espansive è molto risicato.
(1) Quella diffusa dagli uffici statistici nazionali è solo la stima preliminare del Pil, per la quale sono utilizzati un insieme di indicatori più piccolo di quelli impiegati per la stima definitiva. La probabilità di errore statistico è dunque probabilmente più elevata del solito, specialmente in un periodo di elevata incertezza come quello attuale.
- Programma Stabilità Italia (1063kb - PDF)
- Nota Anticrisi 2009-2011 (129kb - PDF)
- Sole Partito Democratico Crisi (277kb - PDF)
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