La crisi che colpisce la cosiddetta “economia reale” sta avendo effetti sul numero di aziende costrette a chiudere i battenti e la situazione è destinata a peggiorare nel corso dell'anno. Un aspetto trascurato della faccenda riguarda le conseguenze della curiosa legislazione fallimentare: non ci sono dubbi sul fatto che le acque siano infestate dai piranhas ......
Immaginate di aver prodotto e venduto merce, per la quale vantate un credito di 95.000 euro, ad un'azienda che - forse non solo per colpe proprie - dopo molti anni di corretti rapporti d'affari ha incontrato difficoltà insormontabili e non è riuscita a sopravvivere. La procedura fallimentare si è chiusa persino in tempi rapidi per le scandalose abitudini italiane - quattro anni possono sembrare accettabili, quando troppo spesso capita di assistere a vicende ultradecennali - e vi ha riconosciuto il pagamento di una somma di danaro pari al 21% di quanto dovutovi, per un importo di 20.000 euro. In fondo - pensate tra voi a titolo consolatorio, cercando di frenare il travaso di bile - nemmeno è andata così male, specie a confronto con altre recenti situazioni e, soprattutto, a confronto di un pesante caso, lontano nel tempo, che vi lasciò a bocca asciutta dopo un'interminabile percorso giudiziario.
Invece, no.
Fin dal primo momento dedicato alla lettura del resoconto finale un'impalpabile insoddisfazione vi assale, e un'indefinita sensazione di essere preso per i fondelli si trasforma via via in una robusta ambizione a vestire i panni di Michael Douglas nel ruolo di protagonista, armato di fucile mitragliatore, della pellicola "Un giorno di ordinaria follia". Vorreste, insomma, provvedere a farvi giustizia con le vostre mani.
Perché mai, si obietterà, tanta vana ed impetuosa collera?
In realtà, capirlo è semplice, non occorre far altro che paragonare il trattamento riservato ai differenti debiti lasciati da una società in default che, come fin da subito è chiaro, non godono delle medesime priorità. Ad esempio, se appare discutibile ma comprensibile la salvaguardia dell'anello più debole della catena, costituito dai lavoratori rimasti senza stipendio, decisamente meno condivisibile sembra essere il trattamento di favore riservato alla mano pubblica - imposte e tasse varie, INAIL, INPS e compagnia cantando - che, incredibilmente, prevale sulle aziende creditrici a prescindere dalla valutazione delle conseguenze. Come sempre, cioè, il cittadino è suddito anziché sovrano, al punto che si è stabilita la sua minore rilevanza - persino se ciò crea situazioni di difficoltà tali da mettere in pericolo la sopravvivenza di altre imprese che attendono il pagamento delle spettanze - rispetto ad un supposto bene comune impersonato da chi avrebbe la dimensione adatta a sopportare più agevolmente l'ammanco e, per di più, solitamente si occupa di agevolare gli individui tramite accurata interposizione di opportuni bastoni tra le ruote delle attività private. Il che, si convenga, suona quantomeno stonato quando si prenda in esame qualunque tipo di etica.
Nemmeno tra fornitori di beni e servizi, peraltro, è imposta la parità. I crediti ipotecari godono notoriamente di un privilegio, rendendo ancora una volta evidente come il sistema creditizio sia molto ben considerato dal legislatore. Ciò vale in generale, per la verità, nei sistemi di mercato: essi sono tutti basati sul ruolo centrale dell'intermediario finanziario ma, com'è apparso chiaro nella crisi globale in corso, si potrebbe legittimamente sostenere che la scelta non sia particolarmente felice. La questione, comunque, è ampiamente dibattuta - come ben sa ogni stimabile studioso d'economia - e la discussione porterebbe molto lontano dal fulcro del problema qui in esame. Lasciamo perdere.
Assume, al contrario, notevole rilevanza un aspetto alquanto fastidioso, legato ai costi della procedura. Trascurando - ma non dimenticando - il fatto che il consueto trascinamento dei tempi possa ragionevolmente garantire congrue prebende aggiuntive agli attori professionali coinvolti, lascia alquanto perplessi una normativa che preveda la precedenza assoluta alle spese proprie della procedura. Curatore fallimentare, periti, legali e quant'altri coinvolti nel percorso risultano, così, favoriti rispetto a qualunque altro soggetto, come se le prestazioni da essi fornite in sede di procedimento fallimentare fossero da considerarsi di livello (anche morale?) superiore ad ogni altra fornitura di beni e/o servizi erogata all'azienda decotta nel corso del suo normale funzionamento. Al di là delle considerazioni di carattere etico, relative alla parcella spesso cospicua e non di rado sproporzionata all'impiego di risorse profuso, ciò non incentiva tali figure - garantite in ogni caso - a massimizzare efficacia e rapidità dell'azione intrapresa: è sentimento comune, in ambito imprenditoriale, il fastidio per una regolamentazione che parrebbe dovuta alla sempiterna ed invasiva presenza parlamentare delle categorie professionali menzionate, più che ad un'equa valutazione dell'attività in questione.
Quattro cifre, per chiarire al meglio, son doverose. Riprendendo il caso utilizzato in apertura, si sappia che il buco complessivo - non particolarmente rilevante, ma emblematico del nostro sistema imprenditoriale - ammonta a poco più di 2M€ e che sono rimasti a disposizione per i creditori chirografari poco meno di 200.000 euro dei quasi 900.000 ammessi in procedura, una volta interamente pagati i crediti privilegiati di carattere ipotecario, fiscale, contributivo e lavorativo. Le parcelle professionali ammontano a circa 115.000 euro, dei quali ben oltre la metà sono andati al curatore. Il confronto con quanto corrisposto ai fornitori, i quali si sono ovviamente sobbarcati costi di produzione e commercializzazione alquanto superiori alle spese sostenute dai professionisti, non può che gridare vendetta al cospetto del cielo .......
Casi come quello citato non sono infrequenti, anzi l'osservazione della realtà dimostra che avviene anche di peggio. Senza voler per forza tornare alle infuocate - e peraltro sicuramente condivisibili - polemiche generate dalle notizie in merito al clamoroso compenso atteso da Augusto Fantozzi, nell'esemplare vicenda Alitalia (ah, che cosa vuol dire l'appartenenza al "giro giusto" della politica ....), si degni d'attenzione, ad esempio, il principesco trattamento riservato a chi si occupa della procedura fallimentare relativa ad una storica e prestigiosa azienda veneziana. Nessuno vuol discutere la complessità della situazione. Certamente, però, l'onesto onorario di 1,2 M€ consentirà a lorsignori di coprire le spese della mitica quarta settimana senza particolari preoccupazioni per il pane quotidiano dei propri cari, naturalmente a scapito delle imprese creditrici, tra le quali molte piccole, come sempre "brutte, sporche e cattive".
Ecco, non s'offendano dunque se li si descrive per quelli che sono: piranhas.
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