Il Parlamento ha un nuovo eroe. Un partigiano della resistenza analogica. Un combattente, uno stratega della guerra all'informazione libera. Nome in codice: Gianpiero D'Alia. Copertura: avvocato cassazionista. Ruolo: guastatore. Anzi, cassatore, data la sua qualifica: Sta cercando di cassare la rete.
Fa parte dei corpi speciali della XVI legislatura. Marciano a suon di emendamenti. Come le reclute di Full Metal Jacket, quando incontrano un blogger cantano tutti in coro: "Senatori siamo noi! E chi cazzo siete voi??". Ne hanno anche una seconda versione, la usano in presenza dei nani e degli psiconani parlamentari, per non metterli a disagio. Si mettono in fila ordinata, uno dietro l'altro, scendono dalle aule brandendo la scure del codice penale e cantano felici: "Senatori noi siam. La RETE disboschiam!". Così Brunetta non si spaventa...
L'ultimo grido in fatto di armi non convenzionali liberticide è l'emendamento n° 50.0.100 al DDL n. 733 presentato dal Senatore D'Alia.
«Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato [...] il Ministro dell'interno [...] può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine».
L'Apologia di reato, ovvero l'esaltare o difendere pubblicamente un'azione riconosciuta come reato dalla legge, si divide in Apologia del Fascismo e Apologia di Delitto, previsto dall'Art 414 del codice penale: «Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o piu' reati e' punito, per il solo fatto dell'istigazione: 1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti. 2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a lire quattrocentomila, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni. [...]».
Quindi chi manifesta ed esalta pubblicamente la correttezza di atti ritenuti illeciti viene punito. Il solo affermare - o non riconoscere - la validità di talune scelte legislative potrebbe rilevare penalmente quale apologia del delitto.
Se questo disegno di legge passasse così com'è anche alla Camera, basterebbe che Maroni si infiltrasse tra i commenti di questo post e scrivesse che la pubblicazione delle intercettazioni sui quotidiani è utile e necessaria, per poi diramare l'ordine di oscurare il blog direttamente da Palazzo Chigi dieci minuti dopo, senza nessuna processo preventivo.
Se al Sen. D'Alia importasse davvero di condannare la mafia, potrebbe redigere un emendamento contro Salvatore Cuffaro, in arte Totò, condannato nel 2008 per favoreggiamento semplice a cosa nostra - un favoreggiamento troppo complicato sarebbe stato difficile anche per lui - a 5 anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Come premio, oggi fa il senatore della XVI legislatura, nel gruppo UDC dello stesso D'Alia. Tutto regolare: il parlamento non ha pubblici uffici, ma tante piccole comode celle dove i detenuti vip vengono mandati a scontare la pena in virtù del sovraffollamento delle carceri. Lo conferma la durata di una legislatura: cinque anni giusti giusti. Se poi si comportano bene, si fa cadere il governo ed escono tutti prima.
Nonostante lavori fianco a fianco con chi la mafia l'ha sostenuta fattivamente, D'Alia è preoccupato per i gruppi su Facebook.
Noi, invece, siamo preoccupati per lui. Se passa il suo emendamento, non saranno virtuali i gruppi di persone che gli manifesteranno simpatia e stima davanti alla casa di reclusione dove lavora.
Intanto, iniziate a inviargli la lettera aperta di Enzo Di Frenna. Così comincia a schiarirsi le idee.
Fonte articoloFa parte dei corpi speciali della XVI legislatura. Marciano a suon di emendamenti. Come le reclute di Full Metal Jacket, quando incontrano un blogger cantano tutti in coro: "Senatori siamo noi! E chi cazzo siete voi??". Ne hanno anche una seconda versione, la usano in presenza dei nani e degli psiconani parlamentari, per non metterli a disagio. Si mettono in fila ordinata, uno dietro l'altro, scendono dalle aule brandendo la scure del codice penale e cantano felici: "Senatori noi siam. La RETE disboschiam!". Così Brunetta non si spaventa...
L'ultimo grido in fatto di armi non convenzionali liberticide è l'emendamento n° 50.0.100 al DDL n. 733 presentato dal Senatore D'Alia.
«Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato [...] il Ministro dell'interno [...] può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine».
L'Apologia di reato, ovvero l'esaltare o difendere pubblicamente un'azione riconosciuta come reato dalla legge, si divide in Apologia del Fascismo e Apologia di Delitto, previsto dall'Art 414 del codice penale: «Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o piu' reati e' punito, per il solo fatto dell'istigazione: 1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti. 2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a lire quattrocentomila, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni. [...]».
Quindi chi manifesta ed esalta pubblicamente la correttezza di atti ritenuti illeciti viene punito. Il solo affermare - o non riconoscere - la validità di talune scelte legislative potrebbe rilevare penalmente quale apologia del delitto.
Se questo disegno di legge passasse così com'è anche alla Camera, basterebbe che Maroni si infiltrasse tra i commenti di questo post e scrivesse che la pubblicazione delle intercettazioni sui quotidiani è utile e necessaria, per poi diramare l'ordine di oscurare il blog direttamente da Palazzo Chigi dieci minuti dopo, senza nessuna processo preventivo.
Se al Sen. D'Alia importasse davvero di condannare la mafia, potrebbe redigere un emendamento contro Salvatore Cuffaro, in arte Totò, condannato nel 2008 per favoreggiamento semplice a cosa nostra - un favoreggiamento troppo complicato sarebbe stato difficile anche per lui - a 5 anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Come premio, oggi fa il senatore della XVI legislatura, nel gruppo UDC dello stesso D'Alia. Tutto regolare: il parlamento non ha pubblici uffici, ma tante piccole comode celle dove i detenuti vip vengono mandati a scontare la pena in virtù del sovraffollamento delle carceri. Lo conferma la durata di una legislatura: cinque anni giusti giusti. Se poi si comportano bene, si fa cadere il governo ed escono tutti prima.
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Noi, invece, siamo preoccupati per lui. Se passa il suo emendamento, non saranno virtuali i gruppi di persone che gli manifesteranno simpatia e stima davanti alla casa di reclusione dove lavora.
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