Ci sono vaste aree della Campania in cui è emergenza ambientale. Ci sono tonnellate di rifiuti sparsi dappertutto: sulle piazzole delle strade, lungo i dorsi dei cavalcavia, nelle campagne coltivate, nei corsi d’acqua, sotto i ponti e addirittura nei cortili privati. Centinaia di discariche che scoraggiano qualunque progetto di bonifica e che avvelenano anche l’aria. Già perché quando le montagne di immondizia vengono bruciate, le colonne di fumo che si alzano contengono diossina in parte respirata dagli abitanti, mentre la maggior parte si deposita sulle coltivazioni. Che poi vengono mangiate sia dagli animali che dall’uomo.
A nulla sono servite le centinaia di milioni spesi per risolvere il problema rifiuti qui in Campania. Ciò che si vede fra Napoli e Caserta attraverso Qualiano o Acerra, zone che ho visitato per tutta la giornata di ieri col bravo e giovane collega Alessandro De Pascale documentate nel video, è spaventoso e desolante allo stesso tempo.
I malati di tumore, sia adulti che bambini, qui sono in numero maggiore rispetto alla media nazionale italiana, ma non esistono screening ufficiali sulla popolazione che diano numeri e riferimenti certi sul tasso di sostanze velenose che gli abitanti di queste zone inalano e bevono quotidianamente.
Chi, come il tossicologo Antonio Marfella, ha cercato di mettere a punto strategie di intervento è stato subito fermato. Al medico appena citato che lavora nell’ospedale napoletano della fondazione “G. Pascale” hanno congelato gli incarichi.
Spero di sbagliarmi ma dai dati che emergono nell’intervista che proporrò nei prossimi giorni, in queste zone così inquinate si muore prima e più in fretta che in altre parti. Come in una logica e spietata legge naturale che risponde ad un semplice “siamo ciò che vogliamo essere”.
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