29/04/09

Dove c'è satira...

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Ero ragazzina quando mio papà portò a casa una rivista che si chiamava "Il quaderno del sale". Mi sembrò barbosa. Qualche vignetta carina, per il resto lunghi articoli piuttosto incomprensibili. Nei miei ricordi, forse sbagliati, divertente quanto Il Riformista.

Era la prima rivista italiana di "satira", nella metà degli anni '70. Fino ad allora, la parola satira non la conosceva nessuno, al massimo si parlava di "umorismo", esattamente come per le barzellette della Settimana Enigmistica. Chissà come abbiamo fatto, ad avere democrazia senza la satira: forse non ce n'era bisogno, forse funzionava l'informazione, o funzionava la politica, e i vignettisti non rappresentavano l'ultimo baluardo contro la barbarie.

Poi arrivò Forattini. Grande scandalo, grande divertimento: era quasi con imbarazzo che si sorrideva dei senatori ritratti nudi e col pisellino piccolo, o in orbace, o ridicolizzati in altri modi. I politici erano gente seriosa che faceva il proprio lavoro, incomprensibile ai più, ed erano rispettati da tutti così per principio. Al massimo si facevano due battute sulla statura di Fanfani.

Fu con l'avvento del '77 che arrivò il ciclone che tutto travolse: si chiamava "Il Male". Forse il più grande simbolo di quella incredibile stagione, che oggi si ricorda solo per gli anni di piombo ma che rappresentò in realtà la presa di coscienza di un'intera generazione. "Il Male" non aveva paura, né pietà per nessuno: Presidenti, Papi, Capi di Stato, morti ammazzati, capi brigatisti, giudici, le stesse icone del "Movimento" e della cultura giovanile, venivano derisi, vilipesi e massacrati senza pietà. La satira italiana nacque con "Il Male", e noi non siamo stati più gli stessi.

La nuova satira era quella giusta: diceva anche la verità, o almeno insinuava dubbi, che forse è il principale compito della satira. Tra i mille, un esempio scandalosissimo fu la vignetta della tisana avvelenata a Papa Luciani. Immaginate una roba simile nel 1978... o nel 2009, peraltro.

Tutto questo excursus per concludere con una mia idea forse sciocca: ovvero, che la satira cresca quando c'è bisogno di lei. Nel '77 si cominciavano ad aprire gli occhi su cosa significassero davvero politica, Stato, governo, istituzioni, e lo Stato rispondeva come poteva, ovvero reprimendo il più possibile. La stessa cosa accade oggi, quando la presa di coscienza di tanti cittadini, che avviene essenzialmente via Web, mette in discussione lo status quo che reagisce con un fascismo mediatico senza precedenti.

Si dice che la satira esista là dove c'è democrazia. Io comincio a sospettare di no. Che sia proprio il contrario: ovvero, che la satira faccia sentire la propria voce proprio quando la democrazia vacilla. Dove la democrazia funziona bene, a che serve la satira? Immaginate la satira che so, in Svezia: vignette sul Ministro che scrocca un cappuccino al bar. Sai le risate...

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